Il web nei paesi arabi. Il caso dell’Algeria

Donne islamiche

CULTURA STORICA

La presenza del web nel mondo arabo ha permesso, a coloro che hanno partecipato alla cosiddetta Primavera araba, di rendere globale il loro movimento, fornendo una copertura degli eventi alternativa a quella veicolata dall’informazione di regime.

Jolanda Guardi

Dossier Il Medio Oriente dopo le primavere arabe

In occasione delle rivoluzioni arabe quasi tutti i media occidentali hanno insistito sul fatto che un ruolo preponderante nella riuscita delle stesse sia stata la rete. Coloro che hanno partecipato alla cosiddetta Primavera araba, anche solo tramite un collegamento da cellulare, sono riusciti a rendere globale il loro movimento e a fornire una copertura degli eventi alternativa a quella veicolata dall’informazione di regime grazie a internet; tutti hanno un collegamento web si è detto.
Anche se tali affermazioni esagerano, come spesso succede, la reale presenza del web nel mondo arabo, l’effetto che ha avuto sull’immaginario in occidente e, in parte anche sulla realtà di chi in questa fase una rivoluzione non l’ha avuta, sono stati ingenti.

Internet è utilizzato nel mondo arabo come nel resto del mondo. Un’idea della sua diffusione la forniscono i dati relativi al costante aumento di Internet Service Provider nei diversi paesi e lo sviluppo di software e browser in lingua araba in costante aumento. Con la sua maggior diffusione, aumentano anche gli interessi finanziari legati al consumo della rete e il ruolo che i singoli governi svolgono nel controllo. Nei paesi dove tale controllo è importante, è lo stato a influenzare in maniera preponderante la direzione verso la quale l’uso di internet si sviluppa.
Un altro aspetto importante è il diverso modo di utilizzare la rete. Nei paesi arabi, infatti, dove la quasi totalità della popolazione è musulmana, un ruolo di rilievo è giocato dai siti legati in modo assai variegato all’islam: si va da siti squisitamente religiosi, che propongono recitazioni del Corano online, commentari esegetici e testi liberamente disponibili che approfondiscono alcuni aspetti specifici, a siti nei quali esperti di religione o presunti tali dispensano i propri consigli anche rispondendo alle domande degli utenti, a siti che propongono prodotti commerciali “islamicamente corretti”: cibo, abbigliamento, letture ma anche cosmetici o cellulari con incorporata una bussola per sapere sempre quale sia la direzione della Mecca, verso la quale il musulmano si deve rivolgere quando prega.

L’Egitto, il Kuwait e gli Emirati Arabi Uniti possono essere considerati gli antesignani tra i paesi che hanno sviluppato la rete: internet è presente dagli anni novanta; in seguito, altri paesi negli ultimi cinque anni hanno spinto per la diffusione locale dei server in modo più o meno liberale, restringendone l’uso, ad esempio, nelle università (ciò accade in Tunisia e Arabia Saudita).

Un caso interessante è quello dell’Algeria, dove l’uso di internet può essere considerato abbastanza libero: in occasione delle rivoluzioni arabe, quando, al di là di alcune manifestazioni non vi è stato un movimento reale che chiedesse il cambiamento - dopo gennaio un milione di utenti si era registrato a un social network, come a significare “siamo pronti anche noi”.
Ma quanto e chi utilizza la rete? L’ultimo sondaggio effettuato da socialbaker (www.socialbakers.com), un sito specializzato in statistiche sui social network, afferma che in Algeria, al gennaio 2013, utilizzavano il network 4.322.820 persone, pari a circa il 12% della popolazione. La percentuale, piuttosto bassa e in crescita lenta è dovuta al costo estremamente elevato dell’ADSL, gestita, fino a poco tempo fa in monopolio da Telecom Algérie. Il governo, nel corso del tempo, ha promosso iniziative per diffondere l’uso della rete, come ad esempio alcuni anni fa l’utilizzo gratuito per un anno con l’acquisto di un portatile; resta il fatto che la stragrande maggioranza della popolazione non ha un telefono fisso, non ha computer e, fondamentalmente, non concepisce la relazione via cavo. In una parola, questi dati fanno riferimento a una zona specifica del paese, ossia alle grandi città, Algeri in particolare, e non tengono conto del fatto che l’Algeria è un paese composito. Sfogliando i profili facebook, ad esempio, si nota come la stragrande maggioranza di coloro che hanno un account registrato sono professori o studenti universitari, persone quindi che hanno un accesso privilegiato alla rete dai campus.
Anche un altro sondaggio, svolto nel 2008 e che ha coinvolto 18000 questionari, evidenzia come coloro che utilizzano la rete siano individuabili tra i quadri – che ne conoscono l’uso per lavoro - e gli universitari.

Queste statistiche sono in ogni caso limitate anche dal fatto che la copertura del territorio è frammentaria; in molte zone dell’Algeria, specialmente al di fuori delle grandi città, l’accesso a internet è difficoltoso. A ciò si deve aggiungere una serie di divieti e polemiche suscitate dall’utilizzo della rete e che rientrano in un più ampio dibattito relativo al rapporto fra la rete e ciò che è “islamically correct”, corretto cioè da un punto di vista islamico.
Tali polemiche hanno portato l’Algeria a dotarsi, nel 2009, di una legislazione per regolamentarne l’uso. La legge è restrittiva soprattutto in relazione a due ambiti: l’antiterrorismo e i reati contro i minori. Questa legge giunse dopo che, nel 2007, è stata sferrata una lotta contro gli internet café sino ad allora capillarmente diffusi sul territorio – e dove l’accesso era possibile comunque solo dietro presentazione di un documento d’identità - che ha portato anche ad alcuni arresti, poiché in tali luoghi - che tuttavia erano l’unica possibilità per potersi collegare alla rete - non esisteva censura e gli utenti potevano quindi, secondo gli estensori della legge, accedere a siti considerati lesivi della morale comune. Ciò ha avuto come conseguenza una forte diminuzione dell’utenza, tanto che finalmente, nel 2012, sono state immesse sul mercato per la prima volta le chiavette USB per collegarsi in rete dalla propria abitazione. Anche in questo caso, tuttavia, si sono verificati alcuni problemi: il numero dei dispositivi è limitato e razionato secondo una certa quantità venduta al giorno, con conseguenti tensioni createsi nei locali dei rivenditori autorizzati.

Un’altra considerazione interessante risiede nel fatto che gli utenti sono per la stragrande maggioranza uomini e celibi. Questo è un dato non secondario poiché in realtà, più che a questioni legate alla politica, il web viene utilizzato per accedere a siti di incontri, più o meno virtuali, specificamente dedicati agli arabo musulmani, attività all’origine delle motivazioni per l’emanazione della legge del 2009.
Il picco nelle registrazioni di account su facebook dopo gli eventi del 2011 ha anche evidenziato come il social network sia di stampo fortemente occidentale e non copra tutte le esigenze di un pubblico che è desideroso di modernità ma è anche arabo e musulmano; non bisogna dimenticare che i social network sono uno dei mezzi più utilizzati dall’islamercato per veicolare i propri prodotti e che, gli arabi e nello specifico gli algerini sono interessati a dibattere temi che non trovano quasi mai spazio sul web del “West and the Rest”.1

Sono così nati alcuni social network dedicati in lingua araba, ma anche in inglese e in francese in particolare, nei quali gli argomenti sono soprattutto legati a questioni di cuore, come abcoeur (www.abcoeur.com) o arabicmeeting.com - considerato il social network degli utenti arabi per eccellenza, con 90000 accessi al mese – e a temi specifici. Arabicmeeting nasce in Canada dall’idea di un gruppo di marocchini che desideravano offrire un social network più consono all’utenza del Maghreb. Si evidenzia qui il fatto che, unitamente ad altri network dedicati per africani, ispanofoni e così via, la tanta sbandierata globalizzazione tanto globale non è se alcune comunità ritengono di non venire adeguatamente rappresentate. Ben se ne sono accorti gli ideatori di zouine.net, questa volta francesi, che, all’indomani delle rivoluzioni arabe, avendo fiutato il potenziale commerciale della rete, hanno lanciato il 13 giungo 2011 il loro sito, espressamente dedicato ai maghrebini.
L’immagine che ci accoglie sulla homepage del sito è estremamente evocativa – e un po’ orientalista - e lo slogan del social network recita: Libre et comme tu veux! (Libero e come vuoi tu!). Zouine è in lingua francese e regolarmente apre dei dibattiti pubblici su alcuni temi di politica e società (elezioni, omosessualità e simili) per lo più legati alla Francia. Esso infatti si configura come un tentativo da parte di questo paese di tenere sotto controllo l’opinione pubblica algerina e maghrebina più in generale, dati gli interessi economici della Francia nel paese africano.
Ma gli algerini sono da sempre, come tutti gli arabi, dei creativi e hanno ideato un altro social network specifico: dzairbook (www.dzairbook.com) che tradotto suona “Algeria book” e che nel nome ma anche graficamente riprende la schermata di facebook cambiandone solo il colore, che da blu è diventato verde.

L’Algeria ha introdotto internet nel 1993 sotto il controllo del CERIST (Centre de Recherche sur l’information Scientifique et Technique) emanazione del Ministero dell’Insegnamento Superiore e della Ricerca Scientifica. Nel 1998 un decreto ministeriale ha posto fine al monopolio dello stato aprendo ai privati, limitando tuttavia l’apertura alle imprese straniere (i provider devono essere algerini). La banda larga è stata resa disponibile dal 2003.
Nel 2008 il governo ha emanato un’ulteriore legge contro i crimini informatici in seguito, a quanto ha affermato, ai continui attacchi di hacker subiti dai siti governativi e dalle società finanziarie. La legge criminalizza gli hacker, il furto di dati personali, la promozione del terrorismo e di crimini online, il ricatto e le infrazioni al copyright. In linea generale, internet resta comunque libero in Algeria, specialmente se paragonato all’uso censurato di Tunisia e di altri paesi confinanti, aspetto questo confermato da una ricerca di Opennet Initiative (www.opennet.net) sito che si occupa di monitorare i filtri e le censure della rete. Ciononostante il mondo dei blogger non è così vivace come in Marocco, Tunisia o Egitto. Per questo i blog restano confinati a un’utenza interna e non vengono percepiti come una minaccia dalle autorità. Ciò è dovuto sicuramente a due motivi principali di carattere tecnico, il primo la non copertura del territorio nazionale, il secondo il costo elevato.

Uno dei blogger2 più noti è El-Mouhtarem autore di Algérie-Politique (http://ffs1963.unblog.fr). Il sottotitolo del blog, “lavoriamo insieme per una seconda Repubblica”, lascia comprendere da subito quale sia l’obiettivo; aprire un forum di discussione politica affrontando argomenti di varia natura. Tuttavia, contrariamente a quanto sostengono alcuni articoli sul tema od osservatori, Algérie-Politique non rappresenta una vera e propria rottura con il regime, posto che gli stessi argomenti sono rintracciabili in diversi quotidiani del paese, sia in lingua araba che in lingua francese.
Un altro blog indipendente è quello di Boubakeur Ait Benali (http://ait-benali.over-blog.com), che afferma di dedicare gran parte del suo tempo libero alla ricerca della verità sul movimento nazionale. A differenza del blog precedente, quello di Benali posta regolarmente, quasi ogni giorno, notizie che alternano commenti a quanto avviene in periodo coevo in Algeria a informazioni e approfondimenti sulla guerra di liberazione nazionale.
Un vero e proprio blogger è l’autore di The Moor next Door (il moro della porta accanto, http://themoornextdoor.wordpress.com) che scrive in inglese e sembra anch’egli essere un algerino all’estero. Il suo blog, estremamente interessante, è un vero sito di analisi politica indipendente; tuttavia, il livello degli interventi, assai elevato e rilevatore di specifiche competenze, lascia intuire che si tratti di uno studioso che desidera restare anonimo più che di un giovane blogger.
Aperto nel 2009, e ancora attivo, Patriots of fire (http://vivalalgerie.wordpress.com), un blog anch’esso in inglese, nel quale una donna e un uomo, di nazionalità algerina, rivendicano il diritto di parlare della propria patria nel modo che preferiscono. Il blog ha sicuramente un taglio politico, tuttavia nella presentazione leggiamo che la molla che ha spinto gli autori ad aprirlo è stata la polemica suscitata dagli scontri in occasione della partita Algeria-Egitto conclusasi con la vittoria della squadra algerina e che ha scatenato in Egitto una vera e propria campagna contro i cugini nordafricani che ha coinvolto anche l’allora presidente Mubarak.

Resta il fatto che non si può parlare di un vero e proprio mondo blog algerino; spesso, infatti, i siti non sono veri e propri blog ma semplicemente testate giornalistiche e la comunicazione via internet rimane di secondaria importanza a partire dalle istituzioni, che posseggono sì dei siti, ma di qualità piuttosto povera. Negli ultimi tre anni è stato dato un notevole impulso da parte governativa per aggiornare e diffondere il collegamento con anche un protocollo secondo il quale le abitazioni di nuova costruzione dovranno essere tutte cablate. Più interessanti i siti a carattere culturale, anche se la loro durata è assolutamente effimera: alcuni dei più stimolanti (come la rivista Esprit bavarde) durano lo spazio di qualche mese. Più resistenti quelli di algerini emigrati all’estero come il sito del disegnatore Slim Zid ya Bouzid (www.zidyabouzid.com) che opera una satira feroce attraverso le sue vignette.

Il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni ha recentemente reso pubblico il progetto strategico Stratégie e-Algérie (Stategia e-Algeria) secondo il quale la diffusione di internet nel paese dovrebbe svilupparsi seguendo alcuni assi principali che comprendono la formazione delle competenze umane, la diffusione della rete, l’aiuto alle imprese nel suo utilizzo, ma anche uno sviluppo di quest’ultima dal punto di vista culturale, partendo dalla considerazione che una maggior diffusione dello strumento informatico sia ormai imprescindibile all’interno di una società che si vuole globale.
In conclusione, pur se la diffusione di internet in Algeria risulta essere ancora limitata, esistono tutte le potenzialità perché si sviluppi positivamente, posto che il paese dispone di tutti i mezzi materiali e umani per intervenire nel mercato sia dal punto di vista strettamente economico che culturale. Per quanto riguarda i blog e i siti di commento politico e culturale, quello che sembra mancare non è tanto la possibilità, quanto piuttosto la consapevolezza delle possibilità che offre la rete e, più in generale, una diffusa politicizzazione soprattutto dei giovani che dimostri un reale pensiero indipendente.

Note

1. West and the Rest, espressione che significa l’occidente e tutto il resto, viene usata per indicare una sorta di spartizione virtuale culturale.
2. I blog analizzati sono in lingua inglese o francese. Ovviamente ne esistono molti di più in lingua araba. In linea generale si può dire che i blog in lingua straniera sono rivolti a un pubblico esterno, mentre quelli in arabo sono rivolti all’interno del paese. E in questi la critica al governo è molto più feroce.

Facebook in Algeria

  • Iscritti
    827.960 su un totale di 400.000.000: l’Algeria si colloca in tal modo al 63esimo posto della classifica mondiale, guidata da stati Uniti, Regno Unito, Turchia e Francia
  • Età degli iscritti
    67% dai 18 ai 35 anni
    15% oltre i 35 anni
    18% meno di 18 anni
  • Suddivisione per sesso
    70% uomini, 30% donne
  • Lingua utilizzata
    90% Arabo
    10% Francese
    Il 69% degli utilizzatori è celibe/nubile

Bibliografia