Alla base dell’economia circolare, quindi, si pone l’innovazione, in quanto è necessario sviluppare nuove tecnologie, strumenti, servizi e modelli aziendali che rendano possibile applicarne la logica. Come detto, infatti, scarti e rifiuti non sono mai stati considerati come possibili risorse da utilizzare nello svolgimento dell’attività aziendale e, per questo, le soluzioni che permettono di migliorarne la progettazione e la gestione sono ad oggi molto limitate.
L’inquadramento normativo dell’economia circolare in Europa
Il concetto di economia circolare, introdotto già attorno agli anni Settanta, si è consolidato e diffuso a livello internazionale grazie alla Ellen McArthur Foundation e alla sua fondatrice Dame Ellen McArthur, una velista di fama internazionale che, ritiratasi dalla carriera sportiva, ha deciso di impegnarsi a favore della tutela ambientale. Successivamente, anche la Commissione europea ha attuato diverse misure volte a promuovere un impegno sempre più ampio di imprese, istituzioni, organizzazioni non-profit e persone nell’adozione di pratiche di produzione e consumo in linea con i principi dell’economia circolare.
Il primo intervento della Commissione europea risale al 2014 con la comunicazione dal titolo Verso un’economia circolare: programma per un’Europa a zero rifiuti. Con tale documento, si intendeva avviare la transizione a modelli produttivi sempre più circolari. L’importanza che il tema stava rapidamente acquisendo a livello internazionale ha, però, determinato la necessità di proporre già nel 2015 un nuovo intervento, concretizzatosi nella proposta della nuova comunicazione L’anello mancante – Piano d’azione dell’Unione europea per l’economia circolare, che propone un articolato pacchetto di misure aventi l’obiettivo di aiutare imprese e consumatori ad adottare comportamenti sostenibili e in linea con gli obiettivi dell’economia circolare. Tra questi, ad esempio, favorire l’acquisto e l’utilizzo di materie prime sostenibili, supportare la riparabilità, la durabilità e la riciclabilità dei prodotti, migliorare l’utilizzo di etichette verdi e favorire pratiche di consumo collaborativo. Accanto a ciò, la Comunicazione del 2015 definiva anche obiettivi quantitativi da raggiungere entro il periodo 2025-2035, relativi alla produzione, smaltimento e riciclaggio dei rifiuti alimentari, urbani e da imballaggio.
Un ulteriore passo a favore della transizione verso l’economia circolare è segnato dal documento Un nuovo piano d’azione per l’economia circolare. Per un’Europa più pulita e competitiva, proposto sempre dalla Commissione europea nel 2020 come uno dei pilastri del Green Deal europeo. Tale nuovo intervento intende rafforzare le misure a favore dell’economia circolare, promuovendo iniziative lungo tutto il ciclo di vita dei prodotti, a partire dalle prime fasi della produzione, fino all’utilizzo, smaltimento e recupero. Le azioni introdotte dal piano d’azione mirano, tra gli altri obiettivi, a responsabilizzare i consumatori, a garantire meno sprechi, a promuovere la digitalizzazione delle informazioni sui prodotti e a incentivare i prodotti in base al livello di sostenibilità. Nel fare ciò, particolare importanza assume il coinvolgimento attivo dei cittadini e delle pubbliche amministrazioni, ritenute fondamentali per diffondere la cultura dell’economia circolare e favorire la circolazione di prodotti e servizi sostenibili. Per quanto riguarda le imprese, le azioni proposte dal piano d’azione si concentrano su alcuni settori critici: elettronica, batterie e veicoli, imballaggi, plastica, tessili, costruzione e edilizia, alimenti.
Gli approcci strategici all’economia circolare
La transizione verso modelli produttivi circolari può essere realizzata da un’impresa secondo diversi approcci strategici. Per semplicità e chiarezza, si presentano qui organizzati in tre macro-categorie (Potting et al. 2017):
• utile destinazione dei materiali, cui fanno riferimento tutte le soluzioni volte a trovare nuove applicazioni per i materiali ottenuti da scarti e rifiuti;
• estensione della vita utile dei beni, che include tutte le azioni grazie alle quali è possibile prolungare il periodo di utilizzo, quindi la durata del prodotto o parte di esso;
• intelligente ripensamento dei prodotti, che si riferisce all’introduzione di innovazioni nei metodi di progettazione, lavorazione o utilizzo dei beni.
Utile destinazione di materiali
In questa categoria rientrano tutte le attività che mirano a individuare possibili nuovi utilizzi degli scarti e rifiuti, principalmente orientati alla produzione di energia o alla trasformazione di nuovi materiali. Alcuni esempi si possono ritrovare nella produzione di concimi per il settore agricolo derivati da scarti alimentari; oppure, dalla produzione di energia verde mediante processi di trasformazione dei residui dei processi produttivi, come il biogas o il biometano.
Sempre in questa categoria si trovano anche processi innovativi che consentono di recuperare e riciclare scarti e rifiuti per ottenere le cosiddette materie prime seconde, termine che si riferisce proprio a tutti i materiali ottenuti da processi di ri-lavorazione. Se in alcuni casi il riciclo di materiali è pratica nota e diffusa, come ad esempio il riciclo della plastica, in altri casi è necessario sviluppare processi di trasformazione altamente innovativi: è il caso, ad esempio, del recupero e riciclo di materiali mai riciclati prima; oppure, dell’introduzione di nuove tecniche di riciclo che consentano di recuperare maggiori quantità di materiale o di incrementare il numero di volte che questo può essere rilavorato. Per quanto riguarda il primo caso, esempi si ritrovano nelle imprese che utilizzano scarti alimentari per produrre nuove sostanze chimiche sostenibili per il settore tessile o farmaceutico.