
Le malattie genetiche rare: una sfida che riguarda tutti
SPECIALE TELETHON
Lo studio delle malattie genetiche rare permette di conoscere in modo sempre più approfondito il funzionamento dei meccanismi biologici fondamentali per la nostra sopravvivenza. Inoltre, ha condotto allo sviluppo di terapie innovative che trovano un ampio impiego per numerose patologie, oltre che per quelle rare.
di Anna Maria Zaccheddu
Le malattie rare rappresentano un problema di salute complesso, basti pensare che anche la definizione non è la stessa in tutto il mondo: se in Europa una malattia è definita rara quando colpisce meno di una persona su 2000, negli Stati Uniti è tale quando riguarda non più di 200mila abitanti. In Giappone, invece, per parlare di malattia rara la cifra massima di persone affette deve essere inferiore ai 50mila individui. Qualsiasi sia la definizione adottata, le malattie rare hanno un impatto molto significativo sulla salute pubblica: se prese singolarmente riguardano una piccola percentuale della popolazione, ma nel loro complesso colpiscono almeno 30 milioni di persone nella sola Unione europea (ovvero la somma della popolazione di Portogallo, Grecia e Belgio – dati Eurordis).
Una diagnosi difficile e una cura non sempre disponibile
Nella maggior parte dei casi, le malattie rare hanno origine genetica e accompagnano chi ne soffre per tutta la vita, anche se queste patologie non sempre si manifestano in età precoce. L’estrema variabilità dei sintomi, anche tra pazienti affetti dalla stessa condizione, complica notevolmente la diagnosi: ci sono persone che attendono diversi anni prima di conoscere il nome della propria malattia, mentre per altre – circa il 30 per cento – la diagnosi non arriva mai nonostante test e visite specialistiche. Inoltre, per la maggior parte delle malattie rare non esiste attualmente una cura, tuttalpiù sono disponibili trattamenti in grado di attenuarne i sintomi ma non di risolvere il problema.
Gestire la quotidianità – la scuola, il lavoro, gli spostamenti, l’alimentazione – diventa una sfida non solo per il paziente, ma anche per la sua famiglia e per tutte le persone che fanno parte della sua vita.
L’importanza della ricerca scientifica
La ricerca scientifica rappresenta l’unica strada per cambiare questo scenario così difficile: non solo permette di identificare malattie prima sconosciute e comprenderne i meccanismi, ma può portare allo sviluppo di nuovi trattamenti e, in certi casi, di una cura definitiva. Inoltre, può mettere i medici nelle condizioni di dare ai pazienti una corretta diagnosi e le informazioni disponibili sulla loro malattia.
Scoperte che aiutano tutti
D’altra parte, la ricerca sulle malattie genetiche rare può avere un impatto molto più ampio sulla conoscenza della nostra biologia e sullo sviluppo di terapie anche per malattie ben più diffuse: non a caso sono state definite anche fundamental diseases, infatti la loro rarità è dovuta proprio al fatto che riguardano meccanismi biologici fondamentali. Tutte le alterazioni che riguardano i meccanismi biologici di base sono potenzialmente letali e per questo poco diffusi.
Alcuni esempi: l’ipercolesterolemia familiare
Un esempio efficace in questo senso è quello dell’ipercolesterolemia familiare, un raro difetto genetico che compromette la capacità di controllare i livelli di colesterolo “cattivo” nel sangue: in questi pazienti l’organismo non solo non è in grado di eliminare il colesterolo in eccesso, ma continua a produrne di nuovo proprio perché i suoi “sensori” non funzionano. Questi pazienti presentano quindi elevati livelli sanguigni di colesterolo anche in giovane età e indipendentemente dall’alimentazione, con il rischio di andare incontro a problemi cardiovascolari potenzialmente letali. Ebbene, è stato proprio studiando i meccanismi di questa rara patologia che sono state scoperte le statine, farmaci che agiscono proprio sui meccanismi sopra descritti e che sono usati da milioni di persone per prevenire le malattie cardiovascolari grazie al controllo dei livelli di colesterolo nel sangue. Quindi, una farmaco studiato per una malattia rara, ora è utile per uno spettro molto più ampio di pazienti.
La sindrome delle ossa di pietra
Un altro esempio interessante è quello della fibrodisplasia ossificante progressiva, detta anche “sindrome delle ossa di pietra” perché in questa patologia, a causa di un’anomalia genetica, si assiste alla progressiva trasformazione del tessuto muscolare in osso. Studiarla ha permesso di chiarire i meccanismi della cosiddetta “ossificazione eterotropica”, ovvero la formazione di osso all’interno di tessuti molli, un fenomeno molto comune che si manifesta anche in occasione dell’impianto chirurgico di protesi articolari.
Un investimento sul futuro
Lo studio delle malattie genetiche rare ha condotto anche allo sviluppo della terapia genica, una biotecnologia che ha permesso di curare alcune patologie agendo direttamente sul DNA (vedi l’articolo: I progressi della terapia genica).
Studiare le malattie genetiche è quindi importante innanzitutto per chi ne è colpito, perché ogni vita vale, ma anche per la collettività intera: la ricerca scientifica in questo ambito rappresenta un investimento nel futuro di tutti.