Valutazione. Una bella opportunità
Vivere in famiglia la valutazione scolastica
GENITORI, FIGLI E SCUOLA
Attraverso il presente contributo vogliamo riflettere su come scuola e famiglia, se in rapporto dialogico trasparente, possono acquisire uno sguardo più ampio e concorrere ad accompagnare e sostenere il percorso di crescita di ogni bambino, integrando i propri punti di vista e collaborando a realizzare il suo successo formativo.
“Quest'anno avrai la pagella...”
Se facessimo una graduatoria delle frasi più gettonate quando i nostri figli si affacciano sulla soglia della Scuola Primaria, questa sarebbe senza dubbio una di quelle vincenti.
Quante ansie dal momento in cui si entra in quella che alcuni, non proprio correttamente, considerano come la scuola vera e propria.
“Finchè andava alla Scuola dell’Infanzia era un cosa, ma adesso…imparerà a leggere e scrivere? Riuscirà a comprendere? E a reggere i nuovi ritmi? Starà fermo?”
Sono domande comuni e nello stesso tempo assillanti quando ci toccano. Perché?
Tra le cause principali non c’è solo la presa di coscienza che nostro figlio si trova ad un passaggio cruciale del suo percorso scolastico. C’è invece la consapevolezza che “non andrà tutto bene sempre e comunque”, perché da quel momento il sistema, incarnato nelle figure degli insegnanti, ci dirà come vanno le cose.
Con i voti.
La valutazione, solo una parola fino a quel momento, inizia a toccarci sul vivo con il suo carico di considerazioni, che noi genitori traduciamo rapidamente in giudizi sul nostro bambino e perché no, del nostro stesso operato.
Per non parlare della consegna della pagella (download elettronici a parte), momento che ci trova tutti a scuola, ansiosamente in attesa del nostro turno di sentire cosa le maestre ci devono dire: insomma un primo esame per tutta la famiglia.
“Ma come fanno a valutare mio figlio?”
Alcune volte le cose vanno bene e durante il colloquio con gli insegnanti ci si trova in sintonia, perché hanno inquadrato il bambino come mediamente ci aspettavamo. E se la scheda di valutazione riporta i voti sperati…ancora meglio! Si conferma l’autovalutazione prefigurata in casa e, come ciliegina sulla torta, scatta la promozione delle insegnanti a “brave maestre”, di quelle che hanno davvero capito il bambino.
Ma la realtà non è sempre la stessa.
Dopo le prime pagelle, se il quadretto precedente si dissolve, la valutazione va a costituire un problema che, con effetto a cascata, può crearne altri.
Prima ancora che sull’aspetto didattico, la valutazione che più comunemente suscita divergenze è quella sul comportamento. Ci sono famiglie che iniziano a chiedersi se le osservazioni dei docenti siano del tutto oggettive (nell’erronea convinzione che possano esserlo), se ai compagni con atteggiamenti discutibili siano state assegnate le stesse valutazioni, se non ci siano preferenze e se le regole stabilite siano così importanti. Senza ammetterlo direttamente, entrano talvolta in conflitto due sistemi di riferimento valoriale: quello familiare, consolidato in un ambito affettivo ristretto, e quello scolastico, dove si impostano regole per gruppi più numerosi e si deve tener conto di molte variabili.
È così che le diversità di interpretazione dei valori danno origine alla domanda che, seppur fuorviante, è piuttosto comune: “Ma quest’insegnante vuole bene al mio bambino?”
Diventa quindi essenziale impostare una corretta comunicazione tra scuola e famiglia. La grande occasione da non perdere è quella del colloquio con il team docente. È il momento nel quale la relazione avviene tra adulti che, con ruoli diversi, ricercano insieme le verità profonde sulla soggettività del bambino, sui suoi stili di apprendimento, sulle affinità elettive e sulle predisposizioni che permetteranno di guidarlo a perseguire l’obiettivo comune nella sua educazione: la formazione di una personalità positiva ed equilibrata, che si senta accompagnata verso un successo formativo da condividere domani nella società.
In questi termini la relazione scuola-famiglia non può che essere a doppio senso di marcia. Comprenderà sia la valutazione del team docente sull’esperienza vissuta dall’alunno in un determinato periodo, sia la valutazione che la famiglia fornirà di quella stessa esperienza vissuta da casa, da un altro punto di vista non meno importante.
E quante volte insegnanti e genitori rimarranno sbalorditi sentendo com’è il bambino al di fuori del loro ambito d’intervento!
Di conseguenza i genitori hanno il diritto-dovere di richiedere chiarimenti sui contenuti, sulle strategie, sui metodi e soprattutto sui criteri che hanno condotto a una determinata valutazione. Quanto più scuola e famiglia sanno costruire insieme questa “integrazione valutativa”, tanto più i termini “allievo” e “figlio” si avvicinano, fino a diventare le due facce naturali della stessa medaglia.
Valutazione e relazione
In merito alla valutazione il ruolo dei genitori non è certo quello di passivi ascoltatori, che si limitano a prendere atto di una comunicazione. Richiedere spiegazioni lineari sugli elementi che hanno composto un giudizio sta nei propri diritti, ma soprattutto nei doveri che la famiglia deve assumersi con serenità e determinazione.
Sapere più esattamente quali sono i contenuti chiave che la scuola sta presentando ci consente, una volta a casa, di concentrarci con maggior precisione per aiutare concretamente il bambino. Lo stesso vale per la comprensione delle strategie suggerite a scuola in vari ambiti: ci guida a ripercorrere i passaggi seguiti, a verificare su quali scalini si è inciampata la comprensione, a confrontare le strategie di oggi con quelle che usavamo noi a quell’età.
Ed è ancora la famiglia a dover riferire ai docenti i risultati ottenuti a casa, che danno ragione o meno delle strategie di apprendimento proposte a scuola. Un buon insegnante, consapevole che esistono tanti metodi per imparare quanti sono gli stili di apprendimento, saprà accettare positivamente questo confronto.
Il punto in questione non è la definizione su chi dei due ha ragione. Sta piuttosto nel vincere insieme la scommessa educativa, affinché ogni bambino sia guidato sulla strada per lui più percorribile per raggiungere l’obiettivo.
I genitori devono essere messi nelle condizioni di comprendere due fattori: gli obiettivi educativo-didattici che la scuola vuole raggiungere e i criteri stabiliti per la valutazione dei percorsi. Sono importanti elementi di conoscenza su cui la famiglia può fare maggior leva per rispondere ai “perché” del figlio sui voti conseguiti.
La serenità del bambino, infatti, è direttamente legata alla capacità degli adulti di spiegare gli eventi. Sentire nel profondo che il genitore lo sa accompagnare, indicandogli come percorrere i sentieri della conoscenza, fornendogli strategie alternative e con fiducia nell’operato degli insegnanti, costruisce nel bambino una stabilità emotiva importante. Quella che gli permetterà di affrontare ostacoli vecchi e nuovi con slancio diverso. Anche se si presentassero fallimenti. Ma con la sensazione interiore che investire ancora energie nell’apprendimento non solo è possibile, ma è la carta vincente.
In fondo il successo non sta nel risultato. Sta invece nel percorso, che comprende anche battute d’arresto.
E la valutazione, quella formativa, serve proprio per rialzarci dalle cadute, non per certificarle.
Genitori che trasmettano questa idea di valutazione costruiranno per i figli un’impalcatura psicologica solida, tipica di personalità solari e realizzate.
Un voto non è per sempre
“La mano, l’errore, il trionfo” è il titolo di un’interessante mostra di qualche anno fa su Giuseppe Verdi.
Vedere la lettera di non ammissione al Conservatorio di Milano, per un uomo che a tutt’oggi il mondo ci invidia, fu motivo di riflessione.
Verdi fu bocciato. Il documento lo definiva inadatto al pianoforte a causa di importanti questioni di postura. Fu una valutazione corretta? Veritiera?
La scuola ha fatto passi in avanti da allora e riflette per affinare criteri e metodologia valutative. Ma anche qui la famiglia ha un ruolo decisivo: il discernimento delle situazioni.
Relazionandoci con più insegnanti, da quelli più tecnici e selettivi a quelli più inclini alla promozione della personalità nel suo complesso, impariamo che molte valutazioni vanno inquadrate nel loro contesto.
Non si tratta di dire che “tutto è relativo”, ma di diventare buoni osservatori delle psicologie che compongono un team docente. Dopodiché non sarà così arduo distinguere l’impronta formativa e orientativa da quella più marcatamente classificatoria, impostata su criteri di sufficienza o insufficienza.
Diventa quindi strategico il ruolo del genitore che, oltre ad acquisire i dati di una valutazione meno positiva, richiede ai docenti indicazioni specifiche su percorsi e sussidi integrativi per uscire dalla situazione difficoltosa.
Ogni valutazione scolastica va operata nella consapevolezza che va a giudicare un momento spazio-temporale preciso, un obiettivo, una situazione per volta, spesso condizionata da più fattori collaterali.
Non potrà mai valutare l’intera personalità del bambino, tanto meno in una fase psico-evolutiva in continuo divenire, anzi, dovrà presentarsi anche come comunicazione orientativa.
Come un segnale stradale che ti indica la giusta via, non come un vigile che ti controlla in silenzio e ti dà la multa.
Insomma il voto basso preso oggi ci può sempre stare e diventa ancor più formativo se genitori e insegnanti lo trasformano in un trampolino che ti rilancia al largo, in mare aperto, verso orizzonti stimolanti.
Ma per fare questo scuola e famiglia devono cercare la sinergia giusta: quella che trasforma il giudizio dal “io valuto così” al “noi crediamo in te”.