Piante su Marte

Il primo fiore cresciuto nel la serra dal la Stazione spaziale internazionale

ATTUALITÀ PER LA CLASSE | Tecnologia, Scienze, Biologia, Scienze della Terra

Avete presente Mark Watney, il protagonista del film Sopravvissuto - The Martian? Per riuscire a sopravvivere su Marte si ingegna come può a coltivare patate spaziali. Ma a che punto è la ricerca per la produzione di piante in orbita o, addirittura, proprio sul pianeta rosso?

Valentina Tudisca

Il recente film Sopravvissuto – The Martian mette a tema la vita, e la produzione di cibo, su Marte

Solo, su un pianeta inospitale lontano milioni di chilometri dalla Terra, ma determinato a vendere cara la pelle e persino ironico. Nel film di Ridley Scott Sopravvissuto - The Martian, del 2015, l’astronauta Mark Watney (l’attore Matt Damon) si ritrova abbandonato su Marte perché creduto morto dal resto dell’equipaggio di una missione sul pianeta rosso in seguito a una tempesta di sabbia. Pronto a tutto pur di sopravvivere fino all’arrivo della missione successiva, date le scorte limitate, dovrà per forza prodursi il cibo da sé. Come un Robinson Crusoe del futuro, mette a frutto le sue competenze di ingegnere e botanico per allestire un orto a base di terra marziana – e feci umane come concime – per coltivare patate.

Obiettivo Marte

Lo scenario descritto dal film, ambientato tra vent’anni, non è così lontano dalla realtà: la NASA – l’agenzia spaziale americana che ha fornito alla produzione una solida consulenza scientifica – sta già sviluppando tecnologie per coltivare nello spazio in vista della prima missione umana su Marte, in programma per il 2030 come annunciato a ottobre 2016 dal presidente degli Stati Uniti, Barack Obama (qui l’annuncio di Obama).
I coloni marziani non potranno infatti godere di periodici rifornimenti di cibo come accade per gli astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale (SSI), in orbita intorno alla Terra a “soli” 400 km sopra le nostre teste. L’equipaggio dovrà rimanere nello spazio per almeno 18 mesi (6-8 mesi solo per il viaggio), e per una missione di un anno tre astronauti avrebbero già bisogno di 33 tonnellate di peso tra cibo, acqua e ossigeno.
L’obiettivo della prima missione umana su Marte sarà quindi stabilire una base permanente autosufficiente rispetto alla Terra.

Vita difficile per le piante su Marte

L’ambiente del pianeta rosso pone numerose sfide alla coltivazione di piante terrestri. In particolare, possono influire sulla loro crescita la bassa gravità (il 38% di quella terrestre) e l’esposizione a radiazioni cosmiche ionizzanti, che sulla Terra sono schermate grazie alla presenza di determinati strati atmosferici, oltre che della magnetosfera, assenti su Marte.
A questo si aggiungono altri parametri ambientali come temperature estreme (fino a -150°C di notte), scarsità di luce solare (Marte ne riceve il 43% in meno rispetto alla Terra perché più distante e interessato da intense tempeste di polvere), pressione atmosferica minima (lo 0,6% di quella terrestre), un terreno sabbioso e povero di nutrienti, assenza di acqua allo stato liquido. Proteggere le colture all’interno di una serra pressurizzata isolata termicamente e illuminata artificialmente, sotterranea per evitare raggi cosmici e micrometeoriti, e ricavare acqua dalle riserve ghiacciate di Marte, sono soluzioni almeno parziali.
Ricerche si stanno svolgendo a bordo della SSI e in laboratori terrestri, con apparecchi che annullano gli effetti dell’azione unidirezionale della forza di gravità sull’organismo facendolo ruotare continuamente, ma anche in aree della Terra dove la composizione chimica del suolo è ritenuta confrontabile con quella di Marte – per esempio sulle isole Hawaii o nel deserto di Pampas de la Joya in Perù – per indagare gli effetti di bassa gravità e terreno marziano sulla coltivazione.

Il problema della ridotta gravità

All’interno di Veggie, serra iper-tecnologica a risparmio energetico installata sulla SSI nel 2014, si sta sperimentando la coltivazione nello spazio per individuare le condizioni ottimali per la produzione di cibo fresco in orbita. Si tratta di una sfida non da poco, perché le piante hanno imparato ad adattarsi a variazioni di fattori ambientali (temperatura, luce, disponibilità di acqua e nutrienti) sottoposte in modo costante al campo gravitazionale terrestre. Esperimenti a bordo di satelliti e stazioni spaziali hanno mostrato che condizioni di gravità ridotta non impediscono in realtà il completamento dei cicli vitali delle piante: nello spazio i semi germinano e possono crescere, fiorire e formare frutti contenenti semi a loro volta capaci di germinare, completando il ciclo “da seme a seme”. È possibile però che alcuni processi biologici, a partire da quelli di divisione e differenziamento cellulare, vengano alterati.  

A bordo della SSI sono cresciute, per la prima volta nel 2015, piantine di lattuga

Contadini spaziali

Gli astronauti a bordo della SSI, in condizioni di controllo ambientale e ventilazione, sono riusciti a far crescere su un substrato inerte a base di argilla piantine di crescione e di lattuga rossa romana, che ad agosto 2015 si è guadagnata il record di prima verdura coltivata e mangiata nello spazio. A gennaio 2016 è invece sbocciato il primo fiore in orbita, da semi di zinnia; un risultato tutt’altro che scontato se consideriamo che lo sviluppo di piante floreali richiede condizioni ambientali ancora più specifiche – per esempio la simulazione del ciclo giorno/ notte tramite luci a led rosse, blu e verdi – e impiega un tempo doppio rispetto alla lattuga (circa 60 giorni). La riuscita dell’esperimento consentirà anche di studiare le modalità di conservazione dei semi nello spazio, rilevare possibili problemi causati dal polline e valutare l’impatto dei fiori sull’umore degli astronauti; ma soprattutto apre la strada alla coltivazione di ortaggi da frutto, come il pomodoro, la cui semina sulla SSI è programmata per il 2017.

Parola d’ordine: riciclare

Mentre sulla SSI ci si concentra sulla microgravità, sulla Terra si svolgono test di coltivazione su terreno marziano “simulato” per migliorarne la qualità, utilizzando per esempio cenere di vulcani hawaiani, sterilizzata e filtrata. I problemi principali sono la carenza di elementi nutritivi, la scarsa capacità di trattenere l’acqua e l’elevata presenza di metalli pesanti, che potrebbero rendere le colture tossiche se assorbiti da piante e frutti. Tra le soluzioni sperimentate con successo, l’aggiunta di concime organico che, legandosi all’alluminio, evita che il metallo venga assorbito, e l’inoculazione nelle radici di batteri in grado di produrre sostanze nutritive, per esempio convertendo l’azoto
– elemento assente nel suolo di Marte –
che si trova nell’aria in modo da renderlo disponibile per le piante. «Questo tipo di ricerche si inquadrano nel contesto più ampio della scienza dei sistemi biorigenerativi», spiega Francesca Ferranti dell’Agenzia Spaziale Italiana. «Si tratta di ecosistemi autosufficienti chiusi, in grado, oltre che di produrre alimenti, di purificare l’acqua, rigenerare l’atmosfera (produrre ossigeno e assorbire diossido di carbonio) e garantire la sicurezza dell’ambiente tramite la riduzione di composti organici volatili e il riciclaggio dei rifiuti: le piante producono, gli astronauti consumano e batteri e funghi decompongono gli scarti in sostanze riutilizzabili dalle piante.»

Gli esperimenti sulla SSI si concentrano sulla coltivazione di piante di piccola taglia e con cicli di produzione veloci

Dalla Terra al pianeta rosso

Non è certo, però, che i successi terrestri siano riproducibili anche su Marte; per questo bisognerà aspettare l’arrivo sulla Terra di campioni di suolo marziano, grazie alla missione Mars Sample Return, guidata da NASA ed ESA e il cui lancio è previsto per il 2020-2022, o condurre esperimenti direttamente sul pianeta rosso. È probabile che per i primi raccolti si ricorrerà a colture idroponiche o aeroponiche, dove le radici delle piante sono immerse direttamente in acqua o sospese in aria in un ambiente umido, da cui ricevono i nutrienti. «Una volta avviato il sistema con un apporto iniziale d’acqua», specifica Ferranti, «l’acqua verrà poi recuperata e purificata dalle piante e dai microorganismi selezionati.»

Piante in assenza di gravità

Le difficoltà per le piante in assenza del campo gravitazionale terrestre cominciano già dalla germinazione: gli stessi semi che sulla Terra sviluppano radici verso il basso, in microgravità lo fanno in ogni direzione. Nelle piante adulte, l’alterazione nel movimento dei fluidi può influire sugli scambi gassosi. Di solito, le foglie traspirano vapore, assorbendo diossido di carbonio ed emettendo ossigeno, e creano così la forza motrice necessaria per la risalita dell’acqua dalla radice attraverso tutta la pianta. Inoltre, come effetto collaterale di questo meccanismo c’è un abbassamento della temperatura dei tessuti.
In microgravità, invece, tale processo è ostacolato dall’aria che ristagna intorno alle foglie per l’assenza di moti convettivi, con un conseguente rallentamento della fotosintesi e un aumento di temperatura, fino a possibili modifiche nella struttura delle pareti delle cellule vegetali e nella composizione nutrizionale delle parti commestibili.

Coltivare in orbita?

Quali sono le specie migliori da provare a coltivare nello spazio? Considerando gli ambienti e la disponibilità di risorse e tempo limitati, si prediligono piante di piccola taglia e molto produttive, con cicli di produzione veloci e proporzione di parti edibili elevata rispetto ai residui, resistenti a malattie e non in competizione fra loro. Finora, nei programmi di ricerca spaziale sono state selezionate colture con elevato contenuto energetico, proteico o di antiossidanti, come grano, soia e pomodoro. Le patate, come quelle che l’astronauta Mark Watney coltiva in Sopravvissuto - The Martian, sono al centro di un esperimento promosso dalla NASA e dall’International Potato Center di Lima: Potatoes On Mars. Sono state scelte per ricchezza di nutrienti e capacità di produrre germogli anche in ecosistemi aridi.

PER APPROFONDIRE

  • The Real Martians, collezione di articoli della NASA sul progetto di colonizzazione di Marte.
  • Con una spettacolare infografica sui viaggi marziani.
  • Bignami G. e Sommariva A., Oro dagli asteroidi e asparagi da Marte. Realtà e miti dell’esplorazione dello spazio, Mondadori Università, Milano 2015.
  • Flamini E., Obiettivo pianeta rosso, su Le Scienze, vol. 578, ottobre 2016.
  • Weir A., L’uomo di Marte, Newton Compton Editori, Roma 2014. Il libro dal quale è tratto il film The Martian.

Scheda didattica

Piante su Marte 

di Antonio Varaldo

Articolo in PDF

Piante su Marte

di Valentina Tudisca

 

Valentina Tudisca: ha un dottorato in fisica e fa ricerca all’IRPPS-CNR su temi legati al rapporto tra scienza e società. Nel frattempo scrive di scienza per diverse testate, tra cui National Geographic Italia.