La certificazione delle competenze: un’analisi della circolare ministeriale n. 3 del 13 febbraio 2015

DIDATTICA PER COMPETENZE

Con la recente emanazione della circolare che definisce le caratteristiche del sistema nazionale di certificazione delle competenze (CM n. 3 del 13 febbraio 2015) si pone rimedio a una visibile carenza delle Indicazioni nazionali del 2012, in cui la certificazione delle competenze viene indicata come la vera chiave di volta del nuovo sistema di istruzione nel primo ciclo; nelle Indicazioni non si trovano, però, direttive, seppur essenziali, ma univoche, su come procedere e sui format da utilizzare.
Questa carenza di indicazioni ha portato a un proliferare di approcci spontanei alla certificazione, a volte ridondanti e ipertrofici e a una sostanziale non comparabilità degli esiti.

Giovanni Marconato

Ambiguità delle Indicazioni nazionali

Le Indicazioni nazionali, forse per la mancanza di indirizzi precisi da parte del legislatore, hanno generato negli operatori della scuola incertezze operative, tanto per la progettazione dei curricoli di istituto quanto per la messa a punto dei dispositivi di valutazione delle competenze, alimentando, così, tanti fraintendimenti sul significato di competenza e su ciò che la differenzia dai contenuti disciplinari. Non di rado si è assistito, per esempio, a valutazioni di competenza attraverso test o come apprendimento dei contenuti a essa associati.
Rispetto alla questione della rilevazione delle competenze, le Indicazioni nazionali presentano:

  • ambiguità operativa generata dalla compresenza di "discipline" e "competenze" da valutare in parallelo;
  • poca chiarezza nel concettualizzare e descrivere la correlazione tra discipline e competenze;
  • declinazione degli oggetti dell'apprendimento più nei termini delle discipline che delle prestazioni.

Approccio per competenze: un’opportunità

L’approccio per competenze, al di là delle implicazioni normative e organizzative, rappresenta una grande opportunità per rinnovare la didattica e per lavorare nella prospettiva della sua efficacia.
Infatti, le implicazioni di metodo di questa impostazione didattica trovano tutte riscontro nelle ricerche contemporanee sull’apprendimento e nelle didattiche associate, che si possono sintetizzare in queste categorie:

  • apprendimento significativo;
  • apprendimento situato;
  • conoscenza distribuita;
  • conoscenza concettuale (knowledge in action);
  • apprendimento learner-centred;
  • didattica attiva;
  • attività di apprendimento;
  • didattica per compiti autentici;
  • apprendimento collaborativo, per esplorazione e scoperta, per riflessione;
  • comunità di pratica;
  • valutazione autentica.

Assumendo, pertanto, l’orientamento di formare per competenze e di valutarle, ci si posiziona nel pensiero pedagogico più recente, quello che ha fatto tesoro delle acquisizioni precedenti e a partire da queste ha lavorato per offrire nuovi strumenti per insegnare meglio e per aiutare le persone ad apprendere di più e meglio. Credo sia questa la prospettiva da assumere nel momento in cui la scuola italiana sta accogliendo una sfida importante per la sua qualificazione. Credo che tutto questo potenziale di miglioramento possa compensare e ricompensare insegnanti e dirigenti delle fatiche che saranno certamente chiamati a sostenere nel passare da una didattica guidata dalle discipline a una guidata dalle competenze.

La circolare ministeriale

La CM n. 3/2015 fornisce indicazioni operative per la messa a regime di un sistema nazionale di certificazione delle competenze nelle scuole del primo ciclo di istruzione.
Nel corrente anno scolastico si terranno iniziative sperimentali e volontarie per la validazione del modello con le necessarie integrazioni; nel successivo anno scolastico ci sarà (o dovrebbe esserci) l’adozione generalizzata del modello validato e integrato e nell'anno scolastico 2016-2017 l’adozione obbligatoria sulla base di un decreto ministeriale.
La certificazione delle competenze come viene declinata dalla CM n. 3/2015:

  • ha la sua base normativa nelle Indicazioni nazionali;
  • ha stretta connessione con le competenze chiave europee;
  • evidenzia gli indicatori di competenza a livello di fine scuola primaria e di fine ciclo;
  • struttura le competenze in quattro livelli e senza prevedere il livello negativo.

La circolare è completata da Linee guida e da due modelli di scheda per la certificazione, uno per la primaria e uno per il completamento del primo ciclo.
Nelle Linee guida sono precisate le seguenti caratteristiche del sistema nazionale di certificazione:

  • la scuola finalizza il curricolo alla maturazione delle competenze previste nel profilo dello studente al termine del primo ciclo;
  • le competenze da certificare sono quelle contenute nel profilo dello studente;
  • le competenze devono essere oggetto di osservazione, documentazione e valutazione;
  • le discipline devono essere affrontate attraverso una didattica trasversale;
  • il focus sulle competenze facilita lo sviluppo del curricolo del primo ciclo in una logica di continuità educativa;
  • la progettazione delle attività didattiche per lo sviluppo delle competenze deve partire dai traguardi per lo sviluppo delle competenze, dichiarati “prescrittivi” dalle Indicazioni;
  • la didattica deve essere centrata sul soggetto che apprende ed essere di tipo attivo e laboratoriale;
  • la valutazione delle competenze non può essere fatta utilizzando gli strumenti tipici della valutazione delle conoscenze;
  • la valutazione si sviluppa lungo tutto il processo didattico e implica la raccolta “in corso d’opera” di documentazione sugli elementi della competenza dimostrata.

Questioni rimaste aperte

A mio parere la circolare lascia aperte alcune questioni che se non adeguatamente affrontate e risolte potrebbero compromettere la svolta delle competenze e trasformare quella che potrebbe diventare una vera e propria rivoluzione in uno dei tanti cambiamenti di facciata fatti dal nostro sistema di istruzione e formazione.

Compresenza di voto di disciplina e certificazione della competenza

  • La doppia presenza potrebbe portare, nella cultura consolidata del voto di disciplina, a dare un valore secondario alla valutazione della competenza con la conseguenza di impegnarsi limitatamente per la seconda.
  • Lavorando per valutare le competenze si generano tanti dati sugli apprendimenti degli studenti che potrebbero togliere di significato alla parallela valutazione delle discipline, considerando anche che l’apprendimento costruito e rilevato con l’approccio “competenze” è certamente più ricco (apprendimento significativo, conoscenza concettuale, knowledge in action) di quello rilevato attraverso la didattica disciplinare (apprendimento meccanico, conoscenza dichiarativa e procedurale). In ogni caso, le attività svolte per le competenze consentono di raccogliere elementi anche per la valutazione degli apprendimenti disciplinari.

Valutazione della competenza come processo

  • La natura della competenza impone che la stessa sia accertata attraverso una prestazione: nel contesto scolastico e considerando l’insieme dei problemi didattici che si incontrano a scuola, essa potrebbe essere data attraverso “progetti” o “compiti autentici” o “laboratori”, cioè contesti didattici ricchi per l’apprendimento e che si potrebbero sviluppare in un arco di tempo piuttosto lungo. I dati di apprendimento rilevabili in questo modo, cioè nel contesto di attività autentiche, non necessiterebbero di essere integrati con altri dati raccolti in contesti simulati come le “prove” di valutazione in itinere o d’esame finale.
  • Anche la valutazione e la certificazione tipicamente scolastica di fine percorso potrebbe essere realizzata attraverso l’analisi e la valutazione delle numerose “prove” generate, raccolte e catalogate nel corso delle attività dense di competenze svolte durante l’anno scolastico. Senza dimenticare che se la competenza si esplica in una dimensione sociale, non può essere espressa attraverso prestazioni individuali quali sono quelle previste per le valutazioni e gli esami scolastici.

Il ruolo dei contenuti disciplinari nella costruzione della competenza

  • Le competenze così come sono descritte nel “profilo dello studente” come tutte le competenze, professionali comprese, sono manifestate mobilizzando, selezionando e finalizzando in uno specifico contesto una serie di risorse conoscitive, cognitive, psicologiche. Mi sembra limitativo che tutte queste risorse vengano ricondotte alle classiche discipline scolastiche. Le tante esperienze di apprendimento che sarà necessario attivare a scuola necessiteranno del contributo di più discipline, mentre la scuola rimane organizzata prevalentemente secondo logica disciplinare.
  • La didattica per la competenza, cioè ancorata a progetti e a compiti autentici, implica una scomposizione delle discipline rispetto alla loro organizzazione convenzionale e questo comporta una riorganizzazione della didattica secondo le esigenze delle attività di apprendimento più che quelle della disciplina. Se il principio regolatore è la competenza, la disciplina deve “sacrificarsi” e identificare, attività per attività, competenza per competenza, il contributo che essa può dare.

Le competenze per formare e valutare le competenze

  • Nonostante siano anni che il concetto di competenza circola in ambito scolastico e che la pratica della didattica per competenze dovrebbe essere consolidata, in realtà nella maggior parte delle scuole e tra gli insegnanti a prevalere è sempre la didattica disciplinare, più o meno tradizionale/trasmissiva, più o meno innovativa/costruttiva. Una nuova cultura didattica non è presente nelle nostre scuole semplicemente perché non sono presenti le necessarie competenze professionali e l'altrettanto necessaria comprensione del senso di una nuova didattica. Ora, l'introduzione massiccia e obbligatoria della didattica e della valutazione delle competenze comporta lo sviluppo di competenza specifica per la progettazione dei curricoli, dei dispositivi di valutazione, delle strategie didattiche, per la costruzione di strumenti adeguati, tutti aspetti che nulla o quasi hanno a che vedere con un assetto didattico consolidatosi in una cultura educativa focalizzata sulla disciplina e sull’azione didattica individuale.
  • La certificazione delle competenze è l’esito dell’azione sinergica dell’intero corpo docente di un istituto, non solo perché quel modo di procedere implica necessariamente una didattica integrata e coordinata tra le discipline, ma anche perché ciò che determinerà il successo dell’approccio sarà la cultura pedagogica e didattica che si creerà nell’organizzazione, cultura che potrà essere creata solo con una vera e propria azione di sviluppo organizzativo.

La mia sensazione è che, nell’insieme, il costrutto della competenza non venga sviluppato con decisione e coerenza essendo inquinato da una cultura ancora incardinata nelle discipline. Il non aver previsto una specifica azione di supporto con adeguata dotazione finanziaria potrebbe fare di questa una delle tante riforme a costo zero ma anche di pari impatto.
Sul piano organizzativo pare poco credibile il passaggio in tre anni a una didattica tutta per competenze e sorge il dubbio che, forse, sarebbe più sensato prospettare una didattica prevalentemente disciplinare e interdisciplinare con momenti di didattica per competenze.

Le novità culturali e didattiche delle Indicazioni nazionali

Le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola per l’infanzia e del primo ciclo di istruzione, oltre che a segnare il definitivo superamento del “programma” nazionale a favore di curricoli elaborati localmente (fatto, questo, che assegna grandi responsabilità e offre enormi opportunità alle singole scuole/istituti comprensivi), mettono in evidenza quelli che sono gli obiettivi imprescindibili verso cui lavorare con gli alunni, assegnando al sistema scolastico chiari traguardi formativi da conseguire al completamento dei diversi gradi dell’istruzione primaria.

Con le Indicazioni nazionali entra nel contesto scolastico una diversa cultura didattica che impone il superamento di tante logiche e modi di fare didattica che hanno tradizionalmente caratterizzato la scuola, dall’infanzia alla secondaria, e una mutazione quasi genetica, avendo presente che la scuola non è più il solo, e forse neppure il principale, agente educativo.

Queste “mutazioni” hanno a che fare, per esempio, con il superamento:

  • di conoscenze astratte a favore di conoscenze contestualizzate;
  • del sapere teorico e ripetuto a favore del sapere applicato e generativo (competenze);
  • della didattica disciplinare a favore dell’interdisciplinarietà;
  • della focalizzazione sui contenuti a favore del soggetto che apprende;
  • della scuola chiusa entro le sue mura a favore di una scuola aperta alla realtà;
  • dei tradizionali modi di apprendere (per ascolto, memorizzazione e ripetizione) a favore dell’apprendimento per partecipazione, per collaborazione, per costruzione;
  • di una didattica standardizzata a favore di una personalizzata (ogni studente ha “bisogni educativi speciali”).


Questi superamenti “culturali” portano alla nostra attenzione nuovi concetti come:

  • apprendimento significativo (vs memorizzazione);
  • didattica attiva (vs trasmissiva);
  • risorse per l’apprendimento distribuite nella comunità (vs risorse presenti nel libri di testo e nell’insegnante);
  • esperienza degli studenti come risorsa per l’apprendimento (vs. conoscenze degli insegnanti come risorsa principale).
     

L’insieme di queste evidenze pone alla scuola, anche primaria – per il ruolo che le compete –, nuovi obiettivi che diventano essi stessi “contenuti”, quali:

  • la costruzione di significato delle esperienze vissute;
  • la costruzione di un’identità consapevole e aperta;
  • la capacità di imparare a imparare;
  • la capacità di monitorare e riflettere;
  • l’abilità di pensiero autonomo, critico e plurale;
  • l’autonomia, la responsabilità, lo spirito di iniziativa.


Ecco, allora, entrare in gioco strategie d’insegnamento e apprendimento capaci di attivare le risorse degli studenti come:

  • la sperimentazione (apprendimento per esplorazione e scoperta);
  • la costruzione (learning by doing, compiti autentici);
  • la narrazione (storytelling, apprendimento basato su casi);
  • la ricerca (didattica basata su progetti, anche di comunità);
  • la riflessione (reflective learning).

Riepilogando, questo nuovo contesto richiede l'utilizzo di "strategie di apprendimento" che perseguano la significatività degli apprendimenti attraverso una didattica learner centred che vede gli studenti attivi costruttori di conoscenza che li impegna cognitivamente e relazionalmente.

 

Giovanni Marconato: psicologo e formatore, si occupa di strategie per apprendimento, di tecnologie per la didattica, di competenze nella scuola e nella formazione. È autore di alcuni volumi sulla didattica e tecnologie. Condivide le sue riflessioni ed esperienze nel suo blog.