
Progettare per includere
Come osservare alunno e contesto per progettare piani educativi inclusivi
INCLUSIONE - In collaborazione con CeDisMa
Se includere è il compito della scuola, è necessario capire come includere. Includere tutti, ciascuno con la sua unicità. Osservare il contesto con il quale gli alunni si trovano ad interagire – contesto relazionale e didattico, fisico e organizzativo – è il primo passo per creare una condizione di benessere, che porta miglioramenti sensibili anche sull’apprendimento. Questa premessa, al di là dei documenti ministeriali, è indispensabile per progettare qualunque piano educativo davvero inclusivo.
di Lucia Fracassi
Includere è il compito precipuo della scuola. La sua azione didattica ed educativa infatti è rivolta a tutti, all’intero gruppo classe, nessuno escluso. Fare spazio a tutti in modo che ciascuno trovi il suo percorso è la chiave del successo formativo. Un successo non dato semplicemente da risultati numerici, ma da percorsi accoglienti e significativi.
Nel panorama dei Bisogni Educativi Speciali, il terreno di riferimento diventa l’impostazione che si richiama all’ICF, la classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute, che descrive le situazioni di vita quotidiana in relazione al loro contesto ambientale evidenziando l’unicità di ogni persona, piuttosto che mettere in risalto la sua salute o la sua disabilità. Si tratta di un sistema bio-psico-sociale che classifica le condizioni di salute in relazione al contesto di vita. Il contesto può infatti favorire o limitare alcune azioni, rispondere in modo adeguato o non rispondere a specifici bisogni. La relazione con il contesto con cui qualsiasi persona si trova a interagire può migliorare le performance e agire per un miglior benessere che nel caso della scuola favorisce, tra gli altri aspetti, l’apprendimento.
Il nuovo PEI si muove in quest’ottica, dalla quale dobbiamo partire ponendoci alcune domande. Comprendere infatti il profilo di funzionamento significa riuscire a stabilire un collegamento tra ciò che viene programmato e le reali possibilità di evoluzione e maturazione dell’allievo nella nostra classe, in quello specifico luogo, visto come ambiente di apprendimento. Osservare per conoscere, porre obiettivi realizzabili attraverso strategie adatte al contesto oltre che all’alunno diversamente abile, progettare in modo didattico-disciplinare, e quindi valutare, sono i compiti richiesti.
Come e cosa osservare è il primo tassello che il team è chiamato a svolgere.
Si osserva sia l’alunno che il contesto. Nel documento ciò è presentato in modo separato, ma nella quotidianità dell’azione educativa e didattica è da considerare in modo sinergico.
Le dimensioni da osservare rispetto all’alunno sono quattro, tutte importanti e interrelate e passano dalla relazione, alla comunicazione, alle autonomie, fino ad arrivare all’apprendimento. In qualche modo viene ricordato che, prima di occuparci delle performance dell’apprendimento formale offrendo immediatamente schede sui prerequisiti e sulle abilità strumentali, dobbiamo domandarci come è la relazione, come funziona la comunicazione, quali autonomie sono presenti, cioè elementi essenziali per lo sviluppo e dai quali dipendono gli apprendimenti di base.
Il linguaggio è funzionale a una comunicazione? Riesce a raggiungere e a sostenere una relazione tra i pari? Queste domande ci ricordano che la scuola è plurale e che ogni intervento educativo deve poter favorire la socializzazione tra i pari. Prendersi tempo per saper dire quale rete relazionale è presente nella classe e che posto occupa l’alunno diversamente abile non fa riferimento solo alle sue performance socio-relazionali, che per alcuni disturbi possono essere una caratteristica peculiare, ma chiede di mettere in campo esperienze/giochi per tutti e di osservare come l’alunno si muove, con lo scopo di individuare le strategie migliori per potenziare le competenze, talvolta minime, e far leva sul contesto.
Nella dimensione del linguaggio e della comunicazione ci si attende una dinamica visibile nel turno di parola, nella comprensione e nella pragmatica comunicativa, da cui emerge la pertinenza dell’intervento. Conversazioni collettive attorno a un tema, attività di coppia con un semplice compito da svolgere, esperienze di tutoring, verificando volta per volta come funzionano, aiutano a comprendere l’uso del linguaggio e della comunicazione tra pari scoprendo quali sono i mezzi privilegiati e quali le competenze comunicative. Il rischio infatti è spesso di collocarci solo dal punto di vista dell’adulto, da non escludere, ma nemmeno da enfatizzare. La dimensione dell’autonomia e dell’orientamento ci porta a focalizzare l’attenzione sulle conquiste realmente presenti, anche se con alcune criticità. Spesso, infatti, nei compiti di cura emerge la tentazione di sostituirci all’alunno; osservare come gestisce in autonomia il materiale scolastico, dove si collocano le autonomie personali, come si muove nell’ambiente, cercando di cogliere le abilità presenti dalle quali partire a progettare, sarà il compito iniziale.
Le abilità di autonomia attese sono quelle della classe di appartenenza messe in relazione alla condizione diagnostica. Se ci troviamo nelle prime classi, è probabile che più alunni siano in una condizione tale per cui necessitano il sostegno nelle autonomie scolastiche; ciò è favorevole alla progettazione di interventi orientati della conquista delle autonomie per tutti. Imparare a gestire l’astuccio o il diario richiede massima attenzione e abilità sottese che non possiamo dare per scontate. Queste dimensioni non esulano dall’apprendimento, ma lo sostengono e lo fanno in modo plurale, ovvero con il coinvolgimento della classe.
Leggere la dimensione cognitiva ci permette infine di capire su quali abilità e su quali competenze possiamo partire nell’insegnamento disciplinare, come raccordarsi con il percorso di classe, quali elementi valorizzare per un progetto curricolare che porti a una reale crescita.
Il nuovo documento ci chiede poi di osservare il contesto, ma se nell’osservazione delle dimensioni avremo proposto attività, giochi ed esercizi che coinvolgono coppie, piccoli gruppi e l’intera classe, sarà una conseguenza abbastanza scontata capire quali barriere impediscono la piena attuazione del piano e quali facilitatori sono presenti. Il contesto al quale riferirci è sia quello relazionale e didattico, sia quello fisico e organizzativo. La posizione dei banchi, l’uso della LIM, la predisposizione di materiali, l’uso del computer, i tempi e le routine dovranno essere posti sotto la lente per capire ciò che potrebbe direttamente o indirettamente essere un ostacolo. In questo senso, ricordiamo che la scuola deve essere caratterizzata da flessibilità organizzativa: per esempio, il posto dell’alunno diversamente abile potrebbe subire variazioni a seconda dei bisogni, con un equilibrio tra la necessità di favorire l’attenzione e quella di facilitare la relazione con i pari e tenendo anche conto del bisogno di defaticamento spesso presente in alcuni disturbi. Ciò si sposa con una dinamica degli spazi dell’intera classe, che si dovrebbe adattare al lavoro proposto e agli obiettivi individuati.
La stesura degli obiettivi, sia relativi alle dimensioni che pensati per il percorso curricolare e disciplinare, sarà una normale conseguenza dell’analisi dell’osservazione. Per esempio, se avremo osservato nella dimensione della relazione, dell’interazione e della socializzazione una particolare chiusura con tendenza all’isolamento, saremo chiamati a porre come obiettivo la facilitazione all’interazione prima in coppia e poi in piccolo gruppo in senso tassonomico, prevedendo la mediazione dell’adulto. Le attività e le strategie richiameranno alla facilitazione con la proposta di compiti in coppia, partendo da quelli più semplici e familiari per l’alunno, fino ad arrivare a compiti nuovi, calendarizzando tali opportunità (per esempio un’ora al giorno dedicata al lavoro in coppia per tutta la classe). La dimensione cognitiva, neuropsicologica e dell’apprendimento avrà come obiettivi tanto il sostegno alle funzioni esecutive, quali l’attenzione e la memoria, quanto lo sviluppo di strategie per la soluzione di compiti, prevedendo strumenti compensativi come le task analysis o le agende visive. Lo sviluppo e il consolidamento delle competenze peculiari quali la lettura, la scrittura e il calcolo troveranno un posto centrale. In questo senso, strategie e strumenti possono ricercarsi in attività didattiche da proporre a tutta la classe ma anche al singolo alunno, non trascurando la possibilità di accedere ad applicativi tecnologici che sanno sostenere alcune abilità e contemporaneamente motivare.
Sulla progettazione del percorso curricolare-didattico è necessario porsi nell’ottica di leggere il curricolo della classe in modo da evidenziare i possibili punti di contatto e i tratti del percorso comuni all’alunno diversamente abile, pensare a quali semplici adattamenti e quali differenziazioni prevedere per personalizzare la didattica. La situazione deve essere ben posta: lo scopo è quello di apprendere secondo uno stile che incontra le reali capacità tenendo conto del percorso della classe.
Per esempio, nell’ambito del calcolo in classe seconda, se la progressione dei numeri con decine e centinaia impedisce il consolidamento del significato di operazioni quali addizione e sottrazione, proporremo una varietà numerica più ristretta come per esempio la prima decina controllabile anche con l’uso delle mani, o concretizzabile con oggetti, puntando all’autonomia dell’esecuzione. Oppure, nel percorso di letto-scrittura, dove l’uso di un carattere come il corsivo impedisce il controllo ortografico e la possibilità di espressione, favoriremo l’uso dello stampato; la difficoltà nella scrittura potrà essere sostenuta nel suo senso espressivo anche con immagini. Nel caso di disabilità sensoriale, l’uso del braille o del dettato vocale con il PC, l’uso della LIS potranno sostenere il percorso intrecciandosi con quello dei compagni. Diversificare, infatti, può semplicemente concretizzarsi nel proporre diversi mezzi, o adattare il contenuto mantenendo saldo l’obiettivo: “operare con addizione e sottrazione”, nel primo esempio, “scrivere in autonomia frasi di senso compiuto” nel secondo. Il confronto con la programmazione della classe aiuta a comprendere come personalizzare e come rendere il percorso curricolare il più possibile omogeneo.
Pensare al lato organizzativo e all’orario dello stare a scuola significa saper riconoscere i bisogni, anche quelli di defaticamento o di individualizzazione dell’insegnamento, da poter collocare sia in classe che in spazi differenti da quelli della classe, se necessario. Collocare tali scelte nello spazio e nel tempo con la chiarezza di una routine giornaliera e settimanale incide positivamente, perché tende a mettere al centro ciò che è veramente utile nel percorso, mantenendo la flessibilità organizzativa collegata al percorso specifico.
I criteri di valutazione terranno conto del livello di autonomia, della tipologia della situazione, delle risorse e della continuità adattando la descrizione rispetto alla descrizione dei processi di apprendimento, quindi al grado di personalizzazione attuata.
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