A scuola di competenze

padre figlio gioco competenze

Per inquadrare il tema

LE PAROLE DELLA SCUOLA

Cerchiamo di fare chiarezza sul senso delle "competenze" a beneficio delle famiglie i cui figli frequentano la scuola delle competenze, cioè di quelle persone che non sono dei tecnici della didattica ma fruitori dei servizi della scuola e che hanno il diritto, ma anche il dovere, di conoscere e capire dove stia andando.

di Giovanni Marconato e Francesca Musco

Da qualche tempo a scuola non si parla più solo di "materie" o di "discipline" ma anche di "competenze". Per alcuni questo cambiamento è benvenuto perché segnala lo svecchiamento della nostra scuola e la sua apertura al mondo, per altri non si tratta di un miglioramento ma dello smantellato di un pilastro che ha sempre dato solidità ai saperi e valore a chi li possiede: le discipline.

Cercherò, in questo contributo, di fare chiarezza sul senso delle "competenze" e sull'apparente antagonismo tra queste e le conoscenze disciplinari e cercherò di farlo a beneficio delle famiglie i cui figli frequentano la scuola delle competenze, cioè a beneficio di persone che non sono dei tecnici della didattica ma fruitori dei servizi della scuola e che hanno il diritto, ma anche il dovere, di conoscere e capire dove stia andando.

Applicare le conoscenze e le abilità

Il concetto di competenza sta, sostanzialmente, a indicare cosa una persona sa effettivamente fare in una situazione particolare indipendentemente da come ha imparato a farlo e dalle conoscenze che possiede: ciò che conta è la "prestazione" che riesce a dare e il grado con cui ci riesce rispetto ad uno standard ritenuto ideale.

Immaginiamo di volere insegnare come si monta una tenda da campeggio. Ho proposto ai miei alunni una scheda con il lessico specifico di ogni parte, ho assegnato delle esercitazioni che favoriscano la memorizzazione dei termini e ho mostrato qualche video tutorial; quindi ho controllato che conoscano la giusta sequenza delle azioni. Infine ho terminato il nostro percorso con una bella verifica che possa dimostrare in modo quanto più oggettivo possibile che gli alunni si siano appropriati di questi contenuti e ne siano divenuti “competenti”.
Ma in pratica? I nostri ragazzi sarebbero in grado di montare una tenda da campeggio? Saprebbero riflettere sul procedimento reale, suddividersi i ruoli e organizzare il processo? Sono davvero competenti?

Un esempio reale

Negli ordinamenti scolastici italiani la parola “competenza” compare la prima volta per definire gli obiettivi a cui puntare al completamento dell'obbligo d'istruzione (il secondo anno della scuola superiore) e, per quanto riguarda il primo ciclo d'istruzione, con le Indicazioni nazionali del 2012 dove il "risultato" del percorso del ciclo non è più definito attraverso un ampio e dettagliato elenco di contenuti disciplinari ma attraverso un numero limitato di "competenze" che lo studente deve possedere per muoversi in autonomia e mettere in gioco conoscenze e abilità nella sua vita scolastica e non.

Questo approccio non è un'invenzione tutta italiana ma è la realizzazione di orientamenti assunti a livello di Consiglio d’Europa per poter rendere comparabili i percorsi scolastici dei diversi Paesi e i titoli di studio rilasciati nei diversi stati dell’Unione.

Tornando al significato di "competenza" possiamo dire che, in senso lato, rappresenta l'insieme di "risorse" che consentono a una persona di far fronte a situazioni complesse, di risolvere problemi impegnativi, di svolgere attività non ordinarie. Affrontare una situazione con competenza significa affrontare una sfida e vincerla.

Una persona "competente" è più ricca di una "istruita" e lo è perché è in possesso di molte più risorse; la persona competente possiede un buon repertorio di risorse conoscitive (le conoscenze disciplinari) ma anche risorse cognitive legate alla capacità di utilizzare il pensiero (analizzare, confrontare, riflettere, prendere decisioni, risolvere problemi), risorse personali (gestire il proprio tempo, tenacia, superare le difficoltà, creatività, assumersi responsabilità) e risorse sociali (lavorare in gruppo, prendere in considerazione il punto di vista degli altri, collaborare, condividere).

Tempo fa assegnai il compito di pianificare e organizzare un’uscita di studio presso un museo distante una ventina di chilometri dalla scuola. I ragazzi, ampiamente abituati a lavorare in piccoli gruppi, si attivarono prontamente. Contattarono il museo, chiesero i costi, fissarono la data della visita e l’orario: alle 10 in punto. Prepararono anche la richiesta di preventivo da inviare alle compagnie di noleggio bus indicando la data e l’orario di partenza. Nessuno degli alunni aveva considerato il fatto che occorre un tempo di spostamento, né erano in grado di quantificare questo tempo nonostante avessero partecipato a numerose uscite e gite.

Io agisco (i compiti autentici)

Come risulta chiaro, le conoscenze disciplinari sono solo parte delle competenze, ma certamente non esiste competenza senza conoscenza.

Una scuola che si pone come obiettivo lo sviluppo di competenze e non solo di conoscenze è una scuola che assume obiettivi alti, che punta allo sviluppo di una persona ricca di risorse, capace di affrontare le sfide che la realtà odierna pone. La didattica per le competenze, in cui tutte le scuole e tutti gli insegnanti sono occupati, è una didattica rinnovata rispetto alla tradizionale didattica delle discipline. È una didattica che non toglie i contenuti a favore di altro, ma semmai potenzia le capacità degli studenti di attivare le risorse conoscitive.
È una didattica dove gli studenti sono impegnati a risolvere problemi sempre più articolati, a svolgere attività sempre più complesse, a lavorare in gruppo, a costruire, a lavorare in contatto con la realtà. È una didattica dove l'insegnante crea esperienza di apprendimento per gli studenti, dove ciò che fanno gli studenti è altrettanto importante di quello che fa l’insegnante. È una didattica che porta il mondo a scuola e la scuola nel mondo.

È, anche, una didattica in cui possono intervenire le famiglie accompagnando gli studenti nell’esplorazione della realtà che li circonda, nell'aiutarli a capirla e, più in generale, è una didattica che chiede alle famiglie di integrarsi con gli insegnanti nello svolgimento delle attività di apprendimento e nel rilevare le "prove" della loro competenza.

È importante che gli alunni siano quanto più coinvolti in prima persona nei processi di apprendimento affinché oltre ai contenuti possano venire a contatto anche con i diversi aspetti della realtà, che nella scuola tradizionale difficilmente vengono considerati. Per questo motivo è importante che i ragazzi siano messi in condizione di “agire come” e non “fare finta di...”.

Alcuni esempi:

Io cittadino (Il parlamento di classe)
Nell’ambito dell’Educazione alla Cittadinanza, ho recentemente riproposto alla mia classe (una quinta della scuola primaria) l’esperienza del parlamento: chi voleva candidarsi come primo ministro poteva stendere un breve programma elettorale nel quale proporre alcuni miglioramenti per la vita scolastica. Il primo ministro, eletto democraticamente, ha poi scelto i diversi ministri (deputati all’ordine, alla ricreazione, al riciclo e risparmio energetico…) che lo avrebbero aiutato nel suo mandato. Questo “compito” oltre a permettere di comprendere meglio gli organismi istituzionali, sensibilizza i ragazzi riguardo all’importanza delle regole, insegna loro a discutere, dibattere, a riflettere sui meccanismi clientelari (spesso percepiti come gesti di amicizia) e sulla corruzione.

Io commerciante (Allestimento e gestione di una piccola rivendita di materiale di cancelleria)
Un compito autentico ha per sua natura l’implicazione, in maniera trasversale, di diversi contenuti disciplinari. L’allestimento di una piccola rivendita di materiale di cancelleria all’interno del plesso scolastico, ha permesso di praticare la lingua con la comunicazione formale e informale, la matematica attraverso la compravendita, la manipolazione di denaro, la possibilità di formulare ipotesi e verificarle, la pianificazione dei turni di lavoro, ecc.

Cambiare la prospettiva

Quando si parla di competenze nella scuola del primo ciclo non si fa riferimento a un'idea generica di competenza ma ad aspetti dell'agire competente ben definiti e descritti nel "profilo dello studente" previsto dal documento ufficiale emanato nel 2012 dal Ministero dell'istruzione al termine di scuola dell'infanzia, Primaria e Secondaria di primo grado.

Queste competenze fanno riferimento alla padronanza della lingua italiana e inglese, all’uso della matematica e delle conoscenze scientifiche per risolvere problemi reali, all’uso ricco e consapevole delle tecnologie, allo spirito di iniziativa e al saper lavorare con altre persone, all’assunzione di responsabilità e al rispetto di regole condivise, di sé, degli altri e dell’ambiente.

Non basta qualche compito autentico per formare le competenze, occorre allenarle, consolidarle costantemente ed esercitarle… anche a casa. All’interno di una scuola che lavora per competenze, il ruolo dei genitori non è affatto marginale, piuttosto è di stimolo e rinforzo al lavoro svolto in classe. Coinvolgere i bambini e i ragazzi nelle piccole commissioni, nella preparazione dei pasti, nella gestione della casa (anche questi sono compiti autentici!), permette loro di crescere come membri attivi della famiglia e della società. È anche importante che i genitori cambino la loro prospettiva riguardo alla scuola, poiché questa non è più la stessa che loro hanno frequentato e comprendano che il lavoro scolastico si svolge non solo su libri e quaderni, ma anche attraverso la costruzione attiva dei saperi con esperienze reali di ricerca di informazioni sul territorio o in internet e con la valutazione delle informazioni; lavorando in gruppo, discutendo, realizzando prodotti multimediali (video, blog…), utilizzando le conoscenze e le abilità per “fare”, “costruire” un prodotto interessante e stimolante.

Il ruolo dell’insegnante

Nella scuola delle competenze l’insegnante non è più costantemente al centro dell’azione didattica, ma diventa l’organizzatore o, per meglio dire, il consulente esperto che supporta, aiuta, consiglia e… osserva.

L’osservazione degli alunni diventa un momento importante di comprensione delle dinamiche e delle strategie che vengono messe in atto, inoltre permette all’insegnante di cogliere i punti di forza e le vulnerabilità di ciascuno, valorizzare le risorse personali. È compito dell’insegnante scegliere i compiti autentici. Questi devono essere onesti, coinvolgenti, realisticamente applicabili, coinvolgenti e ampi per mettere in moto i saperi e le abilità.

La valutazione

Queste competenze vengono certificate, nell'apposita scheda ministeriale e a cura dalla scuola frequentata, al termine della Primaria e del Primo ciclo, certificazione che attesta i risultati conseguiti da ciascun studente dopo 8 anni di scuola (i 3 dell'infanzia e i 5 della Primaria) e dopo 11.

Le scuole arrivano alla certificazione delle competenze dopo aver aiutato gli studenti a svilupparle e avendo raccolto "prove" durante quel lungo periodo scolastico.
La certificazione mette in evidenza il livello di competenza conseguito (sono previsti quattro livelli), dal livello alto di una competenza dimostrata agendo in autonomia e in situazioni complesse che richiedono un consistente impegno qualitativo e quantitativo (livello A) fino a un livello che dimostra la stessa competenza usata in misura minore, in situazioni semplici, che richiedono un impegno limitato e conseguendo quei risultati magari con l'aiuto degli insegnanti.

La didattica per le competenze prende in considerazione tutte le "risorse" possedute da ciascuno studente e punta al loro sviluppo in un clima di aiuto reciproco e valorizzazione delle differenze, per questo è una didattica inclusiva.

Anche la valutazione diventa un momento importante di crescita. Insegnanti e alunni all’inizio di un compito dovrebbero concordare i momenti e i prodotti che verranno valutati e quali risultati sono attesi. Al termine dei lavori l’analisi dei prodotti realizzati sarà una serena autovalutazione su ciò che ha funzionato e su quello che è da migliorare.
Ad esempio se tra i prodotti da realizzare per un compito autentico c’è una presentazione digitale a supporto di un’esposizione orale, la presentazione deve essere sufficientemente sintetica per aiutare il discorso, ma non troppo carica di effetti speciali che potrebbero distrarre il pubblico. Se questi criteri sono stati sufficientemente descritti preventivamente, sarà più semplice applicarli in fase di realizzazione e notarli in fase di autovalutazione.

 

Giovanni Marconato è psicologo e formatore, si occupa di strategie per apprendimento, di tecnologie per la didattica, di competenze nella scuola e nella formazione. È autore di alcuni volumi sulla didattica e tecnologie. Condivide le sue riflessioni ed esperienze nel suo blog.

Francesca Musco è insegnante di scuola primaria nella Repubblica di San Marino, si occupa da anni di didattica attiva e laboratoriale supportata dalle tecnologie digitali, approccio che la conduce all'esplorazione della didattica per competenze e all'uso dei compiti autentici. È formatrice e conduttrice di laboratori di didattica con le tecnologie.