In che modo possiamo proteggerci da queste infezioni?
Moltissimo viene già fatto lungo tutta la filiera produttiva, attraverso controlli serrati che cercano di intercettare eventuali rischi il prima possibile. Per quanto riguarda i prodotti di origine animale, gli attori principali di questo sistema sono i veterinari delle ASL, che presidiano allevamenti e stabilimenti di trasformazione sul territorio con controlli periodici. Per esempio, negli allevamenti eseguono prelievi di campioni (sangue, urine, feci) per controllare lo stato di salute degli animali. I campioni sono analizzati dal personale degli Istituto zooprofilattici, distribuiti su tutto il territorio nazionale. Se c’è qualcosa che non va, si prendono le misure necessarie per evitare che vadano in circolazione prodotti a rischio: può essere l’abbattimento degli animali o, più semplicemente, l’obbligo di vendere le uova di un allevamento in cui sia stata ritrovata Salmonella solo per la pastorizzazione e non come fresche. In realtà, i controlli vengono fatti anche più a monte, per esempio sui mangimi, dai quali gli animali stessi potrebbero ricevere i microrganismi incriminati.
E per quanto riguarda gli stabilimenti di trasformazione?
Stesso discorso: impianti di macellazione, salumifici, latterie, caseifici sono tutti sottoposti a ispezioni e a prelievi periodici, che proseguono anche nei passaggi successivi della filiera, come i supermercati, i piccoli negozi, le mense o i ristoranti. Anche in questo caso, se si trova qualcosa che non va si mettono in atto misure appropriate di riduzione del rischio, che possono andare dalla revisione delle procedure di disinfezione di uno stabilimento alla chiusura di un ristorante. Ricordiamo che per legge ogni operatore del settore alimentare deve redigere un piano di autocontrollo, che metta nero su bianco tutte le possibili fonti di rischio e le misure previste per contenerle.
Che spazio c’è per l’innovazione scientifica e tecnologica in queste misure di contenimento?
Tantissimo, anche perché per un’azienda alimentare essere causa di un’intossicazione è un enorme danno economico e di immagine. Per questo, le aziende sviluppano e testano di continuo nuove tecnologie per esempio per arrivare a sostanze e materiali antibatterici sempre più efficaci. Un grande sforzo è dedicato anche a capire come si comportano i batteri nel tempo, per predire la durata di vita del prodotto e quindi le date di scadenza, che non sono messe a caso, ma grazie a studi raffinati di microbiologia predittiva, che prevedono anche il ricorso a modelli matematici e a un’informatica molto avanzata.
E a casa, che cosa possiamo fare per ridurre il rischio di intossicazioni alimentari?
Basta seguire alcune regole davvero molto semplici. Anzitutto, conservare correttamente gli alimenti, per esempio mantenendo separati in frigorifero – che deve essere sempre ben pulito – gli alimenti crudi e quelli cotti. Controllare sempre le date di scadenza, e magari in frigorifero o in dispensa mettere davanti gli alimenti che scadono prima. Consumare i prodotti freschi, per esempio gli affettati, il prima possibile dopo averli acquistati. E ancora: avere sempre cura dell’igiene in cucina: lavarsi bene le mani con acqua e sapone quando si cucina e lavare accuratamente anche taglieri e coltelli, per evitare la possibilità di cross-contaminazione. Per esempio: se taglio l’insalata ben pulita con lo stesso coltello che ho appena usato per il pollo crudo, rischio di trasferire alla verdura, che mangerò così com’è, eventuali microrganismi presenti sull’animale, che invece verrà cotto e non darà problemi. A questo proposito, è bene ricordare che la cottura è un ottimo metodo di decontaminazione: la prima regola di sicurezza è consumare la carne ben cotta.