Nuove normalità e nuovi disagi in internet

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Alla scoperta della realtà virtuale degli adolescenti

EDUCAZIONE DIGITALE

Lo sviluppo sempre crescente delle nuove tecnologie fornisce a tutti la possibilità di essere sempre "in rete", di essere sempre "connessi", insomma in qualche modo di "esserci". Per gli adolescenti di oggi, e non solo, questa possibilità spesso può trasformarsi in una vera e propria dipendenza che nasconde però il grande desiderio di essere stimati e apprezzati. La grande sfida è quella di riuscire a fare compagnia ai ragazzi in questo "mondo virtuale", facendone scoprire i pregi e i difetti.

di Matteo Lancini

Lo sviluppo tecnologico e la diffusione di internet hanno trasformato il modo di affrontare le relazioni, il gioco e la costruzione dell’identità di figli e studenti.
Oggi distinguere un utilizzo fisiologico, a sostegno della sperimentazione di nuove parti di sé, da un utilizzo esagerato, disfunzionale dei social network e dei videogiochi risulta estremamente complesso. Altrettanto difficile è definire con precisione quali siano i segnali di una dipendenza da internet, soprattutto se ci riferiamo alle generazioni nate dopo l’avvento degli ambienti virtuali e degli smartphone.

I bambini del nuovo millennio sono nati e cresciuti all’interno di relazioni a distanza, basti pensare al tempo trascorso, sin dalla più tenera infanzia, fisicamente lontani dalla propria madre sempre più spesso anche lavoratrice, osservando quotidianamente i propri genitori passeggiare chiacchierando al cellulare o “rapiti” da qualche protesi tecnologica. Inoltre sono stati ripresi e fotografati al momento della loro nascita, così come in occasione della recita natalizia o di fine anno scolastico della scuola materna. La società dell’immagine, della visibilità e della popolarità li ha accolti in infanzia e ha contribuito a determinare nuove normalità, così come nuove emergenze educative e nuovi disagi che madri, padri, insegnanti, e adulti in genere, si trovano a dover affrontare con l’ingresso in adolescenza delle nuove generazioni. Per l’adolescente odierno, più che in passato, lo sguardo di approvazione dell’altro è diventato decisivo, in assenza del quale è difficile sentire di avere un valore personale. Un riconoscimento che è ricercato nella vetrina del web, tramite azioni virtuali orientate alla ricerca di like e follower, capaci di fornire gratificazione e rifornimento narcisistico a livello planetario. Ci si muove alla ricerca di riconoscimento postando immagini, fotografie, parole, che scandiscono la quotidianità, all’interno di una società dove anche i propri adulti di riferimento vivono sempre connessi, commentando ogni istante della giornata e qualsiasi avvenimento, in un contesto mediale dove la propria esistenza individuale è testimoniata dall’essere in rete, dall’avere pubblicato un’immagine e comunicato qualcosa a proposito di sé, e dei propri pensieri, agli altri.

Uno dei timori più diffusi tra gli adolescenti odierni è di non essere sufficientemente popolari, di non avere quel fascino e quel successo indispensabili per non sentirsi trasparenti e privi di valore. In questo quadro, prevalgono due modalità diverse di reagire al senso di inadeguatezza personale e sociale che hanno in qualche modo a che fare con internet. Da una parte il ritiro sociale e dall’altra la sovraesposizione sociale. Si tratta di due facce della stessa medaglia. Da un lato gli adolescenti che reagiscono al senso di inadeguatezza e vergogna ritirandosi progressivamente prima da scuola e poi dalle scene sociali. Si tratta di una di forma di disagio emersa originariamente in Giappone e nota con la definizione di “Hikikomori”. Un fenomeno in espansione anche in alcune nazioni europee, tra cui l’Italia, dove viene utilizzata l’espressione di ritiro sociale per indicare la volontaria reclusione domestica di adolescenti prevalentemente maschi che, a seguito di un avvenimento precipitante, non sempre un atto di bullismo, sviluppano forme di somatizzazione e ansie che non rendono più possibile la frequentazione scolastica. Una situazione in cui senso di inadeguatezza, fragilità e vergogna prendono il sopravvento, determinando forme severe di fobia scolare e di evitamento delle relazioni con i coetanei. Per molti di loro, ma non per tutti, internet rappresenta un rifugio, l’unico ambiente ancora frequentabile, all’interno del quale mantenere in vita sprazzi di sé e relazioni mediate dalla tecnologia in una fase di estrema fragilità e debolezza. La vita virtuale consente di anestetizzare il profondo dolore e il senso di solitudine, la tristezza e l’angoscia che attanaglia l’adolescente alle prese con il crollo degli ideali infantili e una pervasiva sensazione di essere di fronte al fallimento.

Dall’altro lato incontriamo coloro che reagiscono alle proprie fragilità identitarie sovresponendosi in rete. Il sexting e il cyberbullismo rappresentano due delle forme più diffuse degli agiti virtuali degli adolescenti odierni. L’esibizione del proprio corpo in internet, più spesso di parti del proprio corpo, segnala un bisogno straordinario di riconoscimento e di approvazione di sé da parte degli altri. Condotte esibitive, governate da una profonda fragilità e da bassa autostima, che rappresentano l’estremo tentativo da parte di preadolescenti e adolescenti, prevalentemente femmine, di ottenere un riconoscimento del proprio valore estetico e personale non ottenuto nella quotidianità scolastica e sociale. Il cyberbullismo svolge, in qualche modo, la stessa funzione, individuando però nell’altro, e non nel proprio corpo come nel sexting, il bersaglio su cui agire la propria insoddisfazione e il profondo disagio evolutivo. L’emergenza legata alla crescente diffusione di episodi di cyberbullismo ha spinto il nostro Parlamento a varare recentemente una legge a contrasto di un fenomeno che ha le stesse caratteristiche del bullismo tradizionale, ma con una ricaduta, in termini di persistenza e visibilità, dell’azione intenzionale e molesta del tutto diversa proprio perché agita in rete. Infatti, la prevaricazione scritta, filmata, fotografata e postata, assume una potenza mortificante straordinaria in quanto visibile per un tempo potenzialmente illimitato e rivolta a un pubblico estremamente vasto, senza che il gesto debba essere ripetuto.

All’adulto odierno spetta quindi il compito di interessarsi alla realtà virtuale degli adolescenti. Se è vero che non è un compito semplice quello di individuare la differenza tra un utilizzo fisiologico e un utilizzo disadattivo di internet da parte di un figlio o di una figlia, è però altrettanto vero che spesso anche i genitori faticano, o ritengono poco importante, chiedere che cosa sta accadendo al figlio nella quotidianità virtuale. Troppo interessati alla vita scolastica e alle frequentazioni in presenza del corpo dei figli, ci si dimentica di aver costruito una quotidianità dove vita reale e vita virtuale si intrecciano, influenzandosi vicendevolmente.
Oggi la realtà corporea e quella virtuale costituiscono un’unica realtà, per questo è importante interessarsi e chiedere. Come è andata oggi in internet, cosa hai fatto? È successo qualcosa di cui avresti voglia di parlarmi? Quali risultati ti sembra di aver raggiunto, è stata una buona o una cattiva giornata virtuale? Ti sembra di progredire nella tua esperienza virtuale o non tanto? C’è qualcosa che ti preoccupa di quello che stai vivendo in internet? Può essere che il figlio o la figlia adolescente non risponda, così come accade quotidianamente di fronte ad altre nostre richieste, ma se ci si rivolge con attenzione e curiosità è possibile che un figlio decida di parlare, che colga l’occasione per poter esprimere le proprie preoccupazioni e, se necessario, chiedere aiuto.

 

Matteo Lancini è psicologo e psicoterapeuta. Presidente della Fondazione “Minotauro” di Milano e dell’AGIPPsA (Associazione Gruppi Italiani di Psicoterapia Psicoanalitica dell’Adolescenza). Insegna presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università Milano-Bicocca e presso la Scuola di formazione in Psicoterapia dell’adolescente e del giovane adulto Arpad-Minotauro. Autore di numerose pubblicazioni sull’adolescenza, tra cui: Adolescenti navigati. Come sostenere la crescita dei nativi digitali (Edizioni Centro Studi Erickson, 2015) e Abbiamo bisogno di genitori autorevoli, Aiutare gli adolescenti a diventare adulti (Mondadori, 2017).