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Infinito e cose affini

Gli errori dei bambini come una possibilità per costruire conoscenze solide

CLASSE DINAMICA

L’errore può essere una risorsa? Quali strategie si possono mettere in atto, in matematica ma non solo, per trasformare un “errore” in un’occasione di ricerca e di crescita reciproca?

di Sonia Sorgato

Nel processo di apprendimento l’errore è molto spesso concepito come un elemento che segnala aspetti che mettono in crisi il percorso stesso: in genere la sua presenza è tollerata in una fase iniziale ma desta preoccupazione se la frequenza dell’errore rimane costante anche alla fine.
L’errore, se volessimo semplificare, può essere considerato un segnale molto evidente di due situazioni:

  • indica la presenza di una difficoltà del bambino che può essere l’inizio di un processo di apprendimento fortemente caratterizzato da inciampi e tempi lunghi;
  • è la cartina di tornasole di scelte didattiche che sono risultate fallimentari e che hanno portato i bambini a costruire misconcetti, generatori di errori.

In entrambi i casi rappresenta quindi per un insegnante un aspetto da evitare il più possibile e addirittura da prevenire. Questo si traduce in scelte didattiche, come sottolinea Rosetta Zan (2007), caratterizzate da un abbassamento delle richieste e dall’eliminazione di domande troppo difficili che potrebbero generare errori. Ciò determina “un approccio didattico che porta l’allievo ad associare all’errore sentimenti negativi: paura addirittura panico quando l’esperienza di errore viene anticipata con l’immaginazione, frustrazione o vergogna una volta che l’errore è stato commesso” (Zan, 2007, p. 27).
La “banalizzazione” delle domande rischia però di inficiare il processo di apprendimento e non permette ai bambini di costruire in autonomia il proprio sapere, di incontrare la matematica vera e il suo senso. È quindi necessario cambiare paradigma e uscire dalle situazioni esplicitate all’inizio per raccogliere la sfida dell’errore come risorsa. Se partiamo dal presupposto che sia invece necessario permettere la costruzione del sapere e implicare i bambini in processi di ricerca reali, l’errore rappresenta un elemento costitutivo di questo percorso per capire in profondità ciò che sta succedendo nelle teste dei nostri allievi e consentire loro di mettere in crisi, de-costruire e ricostruire concetti che si sono formati durante il loro lavoro di ricerca.
Affinché la valorizzazione dell’errore non sia semplicemente una dichiarazione di intenti, vissuta a volte come poco praticabile a scuola, analizziamo un esempio. Nella seguente discussione raccolta in più momenti in una classe prima della primaria l’”errore” di una bambina, che in questo caso chiamerei idea non convenzionale, ci permette di lavorare sul concetto di infinito dei numeri naturali:

Bambini: I numeri non finiscono mai.
Jana: Esiste un numero molto grande e quello è l'ultimo numero!
Giorgio e Cloe: Esiste il numero infinito e noi conosciamo anche il simbolo.

In questa breve interazione tra bambini partita dalla domanda se i numeri fossero infiniti emergono molti aspetti matematici: in generale i bambini sanno che i numeri non finiscono mai, molti di loro si sono divertiti anche alla scuola dell’infanzia a cercare il numero più grande e ad aggiungere sempre un successivo oppure si tratta di una conoscenza dichiarata, sentita da qualche adulto o fratello più grande ma forse non approfondita personalmente. Queste sono ipotesi che l’insegnante non può verificare immediatamente se non con una domanda diretta che potrebbe però rischiare di interrompere lo scorrere di un discorso spontaneo e vero tra bambini non dettato dal contratto didattico e non imprigionato nelle domande a tripletta domanda-risposta-giudizio (Lumbelli cit. in Nigris 2009).
L’intervento di Jana, l’unico fuori dal coro, è un fulmine a ciel sereno, un pensiero divergente dal gruppo che emerge con grande forza, potremmo chiamarlo anche errore se volessimo classificarlo ma è grazie a questa affermazione che si attiva un processo del tutto nuovo di riflessione per la classe. Dalle parole di Jana possiamo capire altre cose: non vi è semplicemente un’idea errata da correggere immediatamente ma anche la sua capacità di sostenere una propria posizione nonostante non sia in linea con quella della maggioranza, trovando un modo assolutamente corretto di contrapporsi al pensare comune che in questo caso è convenzionale. Per sostenere che non si è d’accordo quindi non sembra sufficiente alla bambina dire che i numeri non sono infiniti ma viene ipotizzata l’esistenza di un numero così grande di cui non esista il successivo. L’affermazione che segue dei compagni non fa altro che ritornare all’esplicitazione delle conoscenze senza però essere in grado di convincere la bambina e a questo punto nemmeno il gruppo classe che entra in crisi e attiva nuovi processi di riflessione.

Maestra: Allora spiegatemi meglio... Allora se hai un numero molto grande tipo 1250...
Kevin: No, 1900!
Giorgio: 1999!
Matteo: 2000!

In questo caso l’insegnante assume per un momento come vera l’ipotesi posta da Jana e prova a seguire quanto affermato all’interno di una sospensione del giudizio perché i bambini stanno costruendo e l’insegnante è in ricerca con loro. I bambini fanno emergere importanti conoscenze rispetto al numero andando al di là di ciò che è solitamente previsto in una classe prima: iniziano così a cercare numeri sempre più grandi.

Sara: No, dobbiamo provare se ha ragione Jana o Giorgio e Cloe che hanno detto che i numeri non finiscono mai.

Alcuni bambini, poiché stanno costruendo il loro sapere e poiché l’insegnante ha dato cittadinanza a questa ipotesi, aderiscono all’idea della compagna e la classe si divide: a questo punto risulta necessario, come sottolinea Sara, trovare delle strategie per confermare oppure no l’idea della compagna, trovare delle evidenze che ci permettano di scegliere l’idea corretta. L’espressione “dobbiamo provare” è il segnale che è necessario attivare strategie e nuove modalità condivise per rendere evidente a tutti la verità di un’affermazione o dell’altra svelando anche una conoscenza dei processi in cui non basta dichiarare affermazioni. I bambini si rendono conto nei seguenti scambi che la proposta di “provare” richiede un modo diverso dal contare poiché questa sarebbe una strategia non praticabile.

Cloe: Sì, però continuiamo a decine, perché se no ci mettiamo una vita!
Alessandro: Possiamo contare come gli ingegneri 10, 20, 30, 40… così facciamo prima!
Matteo: Ma anche quelli sono infiniti... Ci mettiamo lo stesso una vita! Un infinito di anni, non è che se facciamo più veloce finiamo, non finiamo mai...

In questi scambi è presente una costruzione vera e propria dove un mattone segue l’altro e si arriva a esplicitare che anche i multipli di 10 sono a loro volta infiniti secondo la definizione che un insieme è infinito se può essere messo in corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme. È un’affermazione molto importante ed elaborata che ha avuto luogo solo grazie al lungo lavoro di costruzione e al dispiegarsi degli interventi, non è solo l’intuizione di un bambino tra gli altri ma una possibilità offerta dall’interazione e dall’ascolto tra i compagni. Si arriva quindi a esplicitare, grazie all’errore iniziale, contenuti molto complessi e a mettere in gioco anche tutte le conoscenze acquisite durante il percorso. L’insegnante ha il compito di costruire una consapevolezza che gli consenta di lasciare spazio alla presenza delle affermazioni non convenzionali considerate come opportunità da ricercare per rilanciarle al gruppo classe, per consentire ai bambini di verificare le loro idee e far circolare nuove conoscenze. Per questo è necessario prendere un tempo per l’errore per fare in modo che inneschi i processi che permettano ai bambini anche di rigiocarsi ciò che sanno e hanno imparato con noi ma anche, direi soprattutto, di fare nuove scoperte su basi solide.

Bibliografia

  • Di Martino P. et alii (2018), Didattica della matematica, Mondadori, Milano
  • Nigris E. (2009), Le domande che aiutano a capire, Bruno Mondadori, Milano
  • Zan R. (2007), Difficoltà in matematica, Springer, Milano.

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Sonia Sorgato è insegnante di Scuola primaria, tutor coordinatore e conduttrice di laboratori per il corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria presso l’Università di Milano-Bicocca; collabora con l’associazione Ma.P.Es. e con Pearson Italia in qualità di formatrice e consulente editoriale.
È coautrice del volume Fare Matematica, Pearson Italia 2015, e autrice insieme a Laura Papetti del nuovo progetto di volumi per le vacanze Accendi l’estate, Pearson Italia 2019.