L'ansia da prestazione scolastica

ansia da prestazione

Andare al massimo o… andare in ansia?

GENITORI, FIGLI E SCUOLA

Meno conosciuta di altre, controversa e persino difficile da ammettere, l’ansia da prestazione scolastica è una problematica complessa da analizzare e sta alla base di problemi non indifferenti, sia a scuola che in famiglia.

di Vincenzo Ruta

Con l’ingresso di un bambino alla scuola primaria, tutta la famiglia vive un grande cambiamento: dall'oasi della scuola dell’infanzia, dove si impara giocando e le valutazioni appaiono più blande e certamente rimangono “sotto traccia” per il diretto interessato, si passa a un ambiente che esplicitamente è investito del dovere di stimolare conoscenze, abilità, competenze e di valutare il percorso di ogni bambino, sia in itinere, sia nei suoi raggiungimenti.

La speranza che un figlio si trovi bene a scuola si accompagna quindi non di rado a un’altra aspettativa forte: che vada bene, con buoni risultati nelle discipline, e che le valutazioni degli insegnanti realizzino il sogno di un figlio bravo a scuola. L’anticipazione di un uomo realizzato e di successo domani.
L’amore per un figlio contempla eccome queste speranze, ma la complessità della società odierna, con le sue sfide, può trasformare le speranze in apprensioni, in timori o in vere e proprie ansie. L’immagine di una scuola che da decenni non si limita più al leggere, scrivere e far di conto, strutturata per ambiti di apprendimento e discipline, con obiettivi generali e specifici che puntano ad abilità, conoscenze e competenze, ha ora un impatto determinante sulle percezioni della famiglia.
I genitori riflettono, si interrogano, si creano maggiori aspettative rispetto a un tempo.
Le pressioni che attraverso i media e le esperienze lavorative vengono esercitate dalla società adulta, pervasa da una competizione a tutto campo che coinvolge situazioni di vita e relazioni, conducono talvolta alla sensazione che il futuro di un figlio sarà più probabilmente garantito a partire da risultati immediati e positivi in ambito scolastico. Si tratta di una visione che, pur contenendo elementi di verità, non è però sufficiente a stabilire i criteri per la crescita globale di personalità serenamente realizzate. Una visione che, se non apre il suo campo di osservazione alla complessità educativa, alla riflessione sul concetto pieno di successo formativo, non solo non consente ai bambini di crescere bene, ma apre la strada al consolidamento di una cultura problematica: quella del successo a ogni costo, del primato sempre e comunque. E per qualcuno, se le premesse per quel genere di successo non si verificano da subito a scuola, l’insorgere dell’ansia da prestazione è dietro l’angolo.

Anche in contesti familiari meno ansiogeni, tra i bambini, quando ciascuno prende gradualmente consapevolezza del fatto che la scuola valuta e talvolta “misura”, il giudizio degli insegnanti e i risultati dei compagni fanno scattare spesso una molla interiore: quella del confronto, dell’aspettativa, del desiderio naturale di essere nel posto giusto e al momento giusto, ma anche di essere “nel modo giusto. A conferma di quanto detto sta il cambiamento di percezione dell’esperienza scolastica che si registra in molti alunni dopo i primi mesi di scolarizzazione. I bambini cui facciamo riferimento, dopo aver ricevuto le prime pagelle, perdono la serenità provata inizialmente nel vivere attività, vita di classe, nuove relazioni ed esperienze, e vivono sensazioni meno liberanti, le loro prime preoccupazioni sul rendimento scolastico, oppure si chiudono in una sorta di rassegnato fatalismo, come se temessero di essere già stati “etichettati” e di non poter fare molto per cambiare la propria sorte.
Altri ancora reagiscono mostrando una spiccata competitività e ponendo il voto come meta dello stare a scuola, rischiando di passare dal “guarda cosa so fare” al “guarda quanto ho preso”.

Un problema che riguarda il sistema “scuola – famiglie – bambini”

Se da un lato gli insegnanti si sentono sotto pressione per obiettivi e traguardi di competenza da raggiungere con intere classi, dall'altro le famiglie si ritrovano a fare i conti con una molteplicità di temi educativi, di processi da elaborare e monitorare, tra i quali la scuola è uno dei principali. Fare sintesi di tutto e saper dare il giusto equilibrio al feedback dei diversi ambienti educativi in cui il proprio figlio cresce non è così agevole.
I feedback più comprensibili e istantanei sono quindi certamente i primi voti scolastici, i risultati delle verifiche e le medie di questi sulle schede di valutazione. Alcune famiglie vivono serenamente tali passaggi, per altre può essere diverso. Troppo spesso il raggiungimento di una valutazione viene direttamente correlato alla riuscita definitiva in un determinato settore. Oltre a ricercare garanzie sul futuro del figlio, i genitori sono in qualche caso all'inconscia ricerca di una conferma sulla propria impostazione educativa, sulla propria figura, e la scuola è un’istituzione forte con cui confrontarsi. Il nodo cruciale è rendersi conto e tener presente costantemente che i risultati scolastici sono uno degli aspetti su cui lavorare con il proprio figlio, indicatori importanti sì, ma non esclusivi del benessere e del buon crescere di un bambino.

ansia da prestazione

Vado bene a scuola – dunque sono nel giusto

Accade allora a volte che alcuni bambini, per loro natura, per la loro storia personale o familiare, percepiscano la scuola come lo specchio del proprio essere “giusti” o “sbagliati”. “Andare bene a scuola” viene progressivamente interiorizzato come la condizione preliminare per essere accettati e amati, come ciò che va fatto per garantirsi una posizione gratificante e inossidabile, a casa e all'interno del gruppo classe.
In questi casi i bambini manifestano il disagio dell’ansia da prestazione nelle forme più disparate: mal di pancia associato qualche volta a mal di testa, stanchezza generalizzata, sensazione di mente offuscata, perdita di interesse per la vita scolastica, insicurezze e paure precedentemente non manifestate, ansia da separazione dall'ambiente familiare, crisi di panico, aggressività nel gruppo classe o in particolare verso alcuni compagni.
Spie d’allarme che famiglia e scuola non dovrebbero mai sottovalutare.
Oltre al fattore psicofisico, infatti, ciò che entra maggiormente in crisi è la dimensione di una “prospettiva dell’apprendimento”, dell’imparare ciò che serve in un orizzonte stimolante che va oltre il nove e il dieci.
Rischiano di venir meno la motivazione e l’impegno in una visione prospettica di medio e lungo periodo, per una realizzazione completa non solo come primi della classe, ma come persone che sanno operare positivamente e costruttivamente nell'ambito di gruppi sociali.

Lavorare insieme: guardare al traguardo con attenzione ai percorsi

La correlazione stretta che alcune famiglie, già dalla scuola primaria, operano tra la resa scolastica e il successo futuro, anche con riferimento a quello lavorativo ed economico, sposta inevitabilmente la loro attenzione sui momenti di traguardo e sui vantaggi a breve termine, privando di importanza la fase dei percorsi e dei processi di apprendimento, che, anche quando evidenziano alcune criticità, hanno una valenza formativa decisamente maggiore.
La scuola stessa oggi è investita di un ruolo ben più ampio di quello strettamente didattico e i docenti stessi sanno che il loro punto di vista sull'alunno va a far parte di un più complesso quadro educativo, di un cammino in evoluzione, che si snoderà tracciando più linee all'interno di una prospettiva spaziosa e creativa, dove gli adulti di riferimento e tutti coloro che nella vita del bambino svolgono funzione educativa potranno contribuire a supportare la crescita e la maturazione della persona.

Primo a scuola o pronto per la vita?

Come possiamo, in qualità di adulti, evitare l’ansia da prestazione scolastica e i rischi che ne derivano?
La risposta, specialmente in termini comportamentali, non è sempre facile da trovare.
Molti degli atteggiamenti educativi che mettiamo in campo con i nostri figli sono dettati da convinzioni interiori stratificate nel tempo. A strutturarle intervengono l’educazione che abbiamo ricevuto da giovani, il modello pedagogico nel quale siamo stati immersi, le esperienze lavorative, le storie personali, i messaggi dei mass-media, i valori che la cultura contemporanea tende a imporre e non ultimo il modello educativo che si instaura e si condivide tra scuola e famiglia. Infatti anche gli insegnanti sono chiamati a giocare con noi un ruolo importante, in relazione d’aiuto.
La ricerca di un equilibrio in questo turbine di elementi è possibile, ma necessita di punti di riferimento chiari. Uno tra tutti la consapevolezza che la scuola è un interlocutore importantissimo che racconta alcuni aspetti della persona in crescita, evidenzia successi e cadute, slanci e momenti di arresto, periodi di cambiamento improvviso e momenti di stanchezza. I voti e le valutazioni sono indicatori che possono aiutare i bambini stessi a comprendere meglio i propri percorsi di apprendimento e certamente le famiglie a supportare, affiancare, incoraggiare dove necessario, ma non sono l’unico indicatore di felicità o di crescita serena del proprio bambino.

La vita, già a scuola, presenta a chiunque l’impossibilità di essere sempre “al top”, di essere il migliore in ogni disciplina e in qualunque situazione. Quando si presentano le prime difficoltà, l’impreparazione psicologica allo scivolone o a piccoli fallimenti, può rivelarsi una peggior lacuna rispetto a una mancata conoscenza o a un compito non svolto in modo adeguato. Guidare un bambino ad accettare l’eventuale “caduta”, a saperci convivere considerandola “l’altra faccia della medaglia”, contribuirà a creare una personalità più coraggiosa e realisticamente vincente. Più facilmente riescono nell'intento quei genitori che raccontano ai figli le difficoltà che possono aver avuto loro stessi come allievi, come si sentivano quando erano bambini e cosa li ha aiutati a superare gli ostacoli della loro vita da studenti.
C’è una distanza significativa tra il “puntare a essere il numero uno” e l’ “essere inclini a fare del proprio meglio” come stile di vita, prescindendo dal risultato. Può essere questo il cambio di marcia che nel bambino trasforma l’ansia da prestazione in voglia di riuscire: attitudine positiva e rigenerante.

L’impegno e lo sforzo ai bambini vanno pretesi, ma in una prospettiva molto attenta e rispettosa dei loro stili di apprendimento e delle inclinazioni personali, con obiettivi misurati e realistici, dando meno importanza al voto conseguito, per dilatare invece lo sguardo all'intero percorso e alla sua BELLEZZA.

Un suggerimento in più

Per approfondire il tema dell’ansia da prestazione a scuola (ma anche altri temi di quotidianità scolastica), suggeriamo la lettura in famiglia di:

Titolo: “I due Jack
Autore: Tony Bradman
Casa editrice: Sinnos editrice
Anno di pubblicazione: 2013
Pagine: 60

Jack Pane e Jack Pena sono compagni di classe. Il primo è l’allievo che ogni insegnante desidererebbe avere in classe, l’altro un guaio ambulante. I due Jack sembrano proprio rappresentare la perfezione e il disastro. Ma grazie a un banale errore di associazione commesso da una supplente, ciascuno dei due Jack si libererà del proprio ruolo imbrigliante e riscoprirà aspetti dimenticati di sé…

i due jack

 

Vincenzo Ruta, docente di Scuola primaria e Collaboratore Vicario dell’Istituto Comprensivo di Trana (TO), da molti anni è referente d’Istituto per i Bisogni Educativi Speciali e i Disturbi Specifici di Apprendimento. In provincia di Torino ha tenuto numerosi corsi di formazione per docenti di ogni ordine e grado sui DSA ed è autore per Pearson Italia.