Produzione delle poliolefine: perché un catalizzatore?
La formazione delle poliolefine è una reazione che non può avvenire spontaneamente a causa dell’alta energia d’attivazione: può avvenire solo ad alte pressioni e temperature, producendo polimeri dalle scarse proprietà meccaniche e di poco valore.
Per abbassare la barriera d’attivazione della reazione e quindi aumentarne la resa, è necessario l’impiego di specifici catalizzatori, ovvero di composti che intervengono nel meccanismo di reazione agevolandone l’evoluzione, ma senza esserne consumati, così da esplicare la loro funzione infinite volte. Ma nel caso della polimerizzazione delle olefine il ruolo del catalizzatore è anche più complesso, in quanto permette di controllare le proprietà del polimero ottenuto in termini di lunghezza media delle catene e loro omogeneità, presenza o meno di ramificazioni, orientazione spaziale delle unità monomeriche e inserzione in catena di unità funzionalizzate.
Attualmente sono tre le principali famiglie di catalizzatori utilizzati:
• i catalizzatori Ziegler-Natta (costituiti da siti isolati di TiCl4 su MgCl2)
• i catalizzatori Phillips (contenenti ossidi di cromo supportati su silice)
• i metalloceni (complessi organometallici disciolti in solventi organici).
Queste tre famiglie non sono in competizione fra di loro, bensì complementari, in quanto, producendo diverse tipologie di poliolefine, soddisfano diverse esigenze del mercato. Inoltre, l’aggiunta di specifici additivi nella composizione dei catalizzatori permette un controllo ancora più fine delle proprietà, per cui lo studio del loro funzionamento rappresenta il punto di congiunzione fra la ricerca di base e l’innovazione industriale.
In particolare, i principali obiettivi per migliorare le proprietà applicative delle poliolefine sono l’aumento di rigidità senza pregiudicare la resistenza agli urti, l’alleggerimento del materiale a parità di prestazioni, la trasparenza ottica, l’impermeabilità a liquidi e gas e la capacità autoriparante grazie alla formazione spontanea e reversibile di legami chimici fra le catene1,6.
Strategie di riciclo delle poliolefine
Nell’attuale processo di riciclaggio dei rifiuti plastici, questi vengono raccolti, suddivisi in base alla composizione chimica, sminuzzati in piccoli frammenti e infine fusi per riformare nuovi prodotti. Il processo nella pratica risulta più complesso di quanto non possa sembrare a causa dell’enorme eterogeneità dei rifiuti plastici in termini di composizione chimica, che porta alla formazione di una miscela disomogenea in fase di rifusione e quindi a un deterioramento delle proprietà del materiale riciclato rispetto al materiale originale.
Negli ultimi anni, l’avanzamento tecnologico ha fatto sì che anche il riciclo di tipo chimico diventasse economicamente competitivo e iniziasse a essere impiegato. Attraverso dei processi termici o termo-catalitici di pirolisi (ossia ad alta temperatura, generalmente fra 350 e 900 °C, in assenza di comburenti), le catene polimeriche vengono decomposte in frammenti organici a catena corta, reimmessi nel mercato come carburanti alternativi7.