Prevenire la contaminazione biologica da forme di vita aliene
Siamo giunti quindi alla domanda portante di questo articolo: “Se esistessero nello Spazio forme di vita come il tardigrado, saremmo in grado di proteggerci da una loro eventuale invasione?”
Ad oggi, l’importazione, ossia il trasporto e la diffusione di un organismo extraterrestre sulla Terra è poco probabile.
Nel prossimo futuro però, con l’incremento delle missioni spaziali che prevedono tra l’altro di riportare sulla Terra campioni da analizzare, questa probabilità non potrà che aumentare.
Per ora, l’unica certezza è che noi terrestri siamo i veri invasori spaziali! Pensiamo, per esempio, ai tantissimi rover che sono stati inviati su Marte e che si muovono sul suo suolo, o ancora alla missione Chang’e 5 dell’agenzia spaziale cinese che ha raccolto e riportato sulla Terra campioni di suolo della Luna. Le procedure di decontaminazione oggi utilizzate non sono efficaci al 100%.
Nonostante tutte le precauzioni adottate per evitare la contaminazione biologica alcuni microrganismi sembrano sopravvivere indenni anche negli ambienti più puliti.
Nelle camere bianche o “cleanroom” della Nasa, dove vengono assemblati i veicoli spaziali, sono stati trovati, anche se in piccolissima quantità, ceppi microbici come per esempio gli Acinetobacter, un genere di batteri che è stato trovato nei luoghi dove sono stati assemblati Mars Odyssey e Phoenix. Erano in grado di crescere in condizioni di estrema pulizia, biodegradando i detergenti usati durante l’assemblaggio dei veicoli spaziali. Erano in grado di crescere e diffondersi utilizzando come fonte di energia il carbonio presente nell’alcol etilico, nell’alcol isopropilico e nel Kleenol 30 usati tipicamente per disinfettare.
Come dobbiamo comportarci allora nell’esplorazione di altri pianeti? Scegliamo di osare per l’amore della ricerca e dell'esplorazione spaziale o manteniamo un atteggiamento prudenziale, impedendo così che qualche batterio o altro abitante della Terra finisca per colonizzare altri mondi?
Questo dilemma ha creato un acceso dibattito nel caso per esempio di Marte, per il quale sono state infatti individuate alcune zone off limits, le cosiddette “Special Regions”, aree in cui può esserci acqua allo stato liquido, alla stregua di quanto avviene per i “sistemi insulari” come le isole oceaniche in cui gli ecosistemi si sono dimostrati estremamente sensibili agli effetti di un’invasione di specie aliene.
Nella Planetary Protection, il protocollo guida da seguire nella progettazione di missioni interplanetarie, è stato quindi sancito che possono accedere alle special regions solo lander e rover che soddisfano requisiti di sterilizzazione estremamente severi e costosi. Così facendo si sta impedendo di “stanare” la vita marziana nei luoghi in cui è più probabile che si trovi.
Forse dovremmo semplicemente imparare a fare i conti con una crescita della contaminazione batterica o di altre forme di vita extraterrestri, in primis dei pianeti e le lune del sistema solare, ma anche della Terra, cercando di fare il meglio che possiamo con la tecnologia a nostra disposizione.
Referenze iconografiche: sdecoret / Shutterstock