La riforma dell'esame di stato, ormai in vigore da quasi vent'anni, ha cambiato notevolmente la prima prova d'esame: lo scritto di italiano, attraverso la proposta di quattro tipologie di scrittura, ha introdotto una serie più ampia e complessa di competenze da valutare, il che ha comportato una riflessione più profonda in tema di valutazione. Proviamo a fornire in questa sede qualche spunto di approfondimento.
Cenni di storia (non conclusa) della valutazione della prima prova
Il primo studio internazionale sulla valutazione degli elaborati scritti è indicato con l'acronimo IPS, ovvero Indagine sulla Produzione Scritta (Written Composition Study), realizzato dall'IEA, International Association for the Evaluation of Educational Achievement (ente fondato nel 1959 con lo scopo di svolgere indagini empiriche comparate per fornire indicazioni per le politiche nazionali in campo educativo). L'indagine, del 1984, è stata compiuta in sedici paesi, su un campione di studenti dell'ultimo anno della scuola primaria, media inferiore e superiore. L'IEA ha analizzato, per otto anni consecutivi, i livelli di profitto degli studenti nelle prove scritte, con lo scopo di individuare criteri e modelli valutativi condivisi. Nel 1982 Anneli Vahapassi aveva strutturato un modello teorico in base al quale erano stati codificati gli elementi che influenzano la produzione scritta, ovvero i processi cognitivi, il destinatario, il contenuto e le funzioni comunicative. A questo modello è riconducibile appunto la griglia IEA, che è divenuta poi riferimento per alcune valide griglie successive, come quella dell'IRRSAE Piemonte (realizzata in collaborazione con il CEDE e il MIUR) e quella dell'INVALSI, nata in seguito all'esperimento di metrologia delle prove scritte condotta dall'Istituto. Infatti, l'IEA è riuscita a fornire un modello a maglie larghe, uno strumento agile e funzionale a eventuali adattamenti, comprendendo criteri essenziali e ineludibili, sintetici e validi per tutti i tipi di prove. Ma come è sorta questa esigenza? Perché sono stati creati questi strumenti?
Dopo il D.M. 26 agosto 1981 (Criteri orientativi per gli esami di licenza media), che rappresenta il primo tentativo di sostituire il tradizionale tema con altre forme di scrittura, è soltanto con la riforma dell'esame di stato del 1999 che cambia realmente la prima prova d'esame, con l'introduzione di quattro tipologie di scrittura, ovvero Analisi del testo, Saggio o articolo di giornale, Tema di argomento storico, Tema di ordine generale. La differenziazione delle tipologie e l'ampio spazio dato alle nuove forme hanno reso necessario avviare una riflessione più approfondita sui fattori che comprendono l'abilità linguistica e comunicativa. Per questo, la didattica dell'italiano da quel momento ha subìto cambiamenti, dando maggior rilievo a forme di scrittura propedeutiche alla prova finale che hanno oscurato il classico tema e hanno anche contribuito a dare nuovo impulso alla riflessione sulla valutazione, spingendo alla ricerca di strumenti il più possibile adeguati.
Ogni elaborato è un unicum...
A distanza di tempo, possiamo interrogarci sui frutti di tali innovazioni, sollecitati anche dagli esiti sostanzialmente negativi delle prove Invalsi o dalla recente lettera dei docenti universitari, che lamentano la carenza dei nostri studenti nelle competenze di base: i modelli di scrittura proposti all'esame di stato sono adeguati alla maturazione linguistica degli alunni? I nostri alunni sono abituati all'analisi di documenti autentici? Quanto tempo dedichiamo in classe a laboratori siffatti? Noi docenti siamo adeguatamente formati, o ci improvvisiamo giornalisti o saggisti? Come coniughiamo lo studio della letteratura con l'educazione linguistica? Ci sono forse elementi e strutture comunicative da recuperare? Per esempio, la frammentazione dei quesiti della tipologia A non rende vani alcuni criteri essenziali per la valutazione di un testo lungo, quali la coesione e la coerenza? Oppure, le tipologie A e C, unendo i piani della conoscenza letteraria e storica con quelli delle competenze linguistiche, non rendono il testo simile a una esposizione di nozioni, dati, conoscenze manualistiche, eliminando di fatto l'abilità ideativa e argomentativa? Oppure ancora, può un alunno maneggiare consapevolmente e criticamente un numero elevato di documenti (tipologia B), non avendo esperienze saggistiche e giornalistiche adeguate nel percorso scolastico? E infine, come valutare questi scritti così diversi e complessi, con quale griglia o altro strumento? E come formare i nostri alunni al tipo di valutazione da noi scelto? Qui non possiamo rispondere a così tante problematiche, ma vogliamo offrire qualche suggerimento, in particolare sulla valutazione. In tal senso, un buon punto di partenza per la nostra riflessione è la considerazione: "Un elaborato scritto è molto di più di un susseguirsi di parametri più o meno scissi fra di loro, è un unicum e riuscire a 'coglierlo' non è necessariamente solo un limite ma anche una conquista". (Claudia Matthiae, Valutazione della produzione scritta: parametri, griglie e soggettività, in Italiano LinguaDue, n. 1. 2010). Infatti, davanti a qualsiasi griglia o tabella, sfugge sempre qualcosa alle misurazioni e cogliere il quid originale di ogni testo, irriducibile a numeri e punteggi, è l'aspetto più interessante di ogni atto valutativo.
La dimensione infinita di una composizione scritta. Criteri per la costruzione di una griglia
La valutazione è parte integrante ed essenziale della funzione docente; l'origine stessa del termine ci introduce a una profondità che spesso scordiamo: il verbo latino valere significa "dare valore, stimare", ben lontano dunque dall'idea riduttiva che riduce il tutto a una misurazione di prestazioni. Per quanto riguarda la composizione scritta, la questione si fa più scottante: dobbiamo innanzitutto considerare la contemporanea presenza di una serie di indici sia quantitativi (quanti errori ortografici sono presenti?), sia qualitativi (quale pensiero originale o messaggio è comunicato al lettore? Quale articolazione del pensiero?). Pertanto, il docente deve valutare il testo sia da un punto di vista analitico sia globale: le due dimensioni sono inscindibili e la sfida è creare una griglia che le comprenda in sé adeguatamente. Non solo. Essa deve corrispondere anche ai criteri utilizzati durante il corso dell'anno e durante tutto il percorso linguistico proposto dal docente. Per farlo, dobbiamo chiederci quali siano le competenze necessarie per una piena abilità linguistica; quali competenze il docente decida di selezionare per il percorso in classe; quale indice di valutazione attribuisca a ognuna.
Il Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER) (in inglese Common European Framework of Reference for Languages, CEFR), è un sistema descrittivo impiegato sia per valutare le abilità conseguite da chi studia una lingua straniera europea sia per indicare il livello di un insegnamento linguistico nei vari ambiti sociali e professionali. Esso ha alcuni parametri di riferimento, quali contenuto del testo (organicità, plausibilità, originalità …), appropriatezza comunicativa e testuale (rispetto della consegna, registro appropriato, rispetto del genere testuale, coerenza e coesione, efficacia), accuratezza linguistica, lessico (appropriatezza, ricchezza), morfologia (morfologia nominale, verbale), sintassi (ordine di frase semplice/complessa), ortografia, punteggiatura. Tali parametri sintetizzano le domande che ogni docente si pone correggendo un testo: gli elaborati sono aderenti alla consegna? Gli elaborati rispettano la struttura tipica del genere testuale richiesto? Sono abbastanza ricchi nei contenuti? I contenuti sono espressi in modo coerente e organizzato? C'è un messaggio originale e personale? Il lessico utilizzato è appropriato? I termini utilizzati denotano una ricchezza lessicale? Gli aspetti relativi alla morfosintassi sono rispettati? La punteggiatura è utilizzata in modo corretto? Ci sono errori dovuti a una mancata revisione del testo?
Il docente deve decidere a quali criteri dare priorità, facendo riferimento al metodo didattico seguito in classe, ma dovrà scegliere anche criteri specifici: per il tema di argomento storico, si dovrà considerare la capacità di contestualizzazione e la coerenza dell'esposizione delle conoscenze; invece, per il saggio breve e l'articolo di giornale, il docente dovrà considerare la comprensione dei materiali forniti, l'efficacia del loro utilizzo, la capacità di rielaborazione nonché di argomentazione.
Infine è utile porsi una questione, segno di professionalità e senso collegiale del proprio agire valutativo: questa griglia è condivisibile da altri colleghi? È chiara e trasparente nella forma? A tale scopo, possiamo anche unire alla griglia una semplice tabella con esempi di errori possibili e il relativo indice di tollerabilità, in modo da garantire sia all'esaminando una sostanziale prosecuzione del metodo valutativo a cui è abituato, sia al docente esterno di svolgere un intervento il più possibile coerente col percorso scolastico attuato dal collega.
In aggiunta a tutti questi fattori necessari per la costruzione di una griglia, dobbiamo aggiungerne ancora uno, una sorta di valutazione impressionistica, o globale. Esiste infatti un approccio all'argomento che non equivale alla somma delle competenze linguistiche, ma esprime la persona stessa di chi scrive, la sua visione, il suo modo d'essere, di pensare e, infine, di scrivere. Per questo può essere interessante ipotizzare una griglia in cui dedicare un punteggio a tale fattore (valutazione complessiva…). Questo ci ricorda che, anche in sede d'esame, la griglia è un sussidio, uno strumento che aiuta a non dare valutazioni generiche, superficiali o personalistiche, ma non è una gabbia o un vincolo ferreo. Agilità, flessibilità e semplicità devono caratterizzare tale strumento, pena lo smarrirsi in calcoli e punteggi, che snaturano la visione complessiva del testo e perdono la percezione di quell'unicum proprio di ogni composizione.
Quali prospettive? Alcuni spunti di lavoro per alunni e docenti
Nell'attesa della prossima riforma dell'esame di stato e tenendo conto delle questioni evidenziate, possiamo sicuramente attivare nelle nostre classi percorsi di approfondimento e creare strumenti che facilitano la risposta alle richieste della prima prova.
Un aspetto del lavoro riguarda gli alunni, per i quali sicuramente i laboratori sulle due tipologie di scrittura (saggio e articolo di giornale) sono ineludibili: il percorso può essere rivolto al quarto e quinto anno e può prevedere una modalità a classi aperte, in modo da favorire momenti di scambio e valutazioni diverse dei testi prodotti; si possono anche progettare simulazioni argomentative, sia orali (un processo, un talk show, un dibattito…) sia scritte, in modo da stimolare la formazione di un pensiero strutturato e critico.
Un secondo aspetto del lavoro riguarda i docenti di lettere: si possono attivare dei laboratori sulla valutazione della prima prova (a livello di istituto, per tipologie scolastiche o anche provinciali), al fine di incrementare utilmente la riflessione sui criteri adottabili, partendo però da testi concreti e da una correzione condivisa e dialogata.
Rivalutiamo il tema!
In particolare, un aspetto della riflessione dovrebbe riscoprire il valore metodologico del tema.
Eddo Rigotti così definisce che cosa dovrebbe essere un buon tema: "Un testo che risponda in modo autenticamente personale, ossia argomentando con correttezza logica e adeguatezza espositiva sulla base della propria effettiva esperienza, a domande non banali" (in Eddo Rigotti, Conoscenza e significato. Per una didattica responsabile, Mondadori Università 2009, p.150). Queste parole aiutano forse a correggere la tendenza, ormai diffusa e comunemente accettata, di ritenere il tema una pratica antica, inefficace, non adeguata alle esigenze attuali dei nostri studenti. In realtà, Rigotti sottolinea un aspetto essenziale per la maturazione - non soltanto linguistica - della persona, ovvero la capacità argomentativa. Tale competenza oggi sembra verificabile soltanto con il saggio breve, mentre in realtà esso resta una forma poco consona alle conoscenze e abilità maturate in un percorso scolastico. Invece, il tema offre proprio questa possibilità didattica, a patto che il docente proponga in modo adeguato la prova. Infatti il tema non è un'esposizione emotiva e istintiva, o una narrazione di fatti senza giudizio critico, o la ripetizione di luoghi comuni e concetti magari graditi al docente: i ragazzi spesso avvertono così la proposta di scrittura e dunque la sentono noiosa, fittizia e insincera. Un tema invece deve essere espressione di pensiero critico e personale, obbediente alle categorie della pertinenza, informatività, coerenza e scopo comunicativo. In particolare, la coerenza e la congruità sono punti di lavoro che richiedono molto tempo: connettivi errati, cause e conseguenze confuse, errori nell'uso dei tempi sono tutte spie di un blocco del pensiero, di un inciampo della ragione e richiedono un'analisi e un lavoro di revisione e riscrittura. Per svolgere questo complesso percorso insieme al ragazzo, serve innanzitutto proporre come traccia da svolgere una questione interessante, non banale, magari anche formulata in modo tale da capovolgere opinioni date per ovvie, sebbene ingiudicate. Temi generici e banali non daranno modo all'alunno di impegnarsi in un vero lavoro, lo indurranno piuttosto a produrre un testo a sua volta banale e generico: chiedere opinioni sul "bullismo", sull'"amicizia", sull'"ambiente", non è sbagliato in sé, ma la richiesta deve essere formulata in modo da sollecitare l'interesse e l'impegno degli studenti. Lo stesso vale per citazioni o versi ritenuti significativi dal docente, su cui si chiede all'alunno di dare un giudizio: dovranno essere proposti non come tesi inconfutabile a dimostrazione della quale aggiungere prove, ma sottoposti allo sguardo critico dello studente. Infatti, "insegnare a scrivere è qualcosa di diverso dal verificare le competenze nei contenuti di una specifica disciplina (…) ed ha a che fare sì con le abilità linguistiche ma è molto di più ed implica un'attenzione alla educazione del pensiero in senso lato" (Lucisano Pietro, Come scrivono gli studenti italiani?, in La Ricerca Educativa. Rassegna di Cultura e Didattica per le Scuole Secondarie superiori, vol. 2, pp. 3-13, 1988). Per questo, riproporre il tema è una delle piste di lavoro possibili, per educare il pensiero dell'alunno e recuperare i tre aspetti fondamentali di buon elaborato, l'abilità argomentativa, la capacità critica, la dimensione ideativa. Sono proprio questi elementi che rendono personale, originale, unico, un testo e, dunque, non ci possiamo permettere di smarrirli o barattarli in cambio di altre abilità secondarie.