Gli hanno dato la caccia grazie a tecniche raffinate, un gran lavoro e una buona dose di intuito. A guidarli una massima che si è rivelata azzeccata: “A volte, le cose sono più semplici di come immagineremmo”. Così, i ricercatori del gruppo di medicina molecolare guidato da Mauro Giacca all’ICGEB (Centro internazionale per l’ingegneria genetica e le biotecnologie) di Trieste sono riusciti ad arrivare a un risultato molto importante nella ricerca su HIV, il virus responsabile dell’AIDS: l’hanno stanato: hanno cioè capito dove nasconde il suo genoma all’interno del nucleo della cellula. Si tratta di un traguardo senza precedenti – premiato con una pubblicazione sulla rivista scientifica Nature – che da un lato apre nuove prospettive di ricerca, dall’altro mette in luce, ancora una volta, l’estrema efficienza con la quale il parassita ottimizza il processo di infezione, eclissandosi in un posto tanto banale quanto scaltro: proprio dietro la porta attraverso cui è entrato.
I “posti caldi” preferiti da HIV
È Bruna Marini, biologa e prima autrice di questo lavoro, a raccontare i dettagli della scoperta: «Quando il virus HIV infetta un linfocita T, cellula del sistema immunitario che rappresenta il suo bersaglio, il suo primo compito è raggiungere il nucleo della cellula stessa, dov’è contenuto il materiale genetico. Qui il genoma virale, che è a RNA, viene trascritto in DNA e integrato nei cromosomi dell’ospite». In questo modo diventa impossibile estirparlo, essendo ormai parte integrante del DNA cellulare. Dalla sua nuova posizione, inoltre, il genoma virale può cominciare a sovrintendere alla produzione di nuovi virus che, usciti dalla cellula, continueranno a infettare l’organismo. I ricercatori si sono chiesti a lungo se, in questo processo, il genoma virale finisse per inserirsi in zone particolari e specifiche del genoma ospite. «In effetti sì, lo fa: preferisce zone che chiamiamo hot spots» spiega Marini. «Se andiamo a cercare il genoma virale in una cellula infettata, lo troveremo proprio in questi “posti caldi”. Il problema è che, finora, non si riusciva a capire cosa avessero di speciale questi posti: non si trovavano elementi che li accomunassero, né ragioni particolari perché dovessero essere preferiti dal virus.» Ci si concentrava sulle caratteristiche di queste sequenze di DNA, sulla loro possibile funzione, ma, racconta Marini, non era quello il modo giusto per venire a capo del problema.
Una soluzione semplice e funzionale
«A volte, nella ricerca ci si ostina su cose complicate perdendo di vista le spiegazioni più semplici. Il genoma di HIV, una volta entrato attraverso i pori nucleari – veri e propri canali che attraversano la membrana del nucleo e servono per lo scambio di materiali con il citoplasma cellulare – si piazza, banalmente, nel primo posto disponibile. Ovvero, quello più vicino al poro stesso.» La metafora che i ricercatori del gruppo di Giacca utilizzano per spiegare il comportamento del virus è quella dell’ingresso al cinema, a film già iniziato: appena entrati in sala tendiamo a occupare le prime sedie disponibili. Conferma Marini: «Il genoma virale si comporta allo stesso modo.
I cromosomi nel nucleo occupano posizioni precise, in un’architettura definita. Gli hot spots nei quali si inserisce il DNA di HIV non sono altro che le parti di cromosoma più vicine ai pori di ingresso. Per il virus è una strategia semplice e funzionale». Se il suo genoma dovesse permanere a lungo nel nucleo, infatti, rischierebbe di essere danneggiato o di attivare meccanismi di risposta all’infezione. Nascondendosi subito, proprio dietro al cancello di ingresso, le possibilità di essere scoperto e annientato diminuiscono drasticamente. Ma non è tutto: «La posizione scelta dal virus è favorevole anche per una seconda ragione. Una volta integrato, sullo stampo del DNA virale vengono prodotte moltissime copie di RNA, dalle quali avranno origine tutte le componenti del virus, che si trasferiscono nel citoplasma per cominciare il processo di produzione di nuove particelle infettive. Stare vicino all’uscita dal nucleo rende il loro viaggio molto più agevole».