
Ma l’educazione alla cittadinanza… dov’è? Dappertutto!
Una riflessione sul suo insegnamento nella scuola di oggi
CITTADINANZA
Il contributo parte dalla citazione di alcune linee guida per un’educazione alla cittadinanza rintracciabili nei diversi documenti ministeriali, per poi riflettere sul senso che sta dietro alle buone pratiche promosse a scuola e sulla necessità di ricondurre tali pratiche a un più profondo sentimento di appartenenza, di affezione, di relazione con l’ambiente, con ciò che è pubblico, con gli altri, ecc. e su come sia possibile promuovere un’educazione così ampia e ricca di profonde implicazioni all’interno del quotidiano “fare scuola”.
Scrivere anche soltanto un breve contributo su un argomento tanto vasto e tanto importante come la cittadinanza è un compito che sento molto difficile: difficile perché mi pare così pervasivo degli obiettivi irrinunciabili dell’educazione che non so nemmeno da quale parte cominciare.
Mi affido allora, per iniziare una riflessione condivisibile e in grado di orientarci un po’, alla normativa:
«Obiettivi irrinunciabili dell’educazione alla cittadinanza sono la costruzione del senso di legalità e lo sviluppo di un’etica della responsabilità, che si realizzano nel dovere di scegliere e di agire in modo consapevole e che indicano l’impegno a elaborare idee e a promuovere azioni finalizzate al miglioramento continuo del proprio contesto di vita, a partire dalla vita quotidiana a scuola e dal personale coinvolgimento in routine consuetudinarie che possono riguardare la pulizia e il buon uso dei luoghi, la cura del giardino o del cortile, la custodia dei sussidi, la documentazione, le prime forme di partecipazione alle decisioni comuni, le piccole riparazioni, l’organizzazione del lavoro comune, ecc.» (IN 2012)
Sempre le Indicazioni Nazionali per il Curricolo della Scuola dell’Infanzia e del primo ciclo d’istruzione (2012) danno voce a un’idea di Cittadinanza e Costituzione che si inserisce nell’identità europea del nostro paese e nella necessità di sviluppare consapevolezza della cittadinanza europea di ciascun allievo. A tal fine sono attivi molti progetti di scambio interculturale tra ragazzi, in modo da favorire un dialogo aperto e un confronto tra esperienze, regole, norme che caratterizzano la vita nei diversi paesi dell’Unione.
Ma affrontare il grande tema della cittadinanza e costituzione a scuola significa anche approfondire, come si evince dalla lettura delle linee guida relative a “Cittadinanza e Costituzione” e “Le educazioni” della Regione Lombardia (2018), numerosi altri nodi che costellano questa area educativa: come si può infatti tralasciare il nesso tra cittadinanza e legalità, o cittadinanza e salute, o cittadinanza e sostenibilità ambientale? E possiamo, in un mondo sempre più ricco di linguaggi offerti dalle tecnologie e di realtà lontane che si avvicinano potentemente attraverso i media, non occuparci di consapevolezza digitale?
A questo punto ci possiamo chiedere: ma allora, dov’è l’educazione alla cittadinanza? Com’è possibile non assicurarle un giusto monte ore all’interno della didattica curricolare?
Se diamo uno sguardo agli altri paesi dell’UE, ci accorgiamo che in Europa ci sono diversi paesi che contano l’educazione alla cittadinanza come disciplina curricolare a sé stante. Altri accorpano le tematiche ad essa afferenti a discipline quali storia o geografia. Infine, alcuni paesi – tra cui l’Italia – promuovono un’educazione alla cittadinanza trasversale a tutte le discipline e affidano quindi le sue molteplici ma fondamentali tematiche a tutti i docenti, perché sappiano promuoverle nel contesto adeguato per l’età dei bambini e per il grado di consapevolezza che si vuole sollecitare.
Personalmente, sebbene trovi interessante la scelta di porre un monte ore dedicato all’educazione alla cittadinanza, con l’intento immagino di garantire un effettivo percorso significativo di insegnamento di questa grande area educativa, credo sia invece più corretto che questa area, non riconducibile a una disciplina né a una sola “educazione”, permei tutto il fare scuola dei professionisti che collaborano all’istruzione e all’educazione degli allievi.
Come ci insegna Edgar Morin nella sua pubblicazione “Sette lezioni sul pensiero globale”: “di fatto, in particolare nell’ultimo secolo, la specializzazione disciplinare ha apportato molte conoscenze , ma ha generato una conoscenza incapace di cogliere la multidimensionalità dell’umano, e determina un’incapacità intellettuale di riconoscere i problemi fondamentali e globali della nuova condizione umana". Morin concorda con Heiddeger: "mai abbiamo avuto a disposizione tante conoscenze sull’uomo e mai come oggi sappiamo così poco di ciò che è l’essere umano.”
Potremmo dire allora che oggi fare educazione alla cittadinanza è un impegno che coinvolge prima di tutto noi, corpo docente, categoria di professionisti che hanno scelto la promozione dell’uomo, della sua identità e delle sue potenzialità come ambito di lavoro. Si tratta prima di tutto di lavorare su noi stessi, sul nostro modo di essere cittadini. E di riallacciare legami tra le educazioni frammentate, parcellizzate, riconducendo pratiche virtuose a sguardi sul mondo, a modi di stare al cospetto del reale.
Le scuole pullulano di “buone pratiche” ed è bene che si insista su progetti quali il consumo di frutta all’intervallo, l’educazione alla raccolta differenziata, l’abitudine a muoversi a piedi o in bicicletta quando possibile, il rispetto per le piante e per gli animali, il rispetto per le diversità, …e via dicendo. Ma ho l’impressione che a volte queste pratiche rimangano fini a se stesse, o meglio vengano praticate senza un vero senso di appartenenza e intenzionalità a quei gesti: accade che bambini e ragazzi che fanno correttamente la raccolta differenziata, poi non si pongano domande su come sia possibile ridurre in partenza il consumo di imballaggi in plastica. E ancora: alunni abituati a mangiare frutta a scuola non sempre crescono con la curiosità di sapere quali ingredienti si nascondono in un hamburger del fast-food, in una merendina confezionata o, nei migliori dei casi, da dove viene e quali proprietà contiene la frutta che mangiano. Se ci spostiamo su tematiche più complesse, potremmo analogamente dire che è frequente vedere alunni e famiglie che collaborano per raccolte di materiale, sia esso vestiario o di tipo alimentare, per i “più poveri”, ma non sempre a queste attività si accompagna un’attenzione alle difficoltà di chi è vicino, di chi si sente escluso, di chi vive fragilità e povertà forse meno evidenti della fame e del bisogno di generi di prima necessità.
Scriveva Luigina Mortari nel suo splendido “La ricerca per i bambini” (2009): “da riservare all’altro è una certa qualità dell’attenzione: un’attenzione sensibile, che si presenta come tensione vigile sull’altro. Un’attenzione che possiamo definire etica.” È un discorso che riguarda chiunque faccia ricerca. Poiché gli insegnanti, con i loro alunni, sono costantemente in atteggiamento di ricerca, anche e soprattutto lavorando sull’educazione alla cittadinanza è bene sviluppare un’attenzione etica a ciò che si va indagando, stimolando soprattutto domande, interrogativi e riflessioni sul perché si promuovono alcune pratiche, quali valori si vogliono sostenere, quali diritti si vogliono sottolineare.
Fare educazione alla cittadinanza è allora prima di tutto svuotare la mente rispetto ai pregiudizi e alle pre-comprensioni dell’altro, lasciarsi interrogare dal volto dell’altro e salvaguardare la sua alterità nel riconoscimento dell’uomo come “essere in relazione”.
L’esperienza fondamentale che credo vada promossa, in concomitanza con altre esperienze virtuose con la natura, con i più svantaggiati, con i “diversi”, è prima di tutto un’esperienza di pensiero, di riflessività, perché ogni pratica sia sostenuta e intrisa di quell’intenzione, quella cura così ben interpretata dal motto di Don Lorenzo Milani, “I care”, che significa mi importa, mi sta a cuore.
Per fare tutto questo occorre una scuola partecipata, conviviale, che vive e quindi insegna l’intima connessione di tutte le cose, come la società che sognava il filosofo austriaco Ivan Illich (1926-2002); un umanista che, all’interno della sua aspra critica alle istituzioni tra cui anche la scuola (il suo “Descolarizzare la società” ne esplicita fin dal titolo chiaramente il punto di vista), mantenne sempre una grande fiducia nell’uomo come essere conviviale, e nella società come forza per il cambiamento.
È allora in questa scuola che c’è, in ogni dove, in ogni momento, educazione alla cittadinanza.
Bibliografia
- R. Folli, M.Màs Solé, Io partecipo, Pearson Italia 2013;
- M.Màs Solé, Crescere diritti, Terre di mezzo Editore, 2008;
- E. Morin, 7 Lezioni sul pensiero globale, Raffaello Cortina ed., 2016;
- L. Mortari, La ricerca per i bambini, Mondadori Università, 2009.