Il Parlamento europeo nel quadro delle istituzioni comunitarie

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Un’analisi del contesto in cui opera l’Assemblea rappresentativa

AREA GIURIDICO-ECONOMICA

Ogni elezione del Parlamento europeo ha prodotto effetti non solo sulla composizione dell’organo, ma anche sugli equilibri politici, provocando adattamenti nel governo dell’Unione.

di Rosa Piera Mantione

Guardando al prossimo rinnovo del Parlamento europeo e agli sviluppi futuri dell’Unione europea, occorre osservare che da ogni rinnovo dell’Assemblea rappresentativa si sono originati fenomeni peculiari. Ogni elezione ha prodotto effetti non solo sulla composizione dell’organo, ma anche sugli equilibri politici, provocando adattamenti ai diversi livelli di governo coinvolti.
Terminata la competizione elettorale, si mette al lavoro un’ampia comunità di interpreti che comprende tutte le istituzioni europee, i governi nazionali, gli esponenti della società civile, i gruppi di interesse e persino l’opinione pubblica. Il futuro dell’Unione europea, di conseguenza, non dipenderà soltanto dal ruolo che i Trattati assegnano alle istituzioni, ma anche dall’azione unitaria che tutti i soggetti coinvolti sapranno sviluppare.

Le origini

Già il Trattato istitutivo della Comunità economica del carbone e dell’acciaio (1951) prevedeva tra le sue istituzioni l’Assemblea comune (antenato del Parlamento europeo), di cui facevano parte i rappresentanti dei cittadini dei Paesi membri, scelti dai Parlamenti nazionali.
Nel 1957, con la firma dei Trattati che istituirono la CEE e l’Euratom, venne siglata una Convenzione che contemplava la creazione di un’unica Assemblea comune (oltre che di un’unica Corte di giustizia) per la CEE, l’Euratom e la CECA.
L’Assemblea comune era composta dai rappresentanti dei popoli riuniti dalla Comunità, che dopo un periodo di aggiustamento sarebbero stati eletti a suffragio universale. A partire dal 1958 l’Assemblea comune fu chiamata Assemblea parlamentare europea e nel 1962 prese il nome di Parlamento europeo.

Composizione, rappresentanza e durata

Il numero dei componenti dell’Assemblea comune della CECA fu fissato in settantotto membri, divenuti 142 nell’Assemblea unica delle tre Comunità.
In seguito ai successivi allargamenti, il numero dei componenti dell’assemblea rappresentativa fu continuamente aumentato e passò a seicentoventisei dopo l’ingresso di Austria, Finlandia e Svezia. In vista di un ulteriore allargamento, il Trattato di Amsterdam (1997) stabilì un numero massimo di settecento membri del Parlamento; il Trattato di Nizza (2001) ha portato tale numero a 732.
Oggi il Trattato di Lisbona (2007) dispone che il Parlamento europeo sia formato da settecentocinquanta deputati più il Presidente (soglia massima non più superabile). Il 7 febbraio 2018 il Parlamento europeo ha approvato la proposta di riduzione del numero dei suoi seggi, che passeranno a 705 dopo l’uscita del Regno Unito dall’UE (cosiddetta Brexit).

La ripartizione dei deputati per ogni Paese membro (da cui deriva la rappresentanza rispetto al rapporto cittadini/Stati membri) è sempre stata, ed è attualmente, il risultato di una proporzionalità degressiva, legata alla dimensione demografica e all’importanza politica ed economica di ciascun membro.
Il metodo della proporzionalità degressiva implica che i paesi con una popolazione più elevata abbiano più seggi rispetto a quelli di dimensioni minori, ma questi ultimi ottengono un numero di seggi superiore a quello che avrebbero sotto il profilo puramente proporzionale. È un metodo giudicato causa di distorsioni, ma giustificabile perché garantisce una rappresentanza adeguata agli Stati meno popolosi (che tuttavia risultano sovrarappresentati).
L’effettiva ripartizione dei seggi tra gli Stati membri è adottata all’unanimità dal Consiglio europeo, su proposta del Parlamento europeo.
La durata della legislatura è di cinque anni; non è previsto lo scioglimento anticipato del Parlamento europeo.

Gli obiettivi della normativa UE

Il fine più immediato della normativa è quello di “rafforzare la coscienza politica europea e lo sviluppo dei partiti politici europei come fattore di integrazione; altrettanto evidente è l’obiettivo di attribuire un maggior potere decisionale agli elettori, per frenare il costante calo della partecipazione al voto che rende difficile individuare nel Parlamento il luogo privilegiato dove possa svilupparsi uno spazio pubblico europeo.

G.E. Vigevano, Parlamento europeo: una nuova procedura elettorale uniforme, in Quaderni costituzionali, Il Mulino, Bologna, 1/2003

Il sistema elettorale

Già per l’Assemblea comune (della CECA, della CEE e dell’Euratom) i Trattati prevedevano l’elezione diretta dei rappresentanti dei popoli dei Paesi membri; tuttavia, durante i primi vent’anni i deputati europei non sono mai stati scelti direttamente dai cittadini.
Soltanto nel 1976 è stata introdotta l’elezione a suffragio universale del Parlamento europeo. Le prime votazioni (avvenute nel 1979) e quelle susseguitesi con cadenza quinquennale, non essendo mai stato raggiunto un accordo su una procedura elettorale uniforme, sono avvenute secondo le disposizioni emanate autonomamente dagli Stati membri (quindi secondo un sistema elettorale diverso da Stato a Stato).
Anche se l’articolo 190 TCE prevedeva la base giuridica per l’elaborazione di un progetto volto a permettere l’elezione a suffragio universale diretto secondo una procedura uniforme (o secondo principi comuni) a tutti gli Stati membri e nonostante l’interesse del Parlamento europeo alla definizione di tale procedura elettorale, la disposizione del TCE è rimasta per molto tempo inattuata.
Soltanto nel 2002 è stata adottata, sulla base di un progetto presentato dal Parlamento europeo, una decisione del Consiglio europeo (modificata e integrata nel 2018) riguardante la procedura elettorale uniforme.
Il punto principale della decisione riguarda l’adozione del sistema elettorale di tipo proporzionale, con la possibilità per gli Stati membri di consentire una lista preferenziale. Inoltre, ogni Stato membro deve individuare delle circoscrizioni elettorali (senza pregiudicare il carattere proporzionale del voto) per consentire un rapporto ottimale tra eletti ed elettori.
Il documento introduce:

  • un regime di incompatibilità per i deputati europei, che non possono far parte di altre istituzioni e organi dell’Unione o dei Parlamenti nazionali;
  • dei vincoli temporali, nel rispetto delle tradizioni nazionali, a riguardo del giorno della settimana in cui tenere le elezioni e la comunicazione dei risultati della competizione.

I poteri

I Trattati costitutivi assegnavano all’assemblea parlamentare funzioni principalmente consultive, ma nessun potere normativo sostanziale. Infatti, il Consiglio doveva consultare obbligatoriamente (consultazione semplice) il Parlamento europeo su alcune materie (come il diritto di stabilimento, gli accordi di associazione, la politica agricola comune, la politica dei trasporti); tale funzione non si traduceva in un vero e proprio potere normativo, che i Trattati attribuivano alla Commissione e al Consiglio dell’Unione europea.
Nel corso del tempo, il Parlamento europeo è stato trasformato in un’istituzione rappresentativa e le sue funzioni sono state notevolmente estese. Con il Trattato di Lussemburgo (1970) e con il Trattato di Bruxelles (1975) sono stati attribuiti al Parlamento europeo poteri in materia di bilancio dell’Unione.
Dopo le prime elezioni del 1979 furono introdotti numerosi cambiamenti, poiché un Parlamento eletto direttamente rappresentava i cittadini europei. Dal momento che derivava i propri poteri dalla sovranità collettiva (forse più dello stesso Consiglio, che li deriva dalla responsabilità dei ministri che lo compongono verso i Parlamenti nazionali) furono consolidati i suoi poteri in ambito normativo, ma anche in tema di sindacato politico.
Con la Dichiarazione solenne sull’Europa (detta Dichiarazione di Stoccarda, 1983) si consolidò il potere di controllo politico del Parlamento europeo sulla Commissione, attraverso l’approvazione della nomina del Presidente della Commissione e l’espressione del voto di fiducia sul programma della Commissione.
Nel 1986 l’Atto unico europeo attribuì al Parlamento il diritto di esprimere un parere conforme, previsto per gli accordi di associazione e di ammissione nell’Unione di un nuovo Stato, per la stipulazione di accordi internazionali, per l’approvazione delle regole sul diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione, per l’organizzazione e gli obiettivi dei Fondi strutturali e del Fondo di coesione. Successivamente il parere conforme è stato introdotto anche in tema di individuazione dei compiti e dei poteri della Banca centrale europea. Inoltre, il documento introdusse la procedura di cooperazione per la politica sociale, per la realizzazione della libertà di stabilimento, per il mutuo riconoscimento dei diplomi, per la ricerca e lo sviluppo tecnologico, per la realizzazione della libera circolazione dei lavoratori, per il riavvicinamento delle legislazioni relative al mercato interno, per la coesione economica e sociale e per il coordinamento delle disposizioni per i cittadini stranieri relative all'ordine pubblico e alla sanità pubblica. Infine, le disposizioni dell’AUE attribuirono al Parlamento la potestà di partecipare alle attività riguardanti la cooperazione politica tra i Paesi membri e tra le Comunità europee ed altri Paesi esterni ad esse.
Nel 1992 il Trattato di Maastricht introdusse la procedura di conciliazione, riconoscendo in questo modo all’assemblea il diritto di veto su questioni riguardanti l’ambiente, la libera circolazione dei lavoratori e dei servizi, la protezione dei consumatori, il mercato interno, la cultura e l’educazione.
Con l’ultima revisione dei trattati, il Parlamento europeo ha visto precisati e ulteriormente consolidati i propri poteri. Il Trattato di Lisbona (2007) ha disposto che il Parlamento europeo eserciti la funzione legislativa, la funzione di bilancio, la funzione di controllo politico e funzioni consultive. Le nuove disposizioni hanno fatto diventare il Parlamento europeo un legislatore a pieno titolo, hanno esteso e generalizzato la procedura di codecisione in ambito legislativo, oggi diventata procedura legislativa.
Inoltre, come negli stati federali, il Parlamento europeo esercita altri poteri riservati ad esso in quanto Camera rappresentativa della sovranità collettiva dell’Unione, come ad esempio la funzione di sindacato politico sulla Commissione, la funzione di informazione e la funzione di partecipazione politica. Tali poteri dovrebbero consentire al Parlamento di esprimere la legittimazione democratica e di partecipare alle scelte di governo dell’Unione.

La forma di governo dell’UE e il ruolo del Parlamento europeo

Le funzioni legislative, ma anche quelle di controllo, che gli sono state via via attribuite hanno contribuito a cambiare la natura stessa del Parlamento europeo. Tuttavia, l’assemblea è rimasta un’istituzione debole, a causa della carenza sostanziale di alcuni suoi poteri, soprattutto nella funzione di controllo dell’esecutivo europeo e nel procedimento legislativo: i poteri del Parlamento europeo nel processo normativo conoscono ancora dei vuoti cosicché restano ancora molte decisioni che sfuggono al controllo parlamentare, ad esempio le regole sulla moneta unica sono state affidate in via esclusiva al Consiglio dell’UE, il quale esercita tale potestà attraverso una procedura speciale.
La fragilità del Parlamento europeo deriva anche dagli equilibri istituzionali presenti all’interno dell’Unione che, di fatto, ne sminuiscono il ruolo in rapporto agli altri organi europei.
Per comprendere questi equilibri è opportuno osservare che il soggetto europeo esercita le facoltà con cui si esprime la sovranità di uno Stato (facoltà regolativa, di controllo su un territorio e una popolazione, estrattiva e redistributiva) per mezzo di un insieme di organi. Ma a differenza delle forme di governo che si sono sviluppate negli ultimi due secoli negli Stati di democrazia liberale (costruite sul principio della divisione dei poteri, in modo che compiti di natura diversa siano assegnati ciascuno a un organo, denominato legislativo, esecutivo o giudiziario), la forma di governo dell’Unione europea è fondata sul principio della condivisione dei poteri, dovuta all’applicazione congiunta del principio della separazione in verticale e orizzontale delle funzioni costituzionali. Non esiste quindi un organo titolare esclusivo di una funzione, ma le stesse funzioni sono distribuite su organi diversi.
In Europa, infatti, la funzione legislativa è attribuita al Parlamento e al Consiglio dell’UE, quella di indirizzo politico al Consiglio europeo e al Consiglio dell’UE, quella esecutiva per la maggior parte alla Commissione, ma anche al Consiglio dell’UE. Il sindacato politico del Parlamento europeo può essere espresso soltanto nei confronti della Commissione, mentre ne sono sottratti il Consiglio europeo e il Consiglio dell’UE; può dunque essere utilizzato per controllare la regolarità della gestione amministrativa, ma non per verificare il rispetto e l’attuazione dell’indirizzo politico.

 

La ripartizione dei poteri nell'UE

Potere di indirizzo politico

• Consiglio europeo
• Consiglio dell’Unione europea

Potere legislativo

• Parlamento europeo
• Consiglio dell’Unione europea

Potere esecutivo

• Consiglio dell’Unione europea
• Commissione europea

La separazione dei poteri nell’UE

La forma di forma di governo europea è caratterizzata da un rapporto di quasi completa mancanza di separatezza tra potere legislativo e potere esecutivo, aggravata anche da talune particolarità dell’assetto degli organi a cui sono assegnate le corrispondenti funzioni, il quale risulta completamente diverso da quello che normalmente si riscontra negli ordinamenti statali, anche federali o regionali.

A. Pizzorusso, Il patrimonio costituzionale europeo, Il Mulino, Bologna, 2002

La forma di governo dell’Unione si caratterizza poi per la presenza di più esecutivi, tratto presente in molte forme di governo dei paesi a democrazia liberale.
Nei paesi in cui è presente un esecutivo dualista, si prevedono generalmente due organi, dei quali uno monocratico (il Capo dello Stato) e uno collegiale (il Governo). Nelle forme parlamentari l’indirizzo politico emerge dal rapporto fiduciario tra l’assemblea parlamentare e il governo, mentre il Capo dello Stato esercita per lo più funzioni di impulso e di garanzia dell’equilibrio istituzionale.
Anche se presenta la caratteristica dell’esecutivo dualista ed è previsto il legame di fiducia tra assemblea elettiva e esecutivo, l’Unione europea prevede più esecutivi collegiali, il Consiglio europeo, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione, dei quali però soltanto quest’ultima entra in relazione fiduciaria con il Parlamento.
Tra questi organi, il Consiglio europeo può essere considerato come il Capo di Stato (collegiale) dell’Unione, a cui i Trattati affidano la funzione di impulso. Infatti, è il Consiglio europeo che definisce l’indirizzo politico (gli orientamenti politici generali) e quindi i Trattati riservano tale potere alla sede intergovernativa dove, secondo il metodo del consenso, e di conseguenza in base al metodo diplomatico, sono prese le decisioni di indirizzo costituzionale. Di fatto, questa attribuzione è ancora esercitata dagli Stati membri, soprattutto attraverso il Consiglio europeo, ma anche attraverso il Consiglio dell’Unione e la Commissione (di cui conservano il potere di nomina).
Il potere di definire l’indirizzo politico non è affidato, in modo sostanziale, al Parlamento europeo, per il fatto che tale organo, pur di natura elettiva, non può rappresentare una sovranità che in fondo non è stata ancora pienamente attribuita all’Unione.
Si può inoltre constatare che, nell’ultimo ventennio, il Consiglio europeo si è autorevolmente imposto al vertice del potere comunitario e ha fortemente consolidato i propri poteri; questo ha generato un assetto di governo tendenzialmente presidenzialistico e ridimensionato il ruolo dell’assemblea parlamentare che non è riuscita a ricoprire una funzione rilevante nella costruzione e nel concreto operare dell’Unione.

Il deficit democratico

Dunque l’organo principale dell’Unione non può essere considerato il Parlamento europeo perché, nonostante tra le istituzioni dell’UE sia l’unica di diretta emanazione popolare, non sempre ricopre il ruolo prevalente:

  • l’assemblea condivide soltanto nella procedura ordinaria il potere legislativo con il Consiglio UE (il potere normativo, in diversi settori, è attribuito al Consiglio dell’Unione europea mediante la procedura legislativa speciale);
  • il Parlamento non ha il potere di iniziativa legislativa, ma può semplicemente sollecitare la Commissione a presentare proposte di legge;
  • l’organo assembleare non può controllare l’attività del Consiglio europeo e del Consiglio dell’Unione europea, ma può sanzionare l’operato della Commissione mediante l’approvazione di una mozione di sfiducia. La Commissione, d’altra parte, non è scelta dall’organo assembleare, che si limita a eleggerne il presidente e i commissari, sulla base della designazione del Consiglio europeo (designazione che deve tener conto dei risultati delle elezioni europee).

La ponderazione dei poteri nell’UE

La ragione per cui è stata ideata questa organizzazione istituzionale è da ricercare nella necessità di ponderare e bilanciare i poteri, in conseguenza del fatto che, con l’integrazione europea, è nato in un tempo storico non lungo un nuovo ente sovrano.

Raramente nella storia, in assenza di condizioni belliche o di crisi, e in forme non bonapartiste, si era visto un processo così accelerato di redistribuzione di poteri a favore di un nuovo sovrano, in un’area geografica tanto estesa, così popolata da tanti e tanto forti poteri pubblici, che si sono privati di molti dei loro compiti a favore del nuovo sovrano. È quindi comprensibile che quest’ultimo venga ordinato in modo da non sommare i poteri in un solo organo e in maniera da rendere difficili o precarie le decisioni.

S. Cassese, La costituzione europea: elogio della precarietà, in Quaderni costituzionali, Il Mulino, Bologna, 3/2002

Il meccanismo democratico dell’Unione (visto sotto il profilo della legittimazione popolare) si attiva con l’elezione dell’assemblea rappresentativa, ma non si sviluppa ancora né nel controllo pieno dell’esecutivo, né nell’approvazione delle leggi in tutti i settori.
Nonostante le innovazioni introdotte con le revisioni dei Trattati, mancano ancora nell’Unione:

  • un Parlamento che, quale organo rappresentativo dei cittadini europei, diventi l’organo centrale del sistema delle decisioni;
  • un unico organo di governo in grado di dirigere e, di conseguenza, assumersi la piena responsabilità delle politiche.

Ciò indebolisce la legittimazione dell’assemblea e, di conseguenza, i legami tra il Parlamento europeo e i cittadini elettori, evidenziando la carenza di rappresentatività dell’organo e i solandolo dalle altre istituzione comunitarie.
Queste problematiche, legate all’insufficiente parlamentarizzazione dell’UE, sono accentuate dalla legittimità solo nazionale dei Capi di Stato o di Governo, i quali nel Consiglio europeo prendono decisioni che ricadono non solo sui cittadini del proprio Paese, ma sull’insieme dei cittadini europei. In questo modo molte decisioni (in passato attribuite agli Stati nazionali, ma oggi diventate di competenza del soggetto europeo) ricadono autoritativamente su tutti i cittadini dell’Unione, senza che questi siano stati messi nella condizione di esercitare un controllo diretto o indiretto (tramite i propri rappresentanti).
In conseguenza di tutto ciò, anche se nel complesso l’integrazione europea deve essere considerata un successo (ha conseguito risultati che non sarebbero stati possibili per i singoli Stati membri), molti cittadini europei non si identificano con l’Unione, che è afflitta da un problema di rappresentanza e legittimazione politica e che fa percepire le anomalie democratiche in modo più grave rispetto alle comuni imperfezioni della democrazia presenti negli Stati odierni.

La crescita delle competenze UE

Durante il percorso che ha consentito il consolidamento dell’UE, gli Stati membri, posti di fronte a vecchie e nuove domande sociali, hanno via via spostato diverse politiche di governo al nuovo soggetto che, nel tempo, è diventato “capace di prendere decisioni, risolvere i conflitti, produrre beni pubblici, coordinare il comportamento dei privati, regolare i mercati, tenere elezioni, rispondere alle pressioni dei gruppi di interesse, generare un reddito, incorporare nuovi membri, allocare spese, inviare e ricevere rappresentanti diplomatici, stipulare accordi internazionali e perfino dichiarare e condurre una guerra.

P.C. Schmitter, Possibili futuri alternativi per la polity europea, in S. Lucarelli (a cura di), La polis europea, Trieste, 2002

Proprio l’espansione dei settori di intervento e l’ampliamento dei compiti dell’Unione ha sovraccaricato il potere sovranazionale e lo sta sottoponendo a tensioni in passato sconosciute.

 

Rosa Piera Mantione: laureata in Giurisprudenza e in Scienze della amministrazioni pubbliche, ha una lunga esperienza di insegnamento delle discipline giuridiche ed economiche. Attualmente insegna presso l'IIS Baldessano Roccati di Carmagnola (TO). È autrice di varie pubblicazioni didattiche, tra cui il corso di Diritto ed economia nel biennio Costituzione al futuro, pubblicato da Paramond nel 2019.