Nuove sfide per LHC

CERN

ATTUALITÀ PER LA CLASSE | Fisica

Dopo due anni di pausa tecnica, l’acceleratore di particelle più grande al mondo è stato riacceso. Ma che cosa è successo alla “macchina” in questo periodo di pausa e che cosa ci aspettiamo dai nuovi dati sperimentali? Un articolo per fare il punto della situazione, in attesa di nuove scoperte.

Paolo Magliocco

Dopo due anni di stop, LHC è stato riacceso. L’acceleratore di particelle del Cern, la più grande (e più costosa) macchina mai costruita dall’uomo, sta per ricominciare a fornire dati dai quali gli scienziati di tutto il mondo si aspettano grandi novità. Dopo aver provato l’esistenza del bosone di Higgs, potrebbe ora dare le prime conferme a teorie ancora prive di verifica sperimentale o invece (come sperano alcuni) produrre risultati inattesi, che costringano a rivedere le teorie stesse e addirittura a formularne di nuove.

Un’energia sempre più alta

LHC è una macchina estremamente interessante, non solo per la fisica che “produce”, ma anche per la fisica che utilizza per il proprio funzionamento. Il lavoro fatto in questi due anni in cui l’acceleratore è rimasto spento è stato molto importante. Ricordiamo che LHC è un anello sotterraneo lungo quasi 27 chilometri in cui fasci di protoni corrono in tondo, in direzioni opposte, facendo 11 245 giri al secondo: una velocità molto vicina a quella della luce. Quando i protoni raggiungono la massima energia, vengono fatti scontrare. Nel 2012 LHC ha raggiunto la massima potenza di 8 TeraelettronVolt (TeV), facendo scontrare due fasci contrapposti di protoni, ciascuno con energia di 4 Tev. Per sperare di osservare nuove particelle sconosciute, è necessario aumentare ancora l’energia delle collisioni. LHC è ora in grado di raggiungere 13 TeV di energia totale – 6,5 per ciascuno dei due fasci di protoni – con un aumento di oltre il 60 per cento della potenza. Per ottenere questo risultato bisogna per prima cosa aumentare l’energia fornita alle particelle, facendo passare i protoni più volte ancora negli apparecchi che, a ogni giro, danno loro una piccola spinta in più. Inoltre, bisogna fare in modo che le particelle continuino a viaggiare nella direzione giusta, circolando in tondo nell’anello senza mai “uscire di strada”.

Visualizzazione di una collisione da ATLAS

Protoni in riga

Per mantenere la direzione (leggermente curva) dei protoni, LHC utilizza 1232 magneti che, con i loro fortissimi campi magnetici, assolvono a questo compito di “guida”. I magneti riescono a produrre campi così forti perché sono realizzati con materiali superconduttori, che non dissipano energia. Tutta l’energia fornita contribuisce quindi a creare il campo magnetico, con il risultato che questo è molto più forte rispetto a quello che verrebbe creato con un materiale come il rame. Perché il materiale di cui sono fatti i magneti acquisti la superconduttività, è però necessario che venga tenuto appena al disopra dello zero assoluto (1,9 K°). Se la temperatura salisse, anche di pochissimo, la superconduttività cesserebbe e i magneti improvvisamente rilascerebbero grandi quantità di energia. È quello che successe nel 2008, bloccando LHC per oltre sei mesi. Ebbene, 15 di questi magneti sono stati sostituiti con altri ancora più potenti e sono stati rivisti e migliorati oltre 10 000 collegamenti tra magneti, per evitare ogni dispersione. Inoltre, sono stati sostituiti 3 dei magneti che hanno il compito di avvicinare il più possibile tra loro i protoni: più i protoni sono vicini, più aumentano le probabilità di collisioni tra i due fasci che corrono in direzioni opposte. I fisici sperimentali definiscono questa proprietà come “luminosità”, poiché è come se aumentasse la luce di cui dispongono per vedere le particelle create dagli scontri.

Collisione rilevata da CMS

Grandi aspettative, poche certezze

Grazie alle collisioni delle particelle nell’acceleratore, i fisici stanno realizzando molte ricerche diverse. Infatti, quando due particelle si scontrano succedono moltissime cose, a partire dal fatto che danno origine a una pioggia di altre particelle che si trasformano rapidamente una nell’altra. Vediamo le ricerche principali che si stanno conducendo in LHC.

Nuove informazioni sul bosone di Higgs

Nel 2012 i dati raccolti dai rilevatori ATLAS e CMS hanno concordemente indicato che all’energia di 125 GeV (125,09 ± 0,24 GigaelettronVolt) appare una particella elementare. Tale particella è compatibile con le caratteristiche previste dalla teoria per il bosone di Higgs, ovvero il quanto di energia del campo di Higgs, che fornisce una massa a tutte le altre particelle. Il bosone di Higgs era l’unica particella non ancora osservata tra quelle previste dal Modello Standard, ovvero la teoria che, oggi, descrive nel modo più completo e preciso come sia fatta la materia che ci circonda e come funzionino le forze che la governano: poche particelle elementari, sedici in tutto, e solo la forza di gravità lasciata fuori dal modello, in attesa di una spiegazione che riesca a comprendere anche lei. Il bosone di Higgs era la sedicesima particella, l’ultima della quale dovesse essere provata sperimentalmente l’esistenza. Ora, grazie alle collisioni a livelli di energia più elevati, sarà possibile veder apparire un maggior numero di queste particelle e così studiare meglio le loro caratteristiche. Il punto più affascinante è capire come il bosone di Higgs interagisca con le altre particelle e con se stesso. È molto importante verificare se le sue proprietà coincidano con quelle previste dalla teoria (come è successo fino ad ora).

Un braccio di un rilevatore TOTEM T2

A caccia di nuove particelle

Aumentando l’energia delle collisioni, potrebbero apparire nuove particelle. Come già è avvenuto per il bosone di Higgs, non esiste alcuna indicazione teorica precisa sulla massa di queste particelle.
Dunque, non è certo che le energie raggiunte siano sufficienti per rivelarle, ammesso che esistano. Tuttavia, i fisici si aspettano di trovare nuove particelle sconosciute, per esempio perché la massa di nuove particelle potrebbe aiutare a spiegare la ragione per la quale nell’Universo la forza di gravità è molto maggiore di quella prevista in base alla massa di materia che conosciamo. Gli astrofisici hanno fatto e rifatto i calcoli e sono sicuri che sia così: la materia che conosciamo, quella che vediamo con i nostri telescopi, cioè quella che interagisce con la luce e le altre forme in cui si manifesta la forza elettromagnetica, è troppo poca per giustificare la forza di gravità. L’ipotesi è che esista una forma di materia dotata di massa (che quindi interagisce con il bosone di Higgs) ma invisibile (che non interagisce con il campo elettromagnetico): la cosiddetta materia oscura. Le particelle che formano la materia oscura potrebbero essere anche parte di nuovi modelli teorici. Il più noto è il modello della supersimmetria, che prevede l’esistenza di particelle analoghe a quelle conosciute, diverse per la massa e alcune caratteristiche, come lo spin.

LCH

La “zuppa” dopo il Big Bang

Il Modello Standard prevede che le particelle come i protoni e i neutroni siano composti da quark, tenuti insieme da altre particelle chiamate gluoni. La forza nucleare forte tiene quark e gluoni uniti in modo così forte che è impossibile vederli liberi e studiare il loro comportamento. Grazie all’energia di LHC e alle collisioni tra nuclei atomici molto pesanti, come quelli di piombo, anziché tra semplici protoni, i fisici sostengono che quark e gluoni potrebbero apparire per breve tempo liberi e in grandi quantità. Ce ne sarebbero abbastanza, tutti insieme nello stesso momento, da dare origine a una situazione simile a quella che si sarebbe verificata un milionesimo di secondo dopo il Big Bang, prima che l’abbassamento della temperatura portasse quark e gluoni a legarsi per sempre. È quella che viene chiamata “zuppa di quark e gluoni”, in realtà un plasma di particelle che non è mai stato osservato sperimentalmente. Dopo due anni d i inattività LHC riparte con maggiore potenza

Un’asimmetria inattesa

Materia e antimateria sono presenti in quantità asimmetriche: la materia è più abbondante dell’antimateria. Questa situazione contrasta con l’ipotesi che materia e antimateria siano state prodotte in quantità uguale al momento del Big Bang. Per capire come si sia verificata l’asimmetria bisogna cercare di studiare grandi quantità di materia e antimateria prodotte contemporaneamente.

I SEI ESPERIMENTI

Nel linguaggio dei fisici sperimentali, un esperimento identifica tanto la macchina che lo realizza, quanto la ricerca che grazie a questa macchina viene condotta. Così ATLAS e CMS, i due esperimenti per la ricerca di nuove particelle, sono in effetti due giganteschi rivelatori, capaci di vedere un gran numero di particelle diverse tra quelle che sono prodotte dallo scontro dei protoni: muoni, fotoni ecc. Attorno a LHC sono stati realizzati sei esperimenti, ci sono quindi sei rivelatori che registrano dati del tutto o in parte differenti per cercare di verificare ipotesi scientifiche diverse. Vediamoli, uno per uno.

ATLAS E CMS
Sono i due esperimenti più grandi, come dimensioni degli apparecchi e come risultati che possono ottenere. Sono loro ad aver “visto” il bosone di Higgs. Grazie ai loro rivelatori possono individuare molte delle particelle prodotte dalle collisioni. Infatti il bosone di Higgs, come altre particelle elementari, non può essere visto direttamente, poiché ha una vita troppo breve: vengono rivelate invece le particelle in cui decade. Per questo sono ATLAS e CMS che potrebbero rivelare nuove particelle.

ALICE
È l’esperimento che osserva le collisioni tra interi nuclei atomici, anziché tra particelle come i protoni. Nuclei pesanti, come il piombo, contengono molti protoni e neutroni (il piombo ne ha tra 204 e 208). Quando si scontrano ad altissima energia, protoni e neutroni dovrebbero lasciar scappare i quark e i gluoni che si trovano al loro interno. In termini più tecnici, i fisici del Cern si aspettano di osservare una transizione della materia nello stato di plasma di quark e gluoni. In termini più semplici, per la prima volta si dovrebbe capire come si comportano quark e gluoni quando non sono stretti insieme a formare la materia ordinaria.

LHC-b
Questo esperimento cerca di vedere particelle di materia e antimateria prodotte dalle collisioni tra protoni e di capire come si comportino. L’idea è che materia e antimateria debbano avere qualche piccola differenza di comportamento e che da questa differenza derivi il fatto che la materia sia più abbondante dell’antimateria. Per riuscire a cogliere le differenze, LHC-b studia solo alcune particelle, i mesoni Bs. In effetti, è già stata rilevata una differenza nel modo in cui mesoni Bs di materia e mesoni Bs di antimateria decadono, ossia si trasformano in altre particelle.

LHC-f
È l’esperimento più piccolo di LHC e studia la produzione e l’interazione di alcune particelle neutre prodotte dalle collisioni. È molto particolare, perché il suo rivelatore si trova a ben 140 metri di distanza dal punto in cui le particelle si scontrano. Il suo lavoro serve a comprendere il comportamento delle particelle cosmiche quando attraversano la nostra atmosfera e dunque la pioggia continua di particelle a cui tutti siamo sottoposti.

TOTEM
Quando i protoni si scontrano, possono succedere cose diverse. Possono centrarsi in pieno o solo sfiorarsi, oppure si può verificare un caso intermedio. L’esperimento Totem è dedicato a studiare quante volte si verificano i tre diversi casi e che cosa succede davvero nell’uno e nell’altro. In questo modo si capirà meglio come è fatto davvero un protone: la sua forma, la sua dimensione e come queste caratteristiche si modifichino, per esempio in base alla sua energia.

PER APPROFONDIRE

  • M. Delmastro, Particelle familiari, Laterza, Roma 2014.
  • P. Magliocco, La grande caccia, Pearson, Milano 2013.
  • L. Maiani, Bassoli R., A caccia del bosone di Higgs, Mondadori Università, Milano 2013.
  • Democrito aveva ragione? Edizione 2014 della manifestazione OrvietoScienza, dedicato alla fisica delle particelle e al lavoro di LHC. Al link i video degli interventi 
  • Il buio oltre il bosone, puntata della trasmissione radio Radio3Scienza dedicata alla ripresa delle attività di LHC.

Scheda didattica

Nuove sfide per LHC

di Roberto Vanzetto

Articolo in PDF

Nuove sfide per LHC

di Paolo Magliocco

 

Paolo Magliocco è un giornalista, appassionato di scienza e divulgazione. Dirige il sito Videoscienza. Ha scritto un libro sulla scoperta del bosone di Higgs (La grande caccia, Pearson) e collabora con diversi giornali.