Tullio De Mauro: le maniere semplici di un grande maestro

Tullio De Mauro

APPROFONDIMENTI DISCIPLINARI - SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO E SECONDO GRADO

Nella figura di Tullio De Mauro non c'è mai stata frattura tra la dimensione della ricerca accademica e quella dell'impegno civile, politico, e culturale nella vita del nostro paese. In tal senso si spiega la sua costante attenzione al mondo della scuola: De Mauro ha infatti lavorato ininterrottamente alla ridefinizione di una politica scolastica portatrice di un reale rinnovamento degli obiettivi, dei metodi e dei programmi.

Maria Emanuela Piemontese

Sul domenicale del "Sole 24 Ore" dell'8 gennaio scorso, ricordando Tullio De Mauro (Torre Annunziata 1932-Roma 2017), Luca Serianni ha richiamato un pensiero di Giacomo Leopardi: «Quasi tutti gli uomini che vagliono molto, hanno le maniere semplici». Chiunque lavori nel mondo della scuola e si occupi di lingua, studi le scienze del linguaggio (filosofia del linguaggio, linguistica, glottologia, sociolinguistica, didattica delle lingue) o lavori nel campo dell'educazione linguistica sa che le parole scelte da Serianni si attagliano alla figura di Tullio De Mauro. Lo sa soprattutto chi ha avuto modo di conoscerlo personalmente, ascoltando le sue lezioni nelle aule universitarie o i suoi interventi nei convegni, nelle scuole e nelle biblioteche italiane. Fuori del mondo della scuola e dell'università, De Mauro era conosciuto anche per il suo costante impegno civile, politico e culturale nella vita del nostro paese.

Nella figura di Tullio De Mauro non c'era alcuna frattura o discontinuità tra il piano del lavoro di ricerca (e della didattica) accademica e quello dell'impegno nella scuola e nella società. La solida formazione classica di partenza non ha mai frenato la propensione di De Mauro alla modernità e ad avvalersi dei più recenti sviluppi delle scienze e delle tecnologie per i suoi studi e per le sue opere, soprattutto quelle basate sulle analisi statistico-quantitative. Le diverse facce del suo poliedrico lavoro trovavano una composizione armonica nel suo modo di essere e di fare. La statura scientifica e lo spessore umano si concretizzavano, infatti, nelle sue maniere misurate e gentili, nell'espressione linguistica sempre sobria ed elegante, nell'attenzione e nel rispetto verso chiunque avesse di fronte, senza alcun cedimento a forme di superbia, arroganza o affettazione della sua cultura.

La Storia linguistica dell'Italia unita, un'opera rivoluzionaria

Quando uscì nel 1963, De Mauro aveva poco più di trent'anni. Questo lavoro ha rivoluzionato il modo di guardare la nostra lingua da parte degli studiosi: da storia della lingua a "storia degli italiani", visti attraverso il loro rapporto con i dialetti e la lingua nazionale" ("Ricordando Tullio De Mauro (1932-2017) 'È la lingua che fa uguali!'", Stefano Gensini). Si tratta di un'opera, che Raffaele Simone non ha esitato a definire "d'avanguardia", dalla quale di fatto non si può più prescindere nell'affrontare le vie e i tempi di appropriazione della lingua nazionale da parte di ampie fasce di popolazione italiana negli anni postunitari. Molto scrupolosa è la descrizione dell'intreccio tra i numerosi fattori storico-culturali che hanno agevolato (o, in alcuni casi, rallentato) il processo di italianizzazione dei parlanti con le loro ridottissime competenze alfabetiche e il lento avvicinarsi a forme di unificazione linguistica dell'Italia, quasi cent'anni dopo quella politica. La ricchezza di dati statistici sulla demografia e stratificazione sociolinguistica e culturale italiana, il riferimento a importanti indagini sull'uso della lingua nelle nostre scuole e nelle nostre città, l'hanno resa la pietra angolare per chiunque si avventuri sulla strada dello studio della complessa storia della nostra lingua e del suo lento e tortuoso divenire "lingua comune", cioè parlata.

La scuola continua a fare miracoli, nonostante tutto

Nel 2014 esce la Storia linguistica dell'Italia repubblicana che parte dal 1946 e arriva ai nostri giorni, a 150 anni dall'Unità d'Italia. In questo lavoro viene descritto, sempre con dovizia di dati, il profondo rinnovamento nei costumi e nella cultura degli italiani, nell'uso sempre più esteso della lingua comune, ma anche la persistente disaffezione alla lettura, la scarsa consuetudine con le scienze, il rischio continuo dell'analfabetismo di ritorno. A partire dalla seconda metà del Novecento gli italiani si trovano a ridurre l'uso dei dialetti per far fronte a una serie di nuovi bisogni comunicativi e a imparare a padroneggiare, pian piano e tra luci ed ombre, usi e registri della lingua prima sconosciuti ai più. In questo processo di cambiamento radicale del volto del nostro paese un ruolo importante è stato giocato (ed è giocato) dalla scuola, oltre che da numerosi altri fattori, a partire dall'avvento e diffusione dei nuovi mezzi di comunicazione di massa. Secondo De Mauro, che tra il 2000 e il 2001 è stato per pochi mesi ministro della Pubblica istruzione, la scuola, se si considerano la tradizionale disattenzione, l'incuria e spesso l'insensibilità verso i suoi problemi da parte di chi ne avrebbe la responsabilità di governo, ha fatto e continua a fare miracoli, nonostante tutto. Lo aveva detto in un'intervista ripresa e mandata in onda il 15 gennaio dalla trasmissione radiofonica di Radio3 "La lingua batte".

Un impegno costante e attivo nel mondo della scuola

Alla scuola e ai suoi annosi problemi (e annesse lamentate insufficienze) aveva dedicato nel 1995 un saggio tascabile intitolato Idee per il governo. La scuola (Laterza) nelle ultime pagine del quale sono elencate «almeno dieci cose da fare in ordine di importanza e urgenza». All'opera di ridefinizione di una politica scolastica capace di lavorare, a metà degli anni novanta, intorno a poche scelte, ma capaci di portare a un reale rinnovamento degli obiettivi, dei metodi e programmi di una scuola, evidentemente ancora sotto affanno, De Mauro ha lavorato ininterrottamente. Criticità e insufficienze della scuola italiana erano state messe in evidenza - già alla fine degli anni sessanta - dalla Lettera a una professoressa della Scuola di Barbiana (1967). Nella prospettiva di un radicale cambiamento, De Mauro ha dato vita a un'associazione di insegnanti, interna alla Società di Linguistica Italiana (1967): il Giscel, Gruppo di intervento e studio nel campo dell'educazione linguistica (1973). Nel 1972 aveva poi contribuito alla nascita del CIDI, Centro di iniziativa democratica insegnanti (1972). Del 1974 è la prima stesura, la discussione e la pubblicazione delle Dieci tesi per un'educazione linguistica democratica che costituiscono il manifesto del Giscel. Sono di quell'arco di tempo numerosi volumi scritti da De Mauro che avevano come contenuto e destinatario il mondo della scuola italiana. Ricordiamo Scuola e linguaggio (Editori Riuniti, 1977), Le parole e i fatti (Editori Riuniti, 1977) e Lingua e dialetti (Editori Riuniti, 1979), Linguaggio e società nell'Italia di oggi (ERI, 1979).

Dopo la morte del matematico Lucio Lombardo Radice, De Mauro ha diretto la rivista "Riforma della Scuola" dal 1982 fino alla cessazione della sua pubblicazione, nel 1992. Lo affiancavano nella direzione della rivista destinata a tutti gli operatori della scuola italiana studiosi della levatura di Carlo Bernardini, Mario Alighiero Manacorda e Alberto Oliverio. In De Mauro l'ampiezza e la profondità delle sue conoscenze in diversi campi delle scienze umane (dalla filosofia del linguaggio alla linguistica, dalla filologia alla letteratura, dalla semiotica alle scienze della comunicazione) era accompagnata dall'interesse per le scienze hard, come documentano i suoi numerosi rapporti, professionali e personali, con studiosi di materie scientifiche in senso stretto. Nel volume Contare e raccontare. Dialogo sulle due culture (Laterza, 2003) il linguista De Mauro dialoga con l'amico e fisico teorico Carlo Bernardini. Si confrontano e scontrano sull'annosa, e mai del tutto superata, questione della separatezza e distanza tra cultura umanistica e cultura scientifica nella nostra società. Non a caso, entrambi sono stati, tra gli anni settanta e ottanta, gli ispiratori e i coordinatori dei corsi di alfabetizzazione per adulti, italiani e stranieri (i corsi alfa, beta e gamma) organizzati dal comune di Scandicci (Firenze) per tre fasce di destinatari: analfabeti, semianalfabeti e privi di licenza media. Di questa esperienza, che ha visto impegnati anche alcuni colleghi e collaboratori romani e fiorentini, si dà conto nel volume Alfabetizzazione culturale e comunicativa. L'esperienza di educazione degli adulti nel Distretto Scandicci-le Signe: risultati e proposte, a cura di Elda Paladino e Massimo Vedovelli (Giunti-Marzocco, 1992).

Del portato teorico e applicativo delle Dieci tesi, e di tutte le riflessioni sviluppate negli anni sui temi da esse trattati, qualche eco è arrivata in alcuni documenti ministeriali. Tracce, per così dire indirette, di idee giscellino-demauriane sono presenti, per esempio, in alcuni punti delle recenti Indicazioni nazionali (2012).

A favore di una cultura alta, diffusa e condivisa

A questa attenzione (e affezione) per il mondo della scuola faceva riscontro l'altrettanto costante preoccupazione per il rischio rappresentato per il nostro paese dall'analfabetismo di ritorno degli adulti. Nel riprendere instancabilmente i dati relativi alla collocazione non proprio felice della nostra popolazione adulta nelle indagini internazionali sui livelli di alfabetizzazione non usava mai toni apocalittici o catastrofici. Ne sottolineava solo i rischi e i costi. La sua insistenza su questi dati aveva una duplice matrice. Da una parte la consapevolezza dei costi produttivi e sociali derivanti da una così estesa presenza di persone con difficoltà di lettura e di comprensione, di scrittura e di capacità di calcolo; dall'altra quella dei costi individuali pagati da chi rimane bloccato (o ritorna) ai livelli di competenza della scolarità più bassa. In un'intervista rilasciata alla fine di maggio 2014 a "Il Mattino" di Napoli, De Mauro commentava i dati di una recente ricerca internazionale Piaac – Programme for the International Assessment of Adult Competencies – un'indagine sui livelli di conoscenza e capacità degli adulti in lettura e comprensione di testi scritti, risoluzione di problemi matematici, conoscenze linguistiche. «Dall'inchiesta, che ha interessato un campione di 166mila adulti (tra i 16 e i 65 anni), risulta infatti che all'Italia spetta il primato negativo in Europa per il cosiddetto "analfabetismo di ritorno", seguita da Spagna e Francia: la regressione colpisce in modo più grave le popolazioni in cui non c'è una cultura diffusa del leggere e del tenersi informati». All'intervistatore che gli chiedeva le cause di questa regressione (cioè che cosa intendeva con la "regola del -5") rispondeva: «Quella principale è una tendenza d'ordine biologico e psicologico: data la natura selettiva della nostra memoria, si constata che in età adulta tendiamo a regredire di cinque anni rispetto ai livelli massimi raggiunti durante gli studi a meno che, ed è fondamentale, non continuiamo a esercitare quella competenza. Per esempio, nell'ultimo anno di liceo ci siamo inoltrati in argomenti non elementari di matematica ma, se non diventiamo bancari, geometri o ingegneri, la nostra matematica adulta si rattrappisce e, se va bene, torna ai livelli della terza media. Così avviene per ogni altro campo». In pratica, se da adulti non leggiamo e non ci teniamo informati, delle conoscenze acquisite, ma non praticate, restano solo brandelli sparsi.
Questa era la tensione civile che animava De Mauro: la cultura deve essere alta, diffusa e condivisa, non elitaria. Di questo parla diffusamente nel volume La cultura degli italiani, a cura di Francesco Erbani (2004¹; 2010²).

Non è un caso poi che quando partì la riforma universitaria di Berlinguer abbia voluto tenere sempre lui le lezioni per gli studenti di primo anno della laurea triennale. A differenza di alcuni colleghi che sentivano di dover offrire la loro scienza agli studenti della laurea (allora chiamata) specialistica, De Mauro riteneva, invece, che toccasse a lui tenere i corsi di base di linguistica generale. Perché, diceva, fondamentali per la preparazione futura degli studenti appena arrivati all'università. E aveva ragione da vendere!

La produzione scientifica: capire come funziona la comprensione delle parole

Per tornare alla produzione scientifica di cui era permeata la sua didattica universitaria, è opportuno ricordare, dopo la Storia linguistica dell'Italia unita, nel 1967 l'edizione italiana del Corso di linguistica generale di Ferdinand de Saussure, da lui tradotto e ampiamente commentato. Anche quest'opera è diventata il punto di riferimento scientifico per le successive edizioni internazionali, europee e d'oltreoceano.
Nel breve lasso di tempo tra l'uscita della Storia linguistica dell'Italia unita e del Corso di linguistica generale, nel 1965 pubblicò poi un altro importante lavoro: Introduzione alla semantica. In questo volume postulava la necessità di elaborare una teoria del significato. La riflessione teorica sulle proprietà dei diversi codici semiologici e, in particolare, sulle proprietà delle lingue verbali prosegue con la pubblicazione di Minisemantica nel 1982, preceduta da una versione più divulgativa, ma altrettanto sapida, rappresentata dalla Guida all'uso delle parole (1980) della collana "Libri di base" da lui diretta. In appendice a questo volume appare la prima edizione del Vocabolario di base della lingua italiana (1980). Solo due settimane prima della sua inaspettata scomparsa, per la precisione il 23 dicembre 2016, Tullio De Mauro annunciava - sul sito di "Internazionale"- la pubblicazione del Nuovo vocabolario di base della lingua italiana in "pdf", in versione completamente rinnovata a cura sua e di Isabella Chiari.

Il Grande Dizionario dell'Italiano dell'uso

Dalla fine degli anni ottanta alla fine degli anni novanta De Mauro ha continuato le ricerche sulle teorie del significato, sui modelli della comprensione e si è concentrato sempre di più sullo studio e sulla descrizione del lessico. Infatti dopo la pubblicazione del primo Vocabolario di base, nel 1994 vede la luce Capire le parole che cerca di rispondere a una domanda trascurata fino ad allora da molta parte della linguistica tradizionale. Come funziona, quando funziona, la comprensione delle parole e delle frasi? Per rispondere a questa domanda De Mauro cerca una sponda nell'analisi dei fatti linguistici, nella filosofia del linguaggio, nella teoria dell'interpretazione, nelle scienze cognitive e nelle teorie della comunicazione. Nelle ultime righe dell'Introduzione a Capire le parole, De Mauro indica il filo rosso che, secondo lui, lega tutti i suoi lavori precedenti: «Ripensando, come accade nel chiudere un lavoro, al senso che esso ha per me che vi ho atteso e che potrebbe avere per chi avrà pazienza di leggerlo, vorrei dire che buona parte di altri miei lavori, anche ormai remoti, mi sembrano orientati a proporsi di esplorare le modalità e la fenomenologia dell'(in)comprensione». I due lavori che cita, come punti di partenza per la ricerca di una risposta, sono proprio la Guida all'uso delle parole, diretto a non specialisti, e Minisemantica che per lui rappresenta «una prima sistemazione di quelle proprietà del linguaggio storico-naturale che della comprensione ordinaria, quotidiana fanno un processo se non consapevolmente sempre problematico certo almeno sempre problematizzante e, per molti aspetti, mai concluso con certezza». Sono gli anni in cui va prendendo corpo l'opera nella quale confluiscono i risultati di tutte le ricerche teoriche, ma anche dei lavori applicativi: il Grande Dizionario dell'Italiano dell'uso (1999) in sei volumi (e successive appendici). Con i suoi oltre 250mila lemmi, corredati tutti da marche d'uso che danno al lettore sia la dimensione della diffusione tra i parlanti sia l'indicazione dei contesti d'uso (fondamentali, di alto uso, di alta disponibilità, comuni, tecnico-specialistici, di basso uso, regionali, dialettali ecc.) il Grande Dizionario dell'Italiano dell'uso è attualmente l'opera lessicografica più ampia della lingua italiana contemporanea.

 

Maria Emanuela Piemontese: è stata docente di prima fascia di Didattica delle lingue moderne nel Dipartimento di Scienze documentarie, linguistico-filologiche e geografiche dell'Università di Roma "La Sapienza". Prima di iniziare a insegnare alla "Sapienza" di Roma nel 1983, ha insegnato italiano e latino nel liceo classico come docente di ruolo dal 1978 al 1983.