Andar per fossili

Fossile di Mene rhombea

IDEE PER INSEGNARE | Scienze, Biologia, Scienze della Terra

In questo articolo, alcuni suggerimenti utili per organizzare un’uscita didattica in una zona fossilifera, inquadrandola al meglio nella cornice degli insegnamenti di scienze della Terra.

Sandro Gallotti

A volte mi chiedo perché insegnare scienze oggi. Spesso, gli studenti considerano le discipline scientifiche troppo difficili da studiare e da comprendere, e dunque inutili. Ma come mai? In parte ciò è dovuto al fatto che le ore a disposizione sono poche, appena sufficienti a garantire una presentazione dei contenuti e senza che ci sia spazio per un’applicazione pratica certamente più efficace. Eppure si sa: le attività sperimentali, sono quelle più efficaci nell’insegnamento e nell’apprendimento, perché aiutano a veicolare aspetti teorici sovente ritenuti troppo astratti, suscitano maggior interesse e permettono di evidenziare collegamenti e relazioni con il quotidiano. In particolare nel caso delle scienze della Terra, le visite sul campo e le attività pratiche si rivelano molto utili a trasmettere contenuti. Perché non provare allora a proporre qualcosa che, nell’ambito di questa disciplina, da un lato affascini i ragazzi e dall’altro permetta di riallacciarsi agli argomenti da trattare? Perché non puntare sui fossili, che in genere incuriosiscono e attirano gli studenti? In questo articolo propongo dunque un percorso didattico per un’uscita legata proprio alla tematica dei fossili, e in particolare per una visita alla località di Bolca, in Veneto, che offre a insegnanti e studenti l’opportunità di osservare il risultato di processi lontani milioni di anni e legati alla litogenesi, all’attività vulcanica e all’orogenesi.

Per prepararsi, prima di partire

Il fenomeno di fossilizzazione è strettamente collegato allo studio delle rocce sedimentarie, in particolare di quelle organogene. Dunque per prima cosa è necessario affrontare in classe gli argomenti relativi a classificazione, genesi e identificazione delle rocce, introducendo anche il vulcanesimo e la formazione delle montagne.
In un secondo momento occorre definire tutte le fasi che portano alla formazione di un fossile poiché, contrariamente all’opinione comune, si tratta di una serie di eventi che richiedono peculiari condizioni. La tafonomia, appunto, aiuta a capire perché piccoli esseri viventi abbiano maggiori possibilità di subire il processo di fossilizzazione rispetto a quelli di grandi dimensioni, così come quelli dotati di esoscheletro rispetto agli altri.
Un ultimo aspetto da affrontare prima dell’uscita didattica è il ruolo rivestito dai fossili guida nella datazione relativa degli strati rocciosi. Si tratta di organismi che hanno avuto vita breve ma larga distribuzione geografica; il loro ritrovamento in strati di rocce spesso situate anche a grande distanza le une dalle altre ha consentito di attribuire a tali rocce la stessa età.

Piccola attività pratica

È possibile affiancare alla parte teorica una semplice attività pratica, allo scopo di simulare, anche se in modo semplificato, il processo di fossilizzazione. Bastano pochi e semplici materiali e strumenti: 2 contenitori usa e getta grandi quanto una bacinella per insalate; un pennello; oggetti di vario genere per lasciare impronte (foglie, conchiglie, animali in plastica); acqua, sabbia, gesso in polvere.
Si pone la sabbia in un contenitore, riempiendolo per metà, e la si bagna con acqua allo scopo di inumidirla, dopodiché la si livella. Si prendono gli oggetti scelti in precedenza e si premono energicamente sulla sabbia, in modo che lascino le loro impronte (dopo di che vengono allontanati). Si procede con la preparazione di un impasto di gesso e acqua dalla consistenza fluida, con il quale si ricoprono le impronte, per uno strato di circa 2 cm. Il tutto viene lasciato essiccare. A solidificazione avvenuta, si capovolge e si toglie il contenitore e con il pennello si elimina la sabbia in eccesso, ponendo in evidenza le impronte fossili.

Fossile di Drepanocarpus decam pi, trovato a Bolca

In gita!

Terminata la preparazione in classe, si è pronti per l’uscita didattica. In questo caso, la località scelta è Bolca, un piccolo paese situato nella parte nord-orientale della provincia di Verona, noto in tutto il mondo per il ricco patrimonio fossilifero rinvenuto in diverse zone del suo territorio. Si tratta sostanzialmente di piante e animali (o parti di essi) risalenti all’Eocene medio o al Paleocene dell’era terziaria: si parla quindi di 50-60 milioni di anni fa.
A titolo esemplificativo, ma non esaustivo, possiamo ricordare, tra le zone più significative, la Pessàra (ricca di pesci e piante fossili), il Postale (in cui sono stati ritrovati resti di brachiopodi, gasteropodi e crostacei), il Vegroni (zona in cui abbonda la lignite, con testimonianze di palme e tartarughe marine), il monte Purga (dove sono stati portati alla luce strati di palmizi, coccodrilli e tartarughe marine e terrestri) e lo Spilecco (famoso per i denti di squalo e nummuliti).
A testimonianza dell’importanza del sito, nell’opera Discorsi di Pier Andrea Mattioli sull'opera di Dioscoride scritta nel 1555 dal medico e scienziato senese Pietro Andrea Mattioli, vi sono già espliciti richiami a “nicchi, pietre giudaiche, glossopetre, o serpi arrotolate e pietrificate” in riferimento agli ittioliti scoperti a Bolca.
La zona offre numerosi spunti collegati alle tematiche approfondite in aula: tanto per cominciare, la presenza dei fossili a Bolca è sicura testimonianza dell’orogenesi alpina, mentre il monte Purga rappresenta il cono di un vulcano estinto, a indicare la passata attività magmatica del territorio. Interessanti anche le miniere di litantrace ampiamente sfruttate fin dal 1700 e i depositi di basalti colonnari.

La visita al museo

La prima attività che si può fare a Bolca, per cominciare a immergersi nel mondo dei fossili, è la visita al museo ad essi dedicati. Il percorso, della durata di circa un’ora e mezza, prevede una fase iniziale con la presentazione, da parte di una guida in loco, della situazione geomorfologica del territorio nonché della serie stratigrafica rocciosa, della genesi del giacimento e dell’estrazione e della conservazione dei fossili. Si procede poi con la visione di un filmato e quindi sempre dalla guida vengono presentati e spiegati i vari reperti ospitati nelle sale del museo.

Paleontologo per un giorno

Usciti dal museo, un’altra attività possibile è la visita al parco paleontologico, che si raggiunge facilmente in pullman e dopo un breve tratto a piedi accompagnati dalla stessa guida incontrata al mattino. Il percorso richiede circa due ore ed è solitamente fonte di attrazione e di divertimento per gli studenti. Una volta entrati nella cava della Pessàra, mentre si cammina nelle viscere della Terra, la guida illustra le diverse tappe dei ritrovamenti e la storia del sito. In un secondo momento ai ragazzi vengono forniti pezzi di roccia e un martelletto per un’attività diretta sul campo. In pratica, devono provare a spezzare i campioni per scoprire l’eventuale presenza di fossili. L’avventura giornaliera si conclude con la visita al monte Purga, una camminata di circa un’ora durante la quale si possono osservare i famosi basalti colonnari a riprova dell’esistenza di attività vulcanica.
Sicuramente, durante tutta la giornata gli studenti scatteranno molte fotografie, anche del paesaggio e dei vari passaggi dell’uscita didattica. Una volta rientrati in classe, partendo da questo materiale è possibile analizzare in modo critico e retrospettivo quanto osservato.

Non solo Bolca

Altre interessanti mete paleontologiche sono possibili in Italia. Eccone alcune, senza pretesa di esaustività.

Al Nord

  • Capo Mortola, in Liguria, vicino al confine francese. L’area ha un buon contenuto fossilifero ed è accessibile su richiesta dai Giardini Hanbury di Ventimiglia (anche loro valgono una visita), al cui interno si trovano pannelli illustrativi sul sito.
  • Monte San Giorgio, in Lombardia ma adiacente al lago di Lugano: l’area offre un’importante sequenza fossilifera per la vita marina nel Triassico medio.
  • Lavini di Marco a Rovereto, in Trentino Alto Adige. Un’impressionante "collezione" di orme di dinosauri.

Al Centro

  • Foresta fossile di Dunarobba, ad Avigliano Umbro: una vera e propria finestra aperta sui paleoambienti del Pliocene inferiore e Pleistocene superiore.
  • Rocca di Cave, area sui Monti Prenestini presso Roma. Costituisce il margine di una piattaforma carbonatica, zona di affioramento di scogliere fossili, a testimonianza di un antichissimo mare tropicale.

Al Sud e nelle isole

  • Sito di Pietraroja, nel Parco regionale del Matese. Ospita un giacimento cretacico (Le Cavere), noto per il rinvenimento di numerosi esemplari di pesci, anfibi e rettili. Qui è stato trovato “Ciro”, esemplare neonato del dinosauro Scipionyx samniticus.
  • Foresta fossile di Zuri-Soddì, in provincia di Oristano: un giacimento di piante fossili risalenti a oltre 20 milioni di anni fa.
  • Riserva Monti di Palazzo Adriano e Valle del fiume Sosio, in Sicilia. Preziosa raccolta di fossili marini stratificatisi fin dal Permiano.

E per chi abbia tempo e modo di spingersi all’estero, perché non pensare a una visita alla Jurassic Coast, nel Sud dell’Inghilterra, con la sua perla Lyme Regis, patria di Mary Anning? Un consiglio di lettura per ricordare la sua storia: Strane Creature, di Tracy Chevalier (Neri Pozza 2009).

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Andar per fossili

di Sandro Gallotti

 

Sandro Gallotti: è laureato in chimica. Ha lavorato nell’industria farmaceutica, ma dal 2006 si dedica all’insegnamento. È professore di scienze in un liceo scientifico.