Asher Lev ha un dono, la pittura: qualunque cosa veda diventa immagine, tratto, disegno. Ma nella comunità di cui fa parte - i chassidim ladover, ebrei ortodossi che rispettano le leggi della Torah in modo severo e rigoroso - è un dono poco apprezzato; specialmente se per disegnare un ragazzo, come fa Asher, trascura la scuola e lo studio dei testi sacri. Il padre, sconvolto, fa di tutto per distogliere Asher dalla sua passione, ma invano; finché il giovane trova una sponda imprevista nel capo della comunità, il supremo Rebbe, che lo affida a un grande artista perché ne educhi il talento. Asher diventa così un pittore affermato; ma proprio il successo lo porterà alla drammatica rottura finale con i genitori.
Il mio nome è Asher Lev è un libro che offre diversi possibili percorsi di lettura. Un primo livello è la presentazione della vita dei chassidim, con le loro norme e le loro cerimonie, aspetto tanto importante per la cultura ebraica quanto poco noto in Italia. Un secondo possibile percorso è la riflessione sul valore dell’arte, sul significato che la creatività riveste per l’artista e per il mondo. Infine, e fondamentale, c’è il tema dell’identità, la lotta di un giovane che vuole diventare grande, cercando di restare fedele a se stesso in un mondo in cui tutto sembra contraddirlo; in questa lotta un ruolo chiave viene giocato dall'adulto, il maestro.
Per chi apprezza questo libro, la scoperta può proseguire con Il dono di Asher Lev – la storia di Asher adulto -, o con Danny l’eletto, altra celebre figura, tra quelle create da Potok, che incarna il drammatico rapporto fra le esigenze dell’io e la tradizione.