La didattica inclusiva per gli studenti con DSA (e non solo)
Come la scuola garantisce il successo formativo di tutti e di ciascuno
BES E INCLUSIONE | SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO
La legislazione italiana attribuisce alla Scuola il compito di attivarsi per portare tutti i suoi studenti al successo formativo. La scuola allora, per sua missione, non può che essere inclusiva, in quanto deve svolgere la funzione sociale di ridurre i dislivelli culturali degli studenti, garantire il massimo rendimento scolastico a tutti, far convivere e promuovere le diversità e le potenzialità dei singoli soggetti.
adattamento da Bianca Maria Carrescia "Nessuno escluso", Pearson 2013
Partendo dal PTOF (Piano Triennale dell’Offerta Formativa), passando per il PAI (Piano Annuale per l’Inclusione) attraverso il GLI (Gruppo di Lavoro per l’Inclusione) la scuola è chiamata a progettare forme di didattica inclusiva per tutti gli studenti e per quelli con bisogni speciali in particolare. Secondo questi parametri la scuola diventa un luogo di crescita culturale e umana per tutti e per ciascuno, attraverso la valorizzazione, nel contesto classe, del singolo studente, con o senza BES. La presenza di studenti con Bisogni Educativi Speciali, in particolare, sollecita forme di didattica attive, modalità diversificate di lavoro, compiti calibrati sui bisogni e sulle potenzialità dei singoli, valorizzazione del gruppo come risorsa per sviluppare abilità e competenze di ciascuno.
La scuola è quindi chiamata a farsi carico delle difficoltà mostrate dagli studenti con BES, indipendentemente da diagnosi o certificazioni, con un approccio educativo, non clinico, individuando strategie e metodologie di intervento correlate alle esigenze educative speciali, nella prospettiva di una scuola sempre più accogliente, senza bisogno di ulteriori precisazioni di carattere normativo.
La necessità di una didattica inclusiva che tenga “tutti dentro” e che sia consapevole che “non c’è peggior ingiustizia di dare cose uguali a persone che uguali non sono” (Don Lorenzo Milani docet…) è garantita dalla legislazione italiana, tra le più avanguardiste in Europa, che ha emanato numerose leggi in proposito (solo per citarne alcune recenti, legge 170/2010 sui DSA, circolare del 2012 sui BES, eccetera).
Ma ancor prima, a fondamento dell’iter legislativo italiano in materia di inclusione, ricordiamo il dettato costituzionale che dovrebbe essere nel Dna della scuola:
Art 3 – Costituzione della Repubblica Italiana:
"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese."
Si tratta allora di lavorare per una didattica accessibile, in grado di rendere il percorso scolastico, oltre che maggiormente efficace, anche più piacevole e motivante, sia per gli studenti che per i docenti e di garantire a entrambi il raggiungimento di un concreto vissuto di successo personale. Una didattica che supporti non solo gli studenti con DSA o con altri BES, ma in cui tutti, anche le eccellenze, apprendano in maniera soddisfacente e funzionale, grazie all'utilizzo di strategie didattiche inclusive e innovative in grado di sostenere gli stili di apprendimento di tutti. “…Ciò che funziona per lo studente con DSA funziona per tutti, ma non è vero il contrario” (G. Stella).
La reale applicazione di una “democrazia dell’apprendimento” chiede a gran voce al docente di assumere una mentalità da ricercatore: un ricercatore che osserva il proprio gruppo classe e i singoli studenti, che impara a conoscerne le caratteristiche e le preferenze in termini di modalità di apprendimento, che cerca e sperimenta metodi e lavora a una didattica estremamente meditata nella sua fase progettuale. Un ricercatore che parta dalla reale conoscenza di chi si siede, o si sdraia, o si accartoccia davanti al banco di scuola. Un ricercatore che sappia comprendere cosa non funziona nel caso di ostacoli all’apprendimento e si metta in gioco per trovare proposte in grado di ri-accendere la disponibilità ad apprendere di ciascuno.
Come le Indicazioni Nazionali per il Curricolo evidenziano, e come gli insegnanti sanno ormai bene, i bisogni prioritari oggi riguardano non tanto il sapere, ma piuttosto il saper cercare, il saper distinguere, il sapersi orientare tra dati di diverso tipo, a volte contrastanti, il saper organizzare le conoscenze e riutilizzarle in contesti differenti. Ecco perché oggi l’enfasi è su una didattica orientata alle competenze.
All’interno di questo approccio, alcune metodologie particolarmente utili per realizzare concretamente l’inclusione sono:
- l’apprendimento cooperativo, un approccio che utilizza il lavoro di gruppo per il raggiungimento di obiettivi personali e di gruppo, con una duplice meta: risultati di tipo didattico e potenziamento delle abilità sociali;
- la didattica delle intelligenze multiple, che si fonda sulla convinzione che ogni persona possa sviluppare meglio i propri apprendimenti usando una molteplicità di canali apprenditivi;
- la didattica partecipativa, i cui capisaldi risiedono nella libertà e nel ruolo attivo assegnato a chi apprende, cui si lascia con fiducia scegliere come meglio lavorare, esprimersi, affrontare alcune sfide didattiche.
Infine, alla base della didattica inclusiva, vi è e deve esserci la piena FIDUCIA nelle risorse dei singoli da un lato e del gruppo dall’altro come organismo unico e vitale, che si attiva nelle forme che gli sono più congeniali per evolvere e apprendere.