Disabilità e inclusione
La formazione per un sistema scolastico inclusivo
INCLUSIONE
A distanza di cinquant’anni dalla prima legge italiana sull’integrazione scolastica e a quasi trenta dalla legge-quadro 104/92, è stata emanata lo scorso 6 settembre la nota ministeriale che rende obbligatoria la formazione del personale docente ai fini dell’inclusione degli alunni con disabilità. In questo articolo definiamo alcuni aspetti su cui si deve fondare l’azione di aggiornamento su questi temi.
di Elena Zanfroni
Il costrutto della complessità può caratterizzare tutti i contesti di vita della persona, che ha sempre più l’esigenza di essere accompagnata da occasioni formative che riguardano sia il contesto strettamente professionale sia quello esistenziale.
La società attuale ci presenta, infatti, una pluralità di luoghi e di tempi nei quali trovano spazio i diversi processi formativi rivolti all’adulto, considerato nelle sue dimensioni di lavoratore, di genitore sia biologico, sia sociale, e più in generale di cittadino. Saper riconoscere le proprie competenze e abilità per i diversi ruoli che si è chiamati a ricoprire quotidianamente, essere in grado di rileggere i propri vissuti sia personali, sia lavorativi e saper identificare le proprie criticità diventano gli obiettivi principali che qualsiasi processo formativo dovrebbe consentire di raggiungere.
Cosa vuol dire “formare l’adulto”?
La formazione può essere definita come quel percorso attraverso il quale «le potenzialità soggettive pervengono a maturazione o si apprende quanto è necessario per svolgere un ruolo particolare, a seguito dell’interazione con l’ambiente, la partecipazione al patrimonio sociale e di cultura e la mediazione e il sostegno di figure e istituzioni appositamente deputate (famiglia, scuola, chiese, gruppi, associazioni, mass-media, organizzazione sociale dello sport e del tempo libero ecc.)» (Nanni 1999). Con questo termine ci si imbatte, però, in un nodo complesso dell’attuale riflessione pedagogica, in quanto esso è frequentemente utilizzato in senso ambiguo e confuso, talvolta frainteso. La formazione si riferisce all’agire concreto della persona, non esclusivamente finalizzato solo all'attività produttiva, ma considerato come risorsa permanente per la crescita e il benessere di ogni persona. Formare l’adulto non vuol dire semplicemente istruirlo, attraverso l’erogazione di numerosi corsi, offrendogli la possibilità di avere gli strumenti professionali che gli consentano di assolvere ai doveri che il proprio ruolo quotidiano richiede ma, al contrario, significa metterlo nella condizione di rileggere criticamente l’esperienza quotidiana in tutte le dimensioni di vita, valorizzandola, interpretandola e integrandola per poter generare cambiamento: «non c’è apprendimento in età adulta che non coinvolga l’esperienza sia come risorsa (le conoscenze pregresse) che come terreno di sperimentazione, costruzione di saperi» (Knowles 1996).
Schön (1999) evidenzia, a questo proposito, la necessità, sperimentata dall’adulto, di avere una rinnovata riflessività “situazionale”, che lo metta nella condizione di intrattenere un costante dialogo personale con l’esperienza: ciò si realizza proprio a partire dalla presenza di vincoli specifici, dettati dalle differenti professionalità e dalle concrete possibilità che si delineano rispetto al ruolo professionale ricoperto.
E nel contesto scolastico?
Nello specifico, se si sposta l’attenzione al profilo del docente comprendiamo come sia necessario in ogni istituzione educativa contribuire a promuovere un processo riflessivo individuale, supportato dal gruppo di lavoro o dall’équipe di appartenenza, che sappia accompagnare ciascuna figura educativa verso una maggiore comprensione sia dei propri bisogni sia di quelli dei soggetti a cui si rivolge il proprio intervento. Solo con un simile approccio si riuscirà a perseguire una maggiore incisività della propria azione, orientandola verso una progressiva innovazione che mira al raggiungimento di standard di eccellenza (Felisatti, Serbati 2014). Sentirsi parte attiva del cambiamento diventa allora per il docente il traguardo principale di qualsiasi iniziativa formativa e questo non può prescindere dalla connessione con la sfera motivazionale, ossia con quell’inclinazione personale che si traduce in dinamismo, ricerca di senso, forza propulsiva, fondamentali in ogni attività umana. In tal senso la formazione viene intesa come possibilità di confronto, di rilettura di esperienze, di condivisione di buone pratiche, di ascolto attivo. Ma la motivazione può diminuire nel momento in cui il soggetto non riesce più a intercettare la reale applicabilità dei contenuti stessi della formazione.
Investire in una formazione continua e di qualità di tutti gli insegnanti significa inoltre scongiurare il pericolo di quella forma di stress lavorativo definita burnout e tipica delle professioni di cura, dove le routine quotidiane, la ripetitività dei gesti, delle azioni e delle procedure, il rispetto della ciclicità dei tempi rischiano di trasformarsi in veri e propri ostacoli, che minano la ricerca dei significati più profondi alla base del proprio lavoro.
A questo riguardo, le direttive ministeriali, disposizioni che a diverso titolo rendono obbligatoria la frequenza di corsi di aggiornamento a tutto il personale docente, in alcuni casi non sono sufficienti a garantire quel grado di consapevolezza necessario per intraprendere in ottica trasformativa un corso di formazione. Partire dai reali bisogni dei destinatari degli interventi risulta, quindi, indispensabile per porre le basi di quel processo che qualsiasi iniziativa formativa dovrebbe avviare: è questo il caso della nuova introduzione dell’obbligo formativo dei docenti sui temi di inclusione di alunni con disabilità.
Inclusione: un “piano di volo” per decollare
La recente nota ministeriale 27622 del 6 settembre sulla Formazione in servizio del personale docente ai fini dell’inclusione degli alunni con disabilità, è rivolta ai docenti di tutti gli ordini di scuola che abbiano in classe un alunno con disabilità e non siano specializzati nel sostegno, e sembra rappresentare un primo passo verso la necessaria e non più procrastinabile acquisizione di specifiche competenze in questo ambito da parte di tutti coloro che operano a scuola.
A distanza di cinquant’anni dalla prima legge italiana sull’integrazione scolastica e a quasi trenta dalla legge-quadro 104/92 la strada verso la concretizzazione di un reale processo inclusivo appare, infatti, ancora lunga e insidiosa. In molti istituti scolastici è possibile ritrovare situazioni in cui gli alunni con bisogni educativi speciali frequentano sì la scuola, ma senza un chiaro progetto educativo individualizzato.
L’inclusione sembra essere decollata per quanto riguarda le normative, i documenti, le direttive o le note ministeriali ma senza un verosimile “piano di volo”, ad eccezione di molte buone prassi che, purtroppo, spesso sono poco conosciute e condivise. Uno dei motivi principali di questo processo inclusivo, realizzato a “macchia di leopardo”, si può ritrovare proprio nell’estrema varietà di preparazione del corpo docente di ogni ordine e grado di scuola. La stesura del progetto educativo individualizzato è spesso, ad esempio, delegata ai soli insegnanti di sostegno, ritenuti erroneamente gli unici responsabili dell’inclusione degli alunni più vulnerabili. Le competenze didattiche inclusive dovrebbero divenire, invece, parte integrante del bagaglio professionale di tutti i docenti, indipendentemente dal ruolo o dalla specializzazione raggiunta. Ciò anche in ragione del fatto che, come si è detto, gran parte delle difficoltà vissute dal corpo insegnante non possono più essere ricondotte alla gestione di un unico fattore ritenuto problematico o impegnativo, sia esso legato alla condizione di disabilità o di disagio dello studente, ma siano intrinseche alla natura stessa di un gruppo, in cui ognuno diviene custode di una propria specificità.
Le quattro direttive per un aggiornamento di valore
É importante quindi proporre ai docenti percorsi formativi significativi che siano veramente in grado di far acquisire a ciascun docente la piena consapevolezza delle proprie competenze e responsabilità relativamente ai temi di disabilità e inclusione. Il modello proposto nella nota ministeriale del mese di settembre 2021 prevede quattro moduli:
- il primo è volto ad approfondire conoscenze connesse alla lettura della diagnosi: gli insegnanti pur non chiamati a fare diagnosi, dovrebbero possedere gli strumenti per saperla leggere, ma anche interpretare in modo preciso l’iter per saper orientare la famiglia ad eventualmente intraprendere il percorso di accertamento della disabilità;
- il secondo richiama la necessità di conoscere i principali riferimenti normativi attuali relativi all’inclusione scolastica per avere le coordinate entro cui agire e, al tempo stesso, per poter essere di supporto alla famiglia stessa;
- il terzo mira a far acquisire i criteri per una progettazione educativo-didattica inclusiva di qualità per consentire a tutti i componenti l’équipe di lavoro di sentirsi parte attiva in tale processo, di condividerlo e di riconoscerne la potenziale portata innovativa;
- il quarto e ultimo modulo ha lo scopo di far apprendere i principi della differenziazione didattica, intesa come scelta obbligata per l’inclusione e unico approccio metodologico teso a far acquisire strategie per l’inclusione di tutti e di ciascuno. La differenziazione didattica sembra essere, infatti, l’unica proposta in grado di tenere insieme le esigenze di tutti gli alunni, dal più piccolo al più grande, da quello con disabilità e quello senza apparenti difficoltà.
Referenze iconografiche: Andrey_Popov / Shutterstock
Riferimenti bibliografici
• Nanni C., voce “Formazione” in Enciclopedia pedagogica, La Scuola, Brescia 1999, p. 5043.
• Knowles M., La formazione degli adulti come autobiografia. Il percorso di un educatore tra esperienze ed idee, Cortina, Milano 1996, p.11.
• Schön D.A., Il professionista riflessivo. Per una nuova epistemologia della pratica professionale, Dedalo, Bari 1999.
• Felisatti E., Serbati A., Professionalità docente e innovazione didattica. Una proposta dell’università di Padova per lo sviluppo professionale dei docenti universitari, in Formazione & Insegnamento, XII, 1, 2014, pp. 137-153.
• D'Alonzo L. (a cura di), Back to school, #iotornoascuola: un contesto per accogliere e includere, Pearson, Milano 2020.
La parola ai Dirigenti scolastici
Su questo tema abbiamo voluto ascoltare il punto di vista di chi si trova da vicino a gestire questa necessità formativa. Abbiamo quindi rivolto alcune domande ai due Dirigenti scolastici Maurizio Primo Carandini dell’Istituto Comprensivo “Paolo e Rita Borsellino” di Valenza (AL) e Annunziata Di Rosa, dell’Istituto Comprensivo “Guido Dorso” di San Giorgio a Cremano (NA), che per Pearson svolge attività di formazione su svariati temi, tra cui la valutazione e lo sviluppo delle competenze. Li ringraziamo per aver condiviso le proprie opinioni e la propria esperienza e vi proponiamo qui l’intervista completa!
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Il corso di formazione “L’inclusione degli alunni con disabilità” a cura di CeDisMa
L’autrice dell’articolo, Elena Zanfroni, è membro del consiglio direttivo di CeDisMa, Centro studi e ricerche per la Disabilità e la Marginalità, con cui abbiamo realizzato il corso di formazione “L’inclusione degli alunni con disabilità”, rivolto ai docenti di ogni ordine e grado. Il corso è fruibile sia in versione self study sia in versione blended con formatore. Per le scuole della Lombardia è disponibile una versione specifica del corso che tiene conto delle indicazioni fornite il 4 ottobre 2021 dal Comitato Tecnico Scientifico dell'Ufficio Scolastico Regionale.
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