La fisica che fa bene
ATTUALITÀ PER LA CLASSE | Fisica
Usare radiazioni ionizzanti opportunamente “addomesticate” dai fisici per danneggiare i tumori: è l’obiettivo della radioterapia, che sta evolvendo verso forme sempre più sofisticate.
Nella foto: il complesso delle macchine acceleratrici del CNAO, Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica a Pavia.
Poche conoscenze si sono tanto rapidamente evolute in applicazioni tecnologiche come la scoperta delle radiazioni ionizzanti, effettuata nel 1895 dal fisico tedesco Wilhelm Röntgen e da subito utilizzata in medicina, in ambito diagnostico e terapeutico. Grazie alle molteplici implicazioni in campo sanitario, sociale ed economico, il sodalizio vincente tra la fisica di queste radiazioni e la medicina fornisce molti spunti di riflessione sul ruolo e l’importanza di una scienza dura come la fisica rispetto alla vita quotidiana.
Mi chiamo ionizzante. Radiazione ionizzante
Sotto il nome di radiazioni ionizzanti i fisici classificano una molteplicità di agenti accomunati dalla capacità di produrre ionizzazioni quando attraversano la materia. Quando l’energia della radiazione è superiore a quella che lega un elettrone a un atomo o ad una molecola (circa 30 eV) si innesca un fenomeno detto ionizzazione che porta all’espulsione dell’elettrone e alla produzione di uno ione positivo. Le radiazioni ionizzanti sono chiamate così perché, trasferendo la loro energia agli atomi, generano coppie di ioni. Se prodotte all’interno dei tessuti biologici, a loro volta danno avvio a una cascata di eventi in grado di cambiare la struttura e la funzione delle molecole delle cellule.
L’anello debole della catena
In particolare, il DNA è la molecola più sensibile che troviamo all’interno di una cellula, poiché è unica e depositaria dell’informazione genetica grazie alla quale ogni cellula si riproduce, cresce e svolge le sue specifiche funzioni.
Inoltre è la molecola più voluminosa, quindi la più facile da colpire in una gara di tiro al bersaglio, ed è molto attiva, essendo coinvolta in processi di duplicazione, trascrizione e sintesi: l’esperienza insegna che tanto più un oggetto si usa, tanto maggiore è la probabilità che si rompa. L’evoluzione, però, ha dotato le cellule di complessi meccanismi atti a sorvegliare l’integrità del DNA e a correggerlo nel caso in cui si verificassero danni che potrebbero portare a un funzionamento non corretto della cellula o alla sua morte. Che cosa c’entra tutto ciò con le radiazioni ionizzanti? C’entra se si prendono in considerazione le cellule tumorali, dove l’efficienza dei meccanismi di riparazione è ridotta, ed è proprio questa differenza tra le cellule malate e quelle sane a venire sfruttata in radioterapia. L’idea è quella di concentrare nelle prime l’effetto delle radiazioni ionizzanti, in modo da indurre un numero così alto di danni al DNA che la cellula non sia più in grado di farvi fronte, forzandola a morire.