Non solo sapiens: le ultime novità sul genere Homo
ATTUALITÀ PER LA CLASSE | Biologia
Fino a non molto tempo fa non eravamo gli unici rappresentanti del genere Homo sulla Terra: c‘erano anche gli uomini di Flores, diNeanderthal, di Denisova. Ed è appena stata scoperta in Sudafrica una specie più antica, Homo naledi. In questo articolo una panoramica sull’origine della nostra specie e sui suoi rapporti con gli altri Homo.
L’uomo è sempre stato interessato ai suoi antenati, anche e soprattutto quelli lontanissimi. Lo testimonia la maggior parte dei libri sacri delle religioni mondiali, che inizia con la creazione della nostra specie (e, marginalmente, di tutto il resto dell’Universo). Ma solo la scienza è riuscita veramente a chiarire quali possono essere stati gli avvenimenti che hanno portato alla comparsa di Homo sapiens. Per questo ogni nuova scoperta viene accolta con grande eccitazione dal mondo dei paleoantropologi, dalla stampa specializzata e spesso anche da mezzi di comunicazione più generali.
L’uomo delle stelle
L’ultimo “uomo” ritrovato, in una stretta grotta in Sud Africa, è stato chiamato, dal suo scopritore Lee Berger, Homo naledi. Significa circa “uomo delle stelle”, perché scoperto in una grotta nota come Dinaledi chamber (“grotta delle molte stelle”). È una specie che appartiene al nostro genere (Homo) e non a quello che si presume comprenda i nostri antenati più antichi (Australopithecus); lo scheletro ha alcune caratteristiche molto interessanti, che contribuiscono a chiarire parecchi aspetti fondamentali della nostra evoluzione.
Un esempio di evoluzione a mosaico
La parte inferiore del corpo di Homo naledi può essere descritta molto genericamente come quella di una specie che camminava su due gambe, proprio come noi, mentre quella superiore, soprattutto il cranio, aveva tutte le caratteristiche di specie molto precedenti. Homo naledi sembra così costituito da pezzi presi da scheletri diversi: un esempio della cosiddetta evoluzione a mosaico. Vediamo perché. È vero che delle migliaia di ossa ritrovate (che formano almeno 15 scheletri praticamente completi, un numero altissimo) la parte inferiore è adattata alla camminata bipede. Ma, allo stesso tempo, le ossa delle dita dei piedi sono più incurvate: una caratteristica che fa pensare che sia stato anche in grado di arrampicarsi sugli alberi molto meglio di noi. Lo stesso si può dire delle mani: sono forti e hanno quasi sicuramente la presa di destrezza tipica degli uomini, anche se le dita curve, ancora una volta, fanno pensare che Homo naledi fosse un abile arrampicatore. Il cranio, infine, non era una scatola tondeggiante che ospita un cervello di dimensioni notevoli, ma un contenitore non molto più grande di quello degli australopitechi, le numerose specie che precedettero il genere Homo. Pur avendo un cervello piuttosto minuscolo (circa 500 centimetri cubi, poco più di un terzo del nostro), quindi, questa specie aveva un corpo quasi moderno. Ecco il perché della definizione evoluzione a mosaico; significa che alcune parti del corpo di un animale o di una pianta si modificano, evolvono, mentre altre parti non cambiano, e rimangono simili a quelle di specie più antiche.