Il 3 dicembre scorso sono stati pubblicati i risultati del quinto round di PISA (Programme for International Student Assessment), il programma internazionale di valutazione degli studenti. Ogni tre anni PISA valuta il livello di literacy dei quindicenni nei tre ambiti della lettura, della matematica e delle scienze, con un ambito principale, a rotazione, che ritorna ogni nove anni: la lettura nel 2000 e nel 2009; la matematica nel 2003 e di nuovo nel 2012, le scienze nel 2006 e nella prossima rilevazione del 2015. Le prove di PISA 2012 sono state affrontate da oltre 500 mila studenti quindicenni dei 34 paesi membri dell’OCSE, l’organismo che promuove l’indagine, e di altri 31 paesi o territori[i].
Quale il senso di un’indagine come PISA? In primo luogo, quello di fornire indicazioni sui risultati del sistema di istruzione in un quadro internazionale comparato, che offre punti di riferimento esterni per valutare i propri risultati. In secondo luogo, quello di dare informazioni su approcci e politiche che sono in relazione con risultati positivi: la prospettiva internazionale, infatti, introduce una variabilità che permette di esaminare l’effetto sui risultati di una serie di fattori che all'interno del singolo sistema non variano. Infine, il confronto internazionale suggerisce che cosa è possibile mettere in atto in campo educativo, superando i vincoli posti da leggi e tradizioni all'interno di ciascun paese.
L’Italia su una traiettoria di miglioramento, ma con criticità persistenti
I media hanno dato ampia risonanza agli esiti dell’indagine del 2012 e, per una volta, l’Italia si è trovata dalla parte dei virtuosi. Questo non perché i suoi risultati medi abbiano raggiunto o superato la media OCSE – siamo il primo paese sotto la media OCSE –, ma perché nelle ultime due rilevazioni i risultati dell’Italia sono migliorati: l’esito dell’indagine del 2012 ha confermato il progresso già registrato nel 2009.