Una nuova dimensione della chimica
Il concetto fondamentale della fotochimica sta nel fatto che l’assorbimento della luce corrisponde alla “cattura” di un fotone da parte di una molecola nel suo stato elettronico fondamentale e causa la formazione di uno stato elettronico eccitato. Quindi, mentre le reazioni chimiche normali (termiche) si originano dallo stato elettronico fondamentale, quelle fotochimiche si originano dagli stati elettronici eccitati. Ogni stato elettronico eccitato ha sue specifiche caratteristiche chimico-fisiche e, pertanto, va considerato come una nuova specie chimica rispetto allo stato fondamentale dal quale deriva. La fotochimica può così essere vista come una nuova dimensione della chimica.
Gli stati elettronici eccitati sono specie a vita molto breve, usualmente dell’ordine dei microsecondi (10-6 s), nanosecondi (10-9 s) o picosecondi (10-12 s) e scompaiono essenzialmente attraverso reazioni chimiche, emissione di luce e disattivazioni non radiative. Questi tre tipi di processi sono in competizione e il prevalere di uno sull’altro dipende dal tipo di molecola, dal tipo di stato eccitato e dalle condizioni sperimentali. È ovvio che, dato il tempo di vita così breve, l’osservazione diretta degli stati eccitati richiede l’uso di tecniche estremamente veloci, basate sull’impiego di laser come sorgenti pulsate.
Energia e informazione
L’interazione fra luce e materia può essere utilizzata per ottenere energia o per elaborare informazioni. Questo è esattamente quanto avviene in natura, dove la luce solare viene utilizzata nel processo di fotosintesi per ottenere i prodotti dell’agricoltura e nei processi collegati alla visione per ottenere informazioni sul mondo che ci circonda. Con processi fotochimici artificiali, basati su materia non vivente, gli scienziati si propongono di utilizzare il duplice aspetto energetico e informatico della luce: da un lato per produrre, mediante la luce solare, energia elettrica o combustibili, dall’altro per costruire sensori o processori di segnali.
Un’industria molto speciale
La più grande industria sulla Terra è, paradossalmente, l’agricoltura. Infatti, grazie al processo della fotosintesi, le piante si comportano come vere e proprie “fabbriche” chimiche nelle quali materie prime facilmente reperibili e di basso costo (acqua e biossido di carbonio) sono trasformate, mediante reazioni fotochimiche, in ossigeno e prodotti organici di grande pregio e ad alto contenuto energetico (come gli zuccheri) che possono essere definiti “combustibili”. L’agricoltura, quindi, è un’industria del tutto speciale: invece di consumare combustibili, li produce, utilizzando la luce del sole, fonte energetica gratuita e inesauribile.
La fotosintesi opera in natura da almeno due miliardi di anni e, oltre a mantenere la vita sulla Terra, ha permesso l’accumulo, nelle ere geologiche, di enormi riserve di petrolio, gas naturale e carbone che l’uomo consuma con avidità e che vanno rapidamente esaurendosi.
Un logico tentativo di soluzione del problema energetico è cercare di utilizzare in modo più efficiente l’enorme quantità di energia luminosa che viene dal sole. Migliorare ed estendere l’agricoltura è certamente utile, ma non può che rappresentare una soluzione molto parziale: l’agricoltura, infatti, è efficiente solo dove c’è terra buona e clima adatto, necessita inoltre di fertilizzanti e richiede molto lavoro manuale o meccanico. Per utilizzare appieno l’energia solare bisogna quindi trovare altre soluzioni.