La narrativa italiana degli anni Duemila

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Una letteratura "millennial" per i "millennial"

APPROFONDIMENTI DISCIPLINARI

Può avere spazio nella scuola la letteratura più recente, quella nata e vissuta negli anni Duemila, una letteratura “millennial” che ha la stessa età dei nostri studenti? Proviamo a individuare, nella sterminata produzione letteraria, tre categorie: il nuovo realismo, l’ibridazione di generi e linguaggi e la narrativa femminile.

di Elisabetta Degl’Innocenti

A differenza della letteratura consolidata dalla tradizione in un canone, che la scuola è impegnata a trasmettere, quella contemporanea è in costante fieri. Tuttavia, questa letteratura “circostante” (come l’ha chiamata Gianluigi Simonetti), immersa nello stesso mondo nel quale ci troviamo, può offrirci molte occasioni di interpretazione del presente e anche di dialogo con il passato e si presta a incontrare l’interesse degli studenti e a farli riflettere su grandi questioni.

Nel panorama di una produzione editoriale abbondantissima, che obbliga a delle scelte, propongo alcune linee di lettura e interpretazione che tentano di individuare significative tendenze in atto, tra quelle di maggiore valore letterario, più innovative e di interesse socio-culturale: il nuovo realismo, l’ibridazione di generi e linguaggi, la crescente presenza della narrativa femminile.

Alla ricerca della realtà: tra fiction, non fiction e autofiction

La non fiction novel
Tra le tendenze in atto, una delle più rilevanti è costituita dalla presenza, accanto alla letteratura di finzione, di una narrativa “non finzionale” (non fiction novel), ancorata alla realtà cronachistica del presente, al confine con la scrittura giornalistica, in particolare quella dei reportage o delle inchieste “romanzate” del New Journalism, nata negli Stati Uniti negli anni settanta.
Si tratta dunque di un genere ibrido, ma che ha già all’attivo alcuni “classici”, quali gli americani Truman Capote, Norman Mailer, Tom Wolfe, e che in tempi recenti (2015) ha visto l’attribuzione del premio Nobel per la letteratura a una scrittrice tipicamente non fiction, la bielorussa di lingua russa Svjatlana Aleksievic.

Gomorra e il “gomorrismo”
L’Italia, oltre ad alcuni illustri precedenti (Primo Levi nella trilogia di Auschwitz, Leonardo Sciascia nelle inchieste su Majorana e Moro, Italo Calvino nella Giornata di uno scrutatore ecc.), vanta un testo fondamentale della non fiction novel degli anni Duemila: Gomorra di Roberto Saviano, pubblicato nel 2006.
Misto di reportage giornalistico e di narrazione per episodi condotta in prima persona, Gomorra è stato un successo planetario; tradotto in versione cinematografica, ispiratore di serie televisive e di opere teatrali, ha dato il via a una sorta di corrente (il “gomorrismo”) e a un sottogenere letterario, rappresentato, oltre che dai successivi romanzi di Saviano stesso, dai numerosissimi romanzi-inchiesta sulla criminalità organizzata pubblicati in Italia nel decennio successivo (tra gli autori: Cannavale, Catozella, Di Fiore, Simonetta, Tizian).

Realtà ed effetti di realtà
La diffusione della letteratura non finzionale testimonia un bisogno di realtà, di impegno sociale ma anche di forti emozioni. È un nuovo realismo quello della narrativa anni Duemila: ben diverso dal naturalismo del romanzo tradizionale, con le sue lunghe descrizioni, le minuziose ricostruzioni d'ambiente, lo scavo psicologico dei personaggi, si presenta piuttosto come una diretta, talora brutale notificazione di realtà, influenzata, secondo alcuni critici, dall’attuale sistema dell’informazione-spettacolo (infotainment) o dei reality televisivi.
Questo realismo si manifesta non soltanto nella narrativa tipicamente non fiction, ma anche in quella in cui fiction e non fiction si mescolano, e si avvale di espedienti narrativi che ne accentuano gli effetti di realtà, come, per esempio, l’inserimento nel corso della narrazione di materiali veri o simulati (stralci di interviste, verbali di polizia, schede, mail, chat, intercettazioni, discorsi riportati ecc.).
Qualche esempio: L’abusivo di Antonio Franchini sull’assassinio di Giancarlo Siani; Romanzo criminale di Giancarlo De Cataldo in cui elementi di invenzione letteraria si alternano a quelli della cronaca anni settanta sulla banda della Magliana; Resistere non serve a niente di Walter Siti (Premio Strega 2013), che colloca nel mondo milanese della finanza, rappresentato con precisione documentaria, la vicenda fittizia di un brillante giovane manovrato dalla mafia; La scuola cattolica di Edoardo Albinati (Premio Strega 2016), ricostruzione dell’ambiente culturale e sociale da cui maturò il massacro del Circeo del 1975.

Tra autobiografia e autofiction
In molti romanzi degli anni 2000 la realtà – vera o fittizia – di quanto narrato è esibita e garantita al lettore attraverso l’espediente di un “io narrante” che si dichiara testimone dei fatti o depositario di testimonianze fededegne: così nei citati Gomorra, L'Abusivo e La scuola cattolica.
In altri romanzi, l’uso della prima persona marca la scelta del sottogenere dell’autobiografia, come riflessione sulle scelte della propria vita e come ricordo di vicende personali o familiari (Casanova di se stessi di Aldo Busi, Come mi batte forte il tuo cuore. Storia di mio padre di Benedetta Tobagi, Fai bei sogni di Massimo Gramellini, Il desiderio di essere come tutti di Francesco Piccolo ecc.); oppure vira nettamente verso l’autofiction, in cui verità e bugie si mescolano e si smentiscono costantemente in un gioco che, da una parte, ricorda la Coscienza di Zeno di Svevo, dall’altra si inserisce in quell’autofiction di massa che sono i social network: tra i tanti esempi mi limito a citare Exit strategy di Walter Siti, ambientato negli anni del berlusconismo, con un protagonista che ha lo stesso nome dell’autore, e La più amata di Teresa Ciabatti (finalista al Premio Strega 2017), romanzo di finzione in cui, però, tutti i personaggi hanno nomi e identità reali, a partire dall’autrice-protagonista con tutti i suoi familiari.


Ibridazione di generi e linguaggi

Tra narrativa, saggistica, teatro e poesia
Tra i numerosi fenomeni di ibridazione cui sono attualmente sottoposti i generi letterari va registrato anche quello che vede la trasformazione del saggio in romanzo e del romanzo in saggio. Essa non riguarda soltanto il saggio storico o di storia letteraria, ma pure quello scientifico che, benché con illustri precedenti (basti citare il Dialogo sopra i due massimi sistemi di Galileo), oggi è particolarmente diffuso, come dimostra il caso di Carlo Rovelli, autore dei best-seller Sette brevi lezioni di fisica e L’ordine del tempo.
Se Rovelli si mantiene nelle vicinanze della tradizionale divulgazione, altri tentano strade più originali in cui entra in gioco una ulteriore ibridazione con altri generi e sottogeneri letterari: Eraldo Affinati, per esempio, in Compagni segreti inserisce l’analisi critica degli autori più amati in un resoconto diaristico, mentre nel recentissimo Tutti i nomi del mondo fa una sorta di appello scolastico a tutte le persone importanti incontrate realmente o metaforicamente nella vita; Emanuele Trevi in Qualcosa di scritto affronta l’interpretazione di Petrolio di Pier Paolo Pasolini sullo sfondo di una vicenda autobiografica; Elisabetta Rasy, negli otto capitoli di Figure della malinconia relativi ad altrettante mostre d’arte, sviluppa una serie di excursus e divagazioni; Alessandro D’Avenia, partendo dalla propria esperienza di insegnante, in L’arte di essere fragili, insegna “come Leopardi può salvarti la vita”; mentre i romanzi di Bruno Arpaia (Qualcosa, là fuori; L’energia del vuoto) sono esempi di come i temi scientifici possano contribuire a una narrazione totalmente fiction.
Ancora ibridazione è quella che compie Stefano Massini, drammaturgo e regista teatrale che, in Qualcosa sui Lehman, finalista al Premio Campiello 2016 e già messo in scena da Ronconi, fonde ricostruzione storica, analisi socio-economica, grande romanzo epico e ballata in versi.

Una narrativa multimediale e crossmediale
La ibridazione di cui stiamo parlando non riguarda solo la mescolanza di generi letterari tradizionalmente distinti, ma investe in forma più appariscente i linguaggi, addirittura i supporti della comunicazione.
La si riscontra, per esempio, nel dialogo tra parole e immagini instaurato attraverso l’inserimento, tra le pagine di molti romanzi, di foto, disegni, bozzetti, schizzi pittorici (qualche esempio: Pecoraro, Siti, Starnone ecc.); o nella collaborazione richiesta, a fini di visibilità e di marketing, a supporti audio-video (Pugno, Giovagnoli, Abate, Labranca ecc.); oppure consiste nell’unione tra grafica e testo che si realizza, in forma più organica e strutturata, in quella nuova frontiera della narrativa rappresentata con grande successo editoriale dalla graphic novel: sia che a tradurre in grafica le proprie storie siano letterati di valore quali Ammaniti, Carlotto, Carofiglio, Ferracuti ecc., sia che, in senso inverso, ad affrontare la scrittura letteraria siano fumettisti come Zerocalcare o Gipi.

Donne scrittrici: una letteratura al femminile?

Un fenomeno interessante della narrativa contemporanea è costituito dall’affollatissima presenza di autrici donne (in crescita esponenziale dall’avvio di questo processo nel Novecento). Qui di seguito propongo una ricognizione tra le linee tematiche prevalenti, da cui ricavare riflessioni riguardo a una eventuale specificità della scrittura femminile.

La famiglia
Tema dominante e tradizionale tra le narratrici è la famiglia, che, pur non trascurando i modelli novecenteschi, volge uno sguardo contemporaneo soprattutto all’attuale sgretolamento dei modelli tradizionali, non solo per denunciarne difetti e disfunzionalità ma anche per recuperarne alcuni valori.
Nella rappresentazione critica delle dinamiche di ruolo interne alla famiglia, ricorrono, ovviamente, quelle tra donna e uomo, in cui solo raramente la figura maschile è oggetto di uno sguardo benevolo, e si affaccia una consapevolezza femminile che lascia intravedere (secondo Lucia Ravera) un nuovo matriarcato.
Presente quasi ossessivamente è la figura della madre, sia come antagonista dell’autrice io-narrante in un rapporto conflittuale tendente alla ricomposizione, sia come protagonista in rapporto con i figli; in ogni caso la maternità è analizzata dalle scrittrici in maniera tutt’altro che idilliaca ma piuttosto nelle sue contraddizioni e inquietudini.
Qualche esempio: storie di famiglie (autobiografiche o fiction), tradizionali o allargate, ambientate nel presente o nel passato, si leggono nei romanzi di Bignardi, Bonvicini, Muratori; storie di violenze perpetrate in famiglia in Celico, Collu, Cerati, Gambetta, Mazzucco; il rapporto madre-figlia (o figli) in Albanese, Campolongo, Vinci, Garlaschelli, Giaquinto, Parrella, Patella, Trinchero, Vighy ecc.

Il corpo
Molto presente è anche il tema del corpo, che assume diverse sfumature: dall’erotismo, spesso drammatico ed estremo (Mazzuccato, Di Grado, Palomba) alla sessualità, avvertita anche come questione di identità (Dones); dalle difficoltà dell’adolescenza alla mercificazione del corpo (Santacroce) e alla sua manipolazione (Liberale); dalla violenza sul corpo delle donne (Celico, Collu, Gambetta e Mazzucco) all’esperienza della malattia e della morte (Pera, Garlaschelli, Vighy).

Ferrante fever
Per concludere, ricordo il recente caso editoriale della tetralogia dell’Amica geniale, i quattro romanzi pubblicati tra il 2011 e il 2014, a firma Elena Ferrante, che hanno ottenuto un successo travolgente, non solo in Italia, ma anche all’estero e soprattutto negli Stati Uniti, dove impazza la Ferrante fever, come ha titolato il New Yorker in occasione dell’uscita dell’ultimo volume tradotto.
Si tratta di una sorta di romanzo storico del genere La Storia di Elsa Morante, o di feuilleton non a caso pubblicato a puntate, che narra in prima persona le vicende di due amiche napoletane, ambientate prevalentemente a Napoli nell’arco di un sessantennio (dal dopoguerra a oggi): un’impostazione narrativa, dunque, di tipo tradizionale, nella quale, tuttavia si possono riconoscere alcune tematiche “femminili” sempre attuali, quali la centralità della relazione amicale tra donne, l’aspirazione all’indipendenza economica e all’emancipazione sociale attraverso lo studio, il rapporto ambivalente con il matrimonio e la figura maschile, e anche con i figli (e le figlie), l’alternarsi di soggezione agli stereotipi della società e di ribellione.

 

Elisabetta Degl’Innocenti: è insegnante di italiano e latino e autrice di testi scolastici.