I progressi della terapia genica

Progressi della terapia genica

SPECIALE TELETHON

Curare le malattie genetiche agendo direttamente sul DNA (terapia genica) è una sfida che ha richiesto molti anni di sperimentazione, ma finalmente ha dato i suoi frutti: si è rivelata efficace nella cura di alcune patologie e ha aperto la strada a nuove biotecnologie di più ampio spettro di applicazione.

di Anna Maria Zaccheddu

Le malattie genetiche rare sono state, e sono tuttora, un terreno d’elezione per lo studio e lo sviluppo di approcci innovativi e d’avanguardia come la terapia genica. Questa tecnica prevede l’introduzione nelle cellule di geni terapeutici attraverso virus manipolati e trasformati in vettori. In pratica, si inserisce il gene terapeutico nel virus, il quale lo trasporta all’interno della cellula. In questo modo si può fornire alla cellula la versione corretta di un gene alterato in una determinata malattia genetica.

Le prime applicazioni cliniche di questa tecnica sono state proprio nell’ambito di malattie genetiche rare. Queste hanno permesso di valutare attentamente la fattibilità e le criticità in termini di sicurezza, quest’ultima oggi ampiamente sotto controllo grazie alle conoscenze sempre più approfondite sul comportamento dei vettori virali.

I primi successi

La terapia genica si è già dimostrata efficace per diverse malattie genetiche, come per esempio una forma particolare di malattia del sistema immunitario, l’immunodeficienza ADA-SCID, nota anche come la malattia dei bambini nella “bolla”. Per questa malattia nel 2016 è stato reso disponibile sul mercato da GlaxoSmithKline il farmaco Strimvelis, nato a partire dagli studi dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica di Milano (leggi anche I successi e l’attività della Fondazione Telethon).

I bambini affetti da ADA-SCID sono privi di difese fin dalla nascita e sono estremamente suscettibili a tutti i tipi di infezioni. Una banale infezione può risultare anche fatale per questi bambini. La terapia con il farmaco Strimvelis permette di correggere le cellule staminali del loro midollo osseo e di ripristinare un sistema immunitario funzionante, liberando così i bambini dalla metaforica “bolla” raccontata nel film degli anni Settanta The boy in the plastic bubble, che ha visto un giovanissimo John Travolta come protagonista.
E rimanendo sempre in ambito cinematografico, la terapia genica si sta dimostrando efficace anche per l’adrenoleucodistrofia, la malattia genetica di Lorenzo Odone, il bambino che aveva ispirato il film del 1992 L’olio di Lorenzo, con Susan Sarandon e Nick Nolte. Il film raccontava la straordinaria storia di due genitori, Augusto e Micaela, che di fronte alla diagnosi infausta del figlio non si sono arresi e hanno messo a punto una miscela di acidi grassi che, pur non essendo una cura risolutiva, si è dimostrata in grado di rallentare il decorso della malattia almeno nelle prime fasi. Oggi per questa malattia è in fase avanzata la sperimentazione per la terapia genica che, secondo i dati ora disponibili, se effettuata prima dell’esordio dei sintomi, si è dimostrata in grado di bloccare l’esordio dei sintomi.

Non solo malattie genetiche rare

Studiata e messa a punto per la prima volta sulle malattie genetiche rare, oggi la terapia genica sta diventando una realtà per patologie ben più diffuse come i tumori: nel 2017, per esempio, la Food and Drug Administration americana ha approvato per la prima volta questo trattamento per alcune forme di tumori del sangue, in particolare di leucemia infantile e di linfoma nell’adulto.

In questo caso la terapia non fornisce la versione sana di un gene altrimenti difettoso, come nel caso delle malattie genetiche, ma contribuisce a rendere il sistema immunitario del paziente particolarmente aggressive contro le cellule tumorali. È la conferma ulteriore di quanto le malattie genetiche rappresentino un “banco di prova” straordinario per la messa a punto di terapie avanzate, come del resto sta avvenendo per quella che la comunità scientifica considera ormai l’evoluzione futura della terapia genica, ovvero l’editing genetico (vedi anche l’articolo La tecnica che rivoluziona l’ingegneria genetica ): una tecnica che sfrutta degli speciali “correttori di bozze” molecolari in grado di correggere gli errori direttamente sul DNA, senza cioè la necessità di fornire dall’esterno una versione sana del gene difettoso.

Malattie genetiche quali la talassemia, la corea di Huntington o l’emofilia sono state – non a caso – tra le prime a essere “nel mirino” dei ricercatori, ma naturalmente già si intravedono applicazioni in patologie ben più diffuse quali AIDS o tumori.

 

Anna Maria Zaccheddu è laureata in biotecnologie mediche e si occupa di comunicazione delle scienze per la Fondazione Telethon dal 2008.