Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA)

bicicletta ragazzo dsa

Che cosa sono, che cosa non sono e come si possono riconoscere

BES E INCLUSIONE

Uno sguardo al mondo dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento per riconoscerli, per conoscerli e per sapere che cosa si può fare, in famiglia, per vivere serenamente i DSA.

di Laura Papetti e Rossella Grenci

All’interno della grande categoria dei bisogni educativi speciali, una riflessione particolare meritano i DSA, ovvero i Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Si tratta di disturbi che si manifestano in un’abilità specifica come la lettura (dislessia), la scrittura come codice ortografico (disortografia), il tratto grafico (disgrafia) e il calcolo (discalculia).
A scuola i DSA possono manifestarsi come difficoltà in un ambito specifico, solo nella lettura/scrittura, o solo nel calcolo, ma è molto più frequente che si trovino degli studenti con più DSA. Le difficoltà generalmente si manifestano fin dall’inizio della scuola, sebbene in alcuni possano rimanere meno evidenti perché lievi.
Chiariamo subito che i DSA non hanno nulla a che vedere con la disabilità. I DSA anzi sono associati con un QI nella norma o anche superiore alla norma. Lettura scrittura e calcolo infatti fanno riferimento a un dominio specifico, che coinvolge alcune aree cerebrali dedicate. È in queste aree che può manifestarsi un disturbo specifico di apprendimento. La natura dei disturbi specifici di apprendimento ha quindi basi neurobiologiche. La dislessia perciò è una caratteristica del soggetto che diviene un problema nel momento in cui il soggetto affronta i processi di alfabetizzazione e più in generale scolarizzazione, dove lettura, scrittura e calcolo sono “il pane quotidiano”.

I segnali più comuni per ipotizzare la presenza di DSA

Se non riconosciuti in tempo, i DSA diventano difficoltà scolastiche che generano molta frustrazione e rischiano di demolire l’autostima di chi apprende. Ragazzi che arrivano a scuola entusiasti nel giro di pochi mesi si scontrano con insuccessi a cui non sanno dare spiegazione e procurano un pervasivo “mal di scuola”…
Ecco i più comuni campanelli d’allarme (se persistenti, durante il secondo anno di scuola):

  • Confondere destra e sinistra
  • Avere difficoltà nella memorizzazione di sequenze di giorni della settimana, mesi, stagioni, alfabeto…
  • Avere difficoltà nella lettura dell’orologio analogico
  • Confondere le lettere graficamente simili (p, q, n, m, …)
  • Invertire o omettere grafemi simili o che suonano simili (t-d, p-b, f-v,…)
  • Perdere facilmente il segno quando si legge
  • Leggere spesso le parole tirando a indovinare
  • Avere eccessiva difficoltà nell’apprendimento di lingue straniere
  • Scrivere parole legandole o al contrario staccandole tra loro in modo errato
  • Commettere numerosi errori ortografici
  • Avere difficoltà a memorizzare termini specifici di uso non comune, il lessico tecnico delle discipline, le date, le epoche, i termini geografici
  • Avere difficoltà nello studio quando questo sia veicolato dalla lettura mentre la comprensione è adeguata attraverso l’ascolto
  • Avere grosse difficoltà con i numeri (un esempio tra tutti la memorizzazione delle tabelline), la notazione musicale o altro codice che richieda l’interpretazione di simboli
  • Commettere parecchi errori di enumerazione, nei cambi di decina
  • Fare molta fatica nel calcolo rapido e nelle tabelline
  • Fare molta fatica nel’esecuzione di procedure quali i calcoli in colonna, nonostante le abilità di ragionamento logico siano adeguate

Dal dubbio alla diagnosi

L’insegnante che non sa di avere di fronte un ragazzo con DSA è consapevole, però, che la metodologia che funziona con la maggior parte degli altri studenti della classe e consente di ottenere buoni risultati con questo alunno non funziona. Di fronte ai primi insuccessi di solito l’insegnante si interroga, si mette in discussione. Si chiede se può avere sbagliato qualcosa nei confronti di quel particolare studente. Se una prima risposta a questa domanda è no, allora si chiederà che cosa impedisce a quel ragazzo di beneficiare degli sforzi che fa a scuola: come mai, passati parecchi mesi dall’inizio della scuola, quello studente continua a leggere male e scrivere peggio. Oppure, nel caso di uno studente più grande, come mai evita di leggere ad alta voce, quando chiamato a farlo la sua lettura risulta difficoltosa e molto lenta e la sua scrittura è fitta di errori.
Certamente prima si comprende il problema, meglio lo si potrà affrontare. È bene ricordare che esiste quella che gli studiosi chiamano “finestra evolutiva”, cioè un lasso di tempo in cui la plasticità cerebrale è massima e permette agli interventi didattici di essere molto efficaci. L’obiettivo della scuola è quindi quello di mettere a punto percorsi precoci per garantire il massimo delle possibilità di recupero e compensazione delle difficoltà.
Chiariamo che gli insegnanti non sono tenuti ad essere esperti di DSA, ma devono interrogarsi e poi seguire passo dopo passo e in dettaglio le difficoltà dei loro allievi: una volta individuati con precisione gli ambiti di difficoltà, sono tenuti a parlarne con delicatezza con i genitori. Faranno notare la discrepanza che c’è tra le potenzialità intellettive del ragazzo e i risultati scolastici. I genitori possono comprendere l’importanza di capire meglio e approfondire la possibilità che si tratti di DSA nel momento in cui vengono riconosciuti l’intelligenza e l’impegno del proprio ragazzo.
La diagnosi di DSA non viene fatta dagli insegnanti né all’interno della scuola: viene realizzata con modalità standardizzate da un’equipe composta da un neuropsichiatra infantile, uno psicologo e un logopedista, coadiuvati eventualmente da altre figure professionali. Saranno loro a redigere, sulla base dei test standardizzati, una relazione ufficiale con i risultati del test.
I professionisti coinvolti hanno il compito, prima ancora di individuare disturbi da includere, di escludere:

  • un deficit di tipo intellettivo (ritardo mentale);
  • la presenza di lesioni cerebrali (neurologiche);
  • un deficit di tipo sensoriale (vista o udito);
  • un problema emotivo di tipo primario (cioè che sia emerso prima del disturbo di apprendimento);
  • un numero eccessivo di assenze scolastiche, tali da impedire al ragazzo di procedere nel percorso insieme alla classe.

Individuato l’eventuale disturbo specifico, i professionisti avranno cura di redigere una relazione scritta con la diagnosi, scritta in modo chiaro e secondo precisi criteri, specificando anche gli aspetti psicologici secondari (demotivazione, scarsa stima di sé, depressione, …) che possono essere emersi dai colloqui.
Nella relazione sarà segnalata anche la necessità di un percorso di logopedia o di strumenti compensativi e le misure dispensative del caso.

NB: La diagnosi di DSA non dà diritto alla presenza di un insegnante di sostegno in classe ma implica la redazione di un PDP (Piano Didattico Personalizzato).

 

Laura Papetti è autrice e consulente editoriale per Pearson Italia. Attualmente insegna alla scuola primaria nella provincia di Monza e della Brianza. Ha insegnato per diversi anni inglese in scuole di diverso ordine e grado. È coautrice, insieme a Donatella Santandrea, della nuova guida di Pearson Italia dedicata ai docenti di scuola primaria Let's start CLIL.

Rossella Grenci, logopedista, scrittrice e mamma di due ragazzi dislessici. Vive a Potenza. È stata formatrice per l’Associazione Italiana Dislessia, tiene corsi per docenti sul tema della dislessia evolutiva in diverse parti d’Italia. È inoltre autrice del seguitissimo blog rossellagrenci.com.