Vita nei ghiacci

Raccolta dei campioni di ghiaccio

IDEE PER INSEGNARE | Biologia

Da un’originale esperienza di ricerca, un insegnante propone un’articolata presentazione utile per illustrare in classe il tema delle reti trofiche in un ambiente particolare come quello antartico.

Luca Miserere

Nel novembre del 2012 ho partecipato alla XXVIII Spedizione Italiana in Antartide organizzata dal Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA). Un’esperienza unica, fantastica che mi ha permesso di conoscere e ampliare le mie conoscenze sulle Scienze Polari e di realizzare un esercizio molto interessante di collegamento fra la ricerca e la divulgazione scientifica. Fra le tante esperienze condotte durante la spedizione, la principale è stata quella di affiancamento al progetto scientifico SICaF (Sea Ice Carbon Flux), che ha lo scopo di studiare la componente organica presente nel ghiaccio marino per valutare l’importanza di questo elemento nell’ecosistema marino antartico. La mia attività si è svolta per circa un mese presso la stazione Mario Zucchelli, base italiana in Antartide. Durante questo periodo ho raccolto un grande quantitativo di materiale didattico, che ho organizzato in alcune schede didattiche su vari argomenti polari [1] e in una presentazione su Prezi che illustra le varie forme di vita presenti nel ghiaccio [2]. E, in effetti, per me è stato proprio sorprendente scoprire la complessa ed importante vita presente in un ambiente così estremo.

Carotaggio dei ghiacci

Un materiale didattico

La presentazione può essere riproposta in classe per illustrare come la notevole biomassa prodotta da minuscole microalghe sia il motore di una rete trofica che alimenta ben cinque gradi di consumatori. Questo può aiutare a trasmettere agli studenti l’importanza degli oceani polari e la loro notevole complessità, aiutando anche a riflettere sul ruolo dei cambiamenti climatici e sulle loro conseguenze globali.

Diatomee: microalghe, ma grandi produttori

Il progetto SICaF ha come obiettivo la caratterizzazione della struttura, del funzionamento e dell’efficienza delle reti trofiche simpagiche e pelagiche nelle aree costiere antartiche, mediante un’analisi comparativa dei processi di produzione, consumo, degradazione ed esportazione del carbonio organico. Nella parte del progetto che ho seguito, le attenzioni erano tutte rivolte al ruolo delle microalghe, produttori dell’ecosistema marino antartico. Tra queste, le diatomee sono le più rilevanti poiché contribuiscono per il 75% alla produzione primaria nell’oceano Meridionale (per il 50% in tutti gli oceani). Esse quindi costituiscono la base delle reti trofiche antartiche; per questo motivo nella mia presentazione su Prezi rivestono una posizione centrale, con immagini di diverse specie fotografate sia al microscopio ottico sia a quello elettronico, che permette di vedere meglio le meravigliose ornamentazioni del guscio siliceo di questi organismi unicellulari.

La microalga Nitzschia stellata

Studiare la biomassa

Lo studio delle diatomee condotto dai ricercatori non si basa solo sulla composizione specifica delle comunità ma, in questi ultimi anni, si è concentrato sempre più sui potenziali meccanismi di controllo della crescita e dell’accumulo della biomassa microalgale come l’irradianza, la dinamica della colonna d’acqua, la temperatura, la presenza dei macro- e micronutrienti ed infine le attività di pascolo (grazing) da parte del krill. Per esempio, durante la sua formazione il ghiaccio marino costituisce una trappola efficace di nutrienti provenienti dall’aerosol minerale dell’atmosfera attraverso i venti. In estate, invece, al momento dello scioglimento del ghiaccio, questi micronutrienti verranno rilasciati in mare insieme alle microalghe. Inoltre, gli studi condotti hanno evidenziato che la disponibilità di ferro gioca un ruolo chiave nel limitare i processi di produzione primaria.

In continuo movimento

Le comunità di microalghe sono prevalentemente planctoniche, ma vi sono anche alghe bentoniche che risalgono lungo la colonna d’acqua dal fondo verso il punto di contatto con il ghiaccio marino, costituito anche da una caratteristica struttura inconsistente sotto forma di scaglie (platelet). L’alone scuro nella parte terminale delle carote di ghiaccio che si possono vedere in alcune immagini della presentazione testimonia la notevole concentrazione di microalghe, che aumenta sempre più durante la stagione primaverile fino al completo scioglimento del ghiaccio marino. In corrispondenza di questo evento, le diatomee ritornano sui fondali muovendosi lungo la colonna d’acqua, un’immagine estremamente affascinante.

Foca di Weddel, in Antardide

Dal krill all’orca

La grande biomassa di diatomee è il cibo principale del krill (Euphausia superba) che ha la capacità di rimuovere completamente le fioriture microalgali attraverso un grazing selettivo del ghiaccio marino. Il krill costituisce anche l’alimento di numerosi pesci e pinguini e quindi rappresenta il punto di partenza di tutta la catena trofica alimentare marina. A questo piccolo e fondamentale crostaceo si collega anche Pleuragramma antarcticum, un pesce che depone le uova proprio nel ghiaccio marino. La presentazione, attraverso l’intervista a Eva Pisano, ricercatrice presso l’Università di Genova, mostra gli studi che si stanno conducendo per capire la biologia di questo importante pesciolino, principale alimento dei pinguini e delle foche di Weddell.
A questo punto, la presentazione prosegue con il contributo anche di materiale raccolto nella rete, per illustrare diversi livelli di consumatori fino ad arrivare ai due predatori principali, consumatori all’apice della piramide alimentare di questo particolare ecosistema marino, la foca leopardo e l’orca.
Le foto e i video dei pinguini sono stati fatti a Cape Washington, una riserva naturale speciale nel Mare di Ross, dove vi è una delle più importanti colonie di pinguino imperatore (Aptenodytes forsteri), il pinguino più grande e anche l’unico che vive a sud, superando l’inverno in Antartide. Chiaramente, un numero così vasto di consumatori è possibile se vi è una produzione molto elevata di carbonio organico; questo ruolo è svolto proprio dalle microalghe e dalla loro abbondante biomassa vegetale presente nel ghiaccio marino.

Capire che cosa ci aspetta

La formazione e l’estensione del ghiaccio marino subiscono già e continueranno a subire in futuro delle variazioni dovute ai cambiamenti climatici. Queste variazioni avranno sicuramente conseguenze sulla rete trofica alimentare e lo studio delle microalghe ci aiuterà a capire meglio l’entità e la pericolosità di questi cambiamenti.

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Vita nei ghiacci

di Luca Miserere

 

Luca Miserere: ha un dottorato in geobotanica ed è insegnante di scienze naturali all’I.I.S. Maxwell di Nichelino (TO). Per la sua esperienza polare ringrazia le professoresse Olga Mangoni ed Eva Pisano.