Il bilancio di sostenibilità

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Standard e strumenti per rendicontare l’impegno socio-ambientale

AREA GIURIDICO-ECONOMICA

Il bilancio di sostenibilità è un documento teso a rendicontare agli stakeholder i risultati economici, sociali e ambientali generati dall’azienda nello svolgimento delle proprie attività.

di Stella Gubelli

Perché rendicontare l’impegno socio-ambientale

Trasparenza e responsabilità sono i termini che meglio spiegano perché l’azienda (profit, non profit, pubblica o privata) dovrebbe scegliere di rendicontare le proprie performance socio-ambientali.
In ambito pubblico si utilizza il termine accountability per evidenziare il dovere dell’ente di “rendere conto” ai propri portatori di interesse (stakeholder) del proprio operato. Ma se per “risorse pubbliche” non si intendono solo le risorse economiche ma anche, ad esempio, le risorse naturali, il territorio locale ecc., l’obbligo “morale” di rendere conto del proprio operato e dell’utilizzo “efficace e responsabile” delle risorse della collettività si estende a tutti gli attori economici.
Proprio al fine di tutelare i portatori di interesse dell’azienda, il codice civile (artt. da 2423 a 2435bis) rende obbligatorio il bilancio d’esercizio, documento che rappresenta la situazione patrimoniale e finanziaria della società, oltre che il risultato economico generato nell’esercizio. I dati di sintesi contenuti al suo interno rendono conto però solo di una dimensione dell’azienda, quella economico-patrimoniale, trascurando gli impatti generati sull’ambiente, sulla comunità locale, sui clienti, sui dipendenti.
In tale contesto si inserisce il bilancio di sostenibilità, quale strumento utile a rendicontare i risultati economici, sociali e ambientali generati dall’azienda nello svolgimento delle proprie attività, e a comunicare gli stessi ad un pubblico ampio rappresentato da tutti gli stakeholder (dipendenti, fornitori, clienti, comunità locale, media, investitori, finanziatori ecc.).
Il documento ha cadenza annuale ed è pubblicato nelle tempistiche previste per la pubblicazione del bilancio d’esercizio. Generalmente è redatto secondo linee guida e standard di rendicontazione, i più diffusi dei quali sono quelli predisposti da Global Reporting Initiative (GRI).
Attualmente, nell’ambito profit, la rendicontazione delle informazioni non finanziarie è obbligatoria per le aziende quotate e del settore bancario-assicurativo, di grandi dimensioni (d.lgs. n. 254/2016), mentre è volontaria per la restante platea di aziende.

Gli strumenti della rendicontazione socio-ambientale

La rendicontazione sociale risale alla seconda metà del Ventesimo secolo. Ripercorrendo sinteticamente le tappe principali, il primo esperimento di rendicontazione non finanziaria fu ad opera della tedesca Aeg, ma rimase isolato per molti anni. Nel 1977 in Francia fu emanata la prima legge che rendeva obbligatoria la redazione del bilancio sociale per le imprese con più di 750 dipendenti (il limite fu ridotto a 300 nel 1982).
In Italia la prima esperienza di rendicontazione sociale risale al 1978, con la pubblicazione del bilancio sociale del Gruppo Merloni, a cui seguì, molti anni dopo, l’esperienza di Ferrovie dello Stato, che pubblicò il suo primo bilancio sociale relativo agli anni 1992-1993.
Nel corso del tempo si sono diffusi diversi strumenti di rendicontazione.

Classificando i diversi documenti in base alla tipologia di performance rendicontata, si possono identificare, oltre al bilancio di esercizio:

  • il bilancio sociale, che amplia la vista alla dimensione sociale delle attività aziendali;
  • il bilancio ambientale, che focalizza l’attenzione sugli impatti ambientali delle attività d’impresa;
  • il bilancio degli intangibili, che mira a descrivere il valore generato dagli asset intangibili dell’azienda, costituiti dal capitale umano, il capitale strutturale-organizzativo e il capitale relazionale.

Gli anni Duemila vedono crescere l’attenzione verso la responsabilità sociale di impresa (Corporate Social Responsibility, CSR) grazie all’intervento delle istituzioni. Nel 2000 l’Unione europea inserisce la CSR tra le proprie priorità strategiche; nel 2001 pubblica il Libro Verde “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese”, superato nel 2011 dal documento “Una rinnovata strategia UE per la CSR 2011-2014”. Contestualmente cresce l’attenzione dei consumatori alla qualità, provenienza, sicurezza dei prodotti, e la reputazione diviene sempre più un fattore competitivo: l’approccio orientato alla CSR diviene gradualmente una dimensione di business rilevante e le aziende iniziano a rendicontare ai propri stakeholder le performance non finanziarie generate dalle attività d’impresa.
Si afferma la consapevolezza che l’azienda genera una pluralità di risultati ed effetti, per cui gli strumenti di rendicontazione volontaria focalizzati su una sola dimensione di performance (sociale, ambientale, intangibili) offrono una visione parziale delle performance non finanziarie; tali strumenti sono superati da strumenti che si caratterizzano per un angolo di visuale più ampio: il bilancio di sostenibilità e il report integrato.
Il bilancio di sostenibilità rendiconta le iniziative e i risultati in ambito economico, sociale, ambientale e di governance. È generalmente redatto secondo gli standard di rendicontazione del Global Reporting Initiative (GRI), ha cadenza annuale ed è un documento rivolto alla pluralità degli stakeholder.
Il report integrato illustra come strategia, governance, performance e prospettive di un’organizzazione consentano di creare valore nel breve, medio e lungo periodo, nel contesto in cui essa opera. È redatto secondo il framework emanato dall’International Integrated Reporting Council (IIRC), ha cadenza annuale ed è rivolto prevalentemente agli stakeholder finanziari.

L’obbligo di “non financial disclosure” in ambito profit

A seguito della Direttiva europea n. 95/2014, recepita in Italia con il d.lgs. n. 254/2016, è stato fatto un passo fondamentale verso la standardizzazione della rendicontazione non finanziaria, per garantire maggiore trasparenza e comparabilità tra i diversi bilanci di sostenibilità.
Tale normativa ha reso obbligatoria la rendicontazione non finanziaria per le aziende quotate o emittenti titoli obbligazionari di grandi dimensioni (ovvero con numero di dipendenti superiore a 500, e che abbiano un fatturato annuo superiore a 40 milioni di euro o totale dello stato patrimoniale superiore a 20 milioni di euro) e per le aziende del settore bancario-assicurativo con gli stessi criteri dimensionali. Sono poco più di 200 le aziende italiane soggette all’obbligo normativo di rendicontazione non finanziaria.
Le informazioni da rendicontare rientrano in alcuni ambiti non finanziari considerati rilevanti: ambiente, comunità locale, personale, rispetto dei diritti umani, lotta alla corruzione attiva e passiva.
Rispetto a questi ambiti, l’azienda è tenuta a rendicontare le strategie aziendali attuate e le correlate performance, con attenzione agli impatti generati nei confronti degli stakeholder. Pur elencando gli aspetti generalmente rilevanti, il legislatore invita l’azienda a effettuare una valutazione delle informazioni utili alla comprensione dell’attività dell’impresa, del suo andamento, dei suoi risultati e dell’impatto: si tratta del concetto di materialità.
Dall’analisi dell’Osservatorio delle dichiarazioni non finanziarie e delle pratiche sostenibili (Report 2018) sul recepimento della normativa nei documenti 2018 emerge che la totalità delle aziende analizzate ha utilizzato il GRI quale standard di rendicontazione.
Le modalità di presentazione delle informazioni non finanziarie possono essere diverse:

  • inserire la dichiarazione non finanziaria (DNF) nella relazione di gestione, come specifica sezione;
  • redigere una relazione distinta dalla relazione di gestione che deve essere contrassegnata dalla dicitura “dichiarazione di carattere non finanziario”; tale dichiarazione può essere inserita all’interno di un documento più ampio (quale ad esempio, come nella prassi in atto, bilancio di sostenibilità), purché si aggiunga anche la dicitura “dichiarazione non finanziaria redatta ai sensi del d.lgs. n. 254/2016”;
  • disseminare le informazioni nell’apposita sezione della relazione di gestione e/o in altre della stessa relazione e/o in altri documenti esterni previsti da leggi, ivi compresi la relazione distinta; in questa opzione, la sezione della relazione di gestione assume la funzione di mappa di orientamento da utilizzare per reperire le varie informazioni tra più documenti.

L’Osservatorio DNF rileva che nel primo anno di rendicontazione obbligatoria in Italia la maggior parte delle aziende (il 75%) ha scelto di redigere tale dichiarazione come documento separato rispetto alla relazione sulla gestione.
Vi sono due forme di controllo sulla dichiarazione non finanziaria: quello interno del collegio sindacale e quello esterno della società di revisione. Il primo vigila sull’osservanza delle disposizioni del decreto e ne riferisce nella relazione annuale all’assemblea; il secondo verifica l’avvenuta predisposizione della dichiarazione non finanziaria e attesta la conformità delle informazioni fornite rispetto alle norme di riferimento e agli standard. L’attestazione è contenuta in un’apposita relazione distinta dalla relazione di revisione, è allegata alla dichiarazione non finanziaria e pubblicata congiuntamente ad essa.
La dichiarazione non finanziaria prevista dal d.lgs. n. 254/2016 è soggetta all’iter approvativo e pubblicitario previsto per il bilancio civilistico. Il documento è quindi depositato presso il Registro delle imprese e reso pubblico attraverso i canali istituzionali (sito internet).

Il percorso di rendicontazione secondo gli standard GRI

Global reporting initiative è un’organizzazione nata con l’obiettivo di aiutare le aziende a comprendere, misurare e comunicare l’impatto che una qualsiasi attività può avere sulle diverse dimensioni della sostenibilità (economica, ambientale e sociale).
Gli standard di rendicontazione GRI si caratterizzano per essere sia di processo (in quanto identificano il processo da implementare per il reporting non finanziario) sia di contenuto (in quanto propongono un ampio set di indicatori da rendicontare). Essendo applicabili a ogni tipo di organizzazione (intersettoriali e internazionali), necessitano di un’attività di adattamento alla specifica realtà oggetto di rendicontazione.
Sintetizzando, gli elementi chiave del percorso di rendicontazione proposto dal GRI sono:

  • il principio di materialità: l’azienda deve identificare e rendicontare gli aspetti della propria attività che hanno un impatto rilevante sugli stakeholder (aspetti “materiali”);
  • il coinvolgimento: la selezione degli aspetti materiali è sviluppata attraverso il coinvolgimento degli stakeholder chiave, sia interni sia esterni.

Il percorso di reporting sviluppato secondo gli standard GRI si sviluppa attraverso sei fasi.


1. Mappatura degli stakeholder

L’identificazione degli stakeholder chiave per l’organizzazione consente di valutare i destinatari del bilancio di sostenibilità e, non meno importante, valutare quali tra gli stakeholder potranno essere coinvolti nella valutazione degli aspetti di materialità da rendicontare.

2. Analisi di materialità interna
Tale analisi coinvolge il vertice e il management nella valutazione degli aspetti di sostenibilità.


 

3. Analisi di materialità esterna
La terza fase prevede il coinvolgimento strutturato degli stakeholder chiave, al fine di ottenere una valutazione circa la rilevanza degli aspetti di sostenibilità. L’engagement può essere sviluppato attraverso interviste, focus group, somministrazione di questionari strutturati.
La valutazione degli aspetti di sostenibilità prende avvio dall’elenco predisposto dagli standard GRI, che può essere integrato con ulteriori aspetti specifici per il settore e il business di riferimento.


La matrice di materialità è l’esito finale del percorso di riflessione aziendale che prevede il coinvolgimento strutturato degli stakeholder, finalizzato all’individuazione degli aspetti più rilevanti, che andranno rendicontati nel bilancio di sostenibilità.
L’obiettivo del percorso è quello di accompagnare l’azienda in una selezione ragionata degli aspetti più impattanti su cui concentrare l’attenzione, in ottica sia di rendicontazione sia di orientamento strategico.

Come evidenziato nella figura, nella matrice di materialità si rappresentano graficamente le valutazioni dell’azienda (rappresentata dal vertice e dal management) e degli stakeholder prioritari coinvolti circa gli aspetti che hanno un impatto rilevante sul business.

4. Definizione del cruscotto indicatori
Identificati gli aspetti materiali da rendicontare nel bilancio, si procede alla costruzione del “cruscotto indicatori”, partendo dal set proposto dagli standard GRI.
Ogni aspetto rilevante andrà descritto attraverso:

  • la presentazione dell’approccio gestionale (policy e procedure);
  • la presentazione di opportuni indicatori qualitativi e quantitativi;
  • la descrizione di specifiche iniziative.

5. Raccolta dei dati
La raccolta dei dati è una fase di lavoro particolarmente delicata, in quanto coinvolge trasversalmente tutte le funzioni e aree aziendali, ciascuna delle quali dovrà contribuire, per la propria area di competenza, all’elaborazione di dati e informazioni che confluiranno nel bilancio di sostenibilità.

6. Elaborazione di dati e testi
I dati e le informazioni sono presentati e descritti nel bilancio in modalità fruibile al pubblico, in un documento completo ed esaustivo. Generalmente al documento integrale sono affiancati estratti di sintesi rivolti a target specifici (ad esempio i clienti, le istituzioni ecc.) o contenenti i principali indicatori non finanziari.

Il documento risultante da tale percorso è quindi contestualmente:

  • uno strumento di comunicazione, in quanto orientato a rendere conto, offrendo una risposta alle istanze conoscitive degli stakeholder circa gli aspetti/ambiti considerati rilevanti;
  • uno strumento di gestione, in quanto offre all’azienda l’opportunità di rendersi conto dei risultati generati e, quindi, definire percorsi di miglioramento di medio-lungo termine.

I contenuti del Bilancio di sostenibilità

I contenuti del documento di rendicontazione non sono identificabili a priori (in quanto derivanti dall’analisi di materialità) né generalizzabili (per la necessaria e opportuna attività di adeguamento degli standard alla specifica realtà rendicontata). Al netto di ciò, un bilancio di sostenibilità dovrebbe presentare i seguenti contenuti minimi:

  • lettera agli stakeholder, da parte del vertice aziendale;
  • nota metodologica, in cui si presentano i principi di redazione del report, il perimetro di rendicontazione, il processo di engagement e l’analisi di materialità;
  • profilo dell’organizzazione (mission e vision, valori, attività, prodotti/servizi offerti, organizzazione produttiva, presenza geografica e dimensioni);
  • governance e strategia: informazioni sulla struttura di governo dell’organizzazione ed esplicitazione della strategia di sostenibilità;
  • rendicontazione degli aspetti di materialità, che può essere articolata in modi diversi: ad esempio per stakeholder (clienti, fornitori, dipendenti, comunità locale, ambiente) o per tipologia d’impatto (impatti economici, sociali, ambientali).

 

Stella Gubelli: da oltre 15 anni si occupa di ricerca, formazione e consulenza manageriale in ambito di sostenibilità. È responsabile della unità di Consulenza di ALTIS, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che supporta e affianca le aziende nell’attivazione di percorsi di CSR. È inoltre docente incaricato di Programmazione e controllo presso la Facoltà di Economia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

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