Perché gli “ambienti di apprendimento”?
Lavorare o non lavorare per “ambienti di apprendimento” è principalmente una scelta legata agli obiettivi di apprendimento che l’insegnate vuol perseguire, alla finalità che egli vuol attribuire al proprio ruolo, agli scopi che dovrebbero essere perseguiti dalla scuola nella società contemporanea.
Adottare una didattica di questo tipo può aiutare ad affrontare alcuni dei problemi di apprendimento che si creano nelle classi, come, per esempio, la difficoltà degli studenti a “seguire” le lezioni tradizionali, a mantenere un impegno prolungato, ad approfondire i temi, a percepire la significatività dei contenuti didattici, e la dimenticanza già nel breve periodo degli apprendimenti che sembravano essere stati acquisiti a una prima valutazione.
Lavorare per “ambienti di apprendimento” implica per il docente, inoltre, una consistente ristrutturazione dei propri presupposti concettuali sull’apprendimento e sull’insegnamento e una riorganizzazione delle proprie pratiche didattiche. Vediamo di seguito in cosa consista questo approccio.
Cosa sono gli “ambienti di apprendimento”?
L’espressione “ambiente di apprendimento” è entrata da qualche tempo anche nel lessico educativo italiano. La troviamo in iniziative pilota di innovazione didattica promosse dal Ministero dell’Istruzione, impiegata dagli editori per evidenziare la natura di nuovi prodotti editoriali e di formati più ricchi del “libro di testo”, usata da insegnanti quando intendono designare un approccio didattico caratterizzato da elementi di novità rispetto alla lezione tradizionale.
Il significato che questa espressione assume nella pratica non è sempre univoco e ha spesso più un valore evocativo che descrittivo di qualcosa di preciso, tanto sul piano dei concetti che su quello delle pratiche.
Ambiente vs corso
Anche se oggi “ambiente di apprendimento” è spesso utilizzato per designare un vero e proprio “ambiente” fisico, una più efficace organizzazione degli spazi scolastici ovvero l’insieme delle risorse logistiche, tecniche e didattiche che caratterizzano l’ambiente-scuola, questa espressione, quando compare in letteratura scientifica, viene usata come metafora da contrapporre a una ben più nota, il “corso”.
Essa si sviluppa all’interno dell’epistemologia costruttivista per designare un contesto di insegnamento e di apprendimento che rompe con le teorie e con le pratiche che caratterizzano la didattica tradizionale, quella che si svolge in un’aula, dove l’insegnante realizza la sua attività sulla base di un programma ben strutturato e gli studenti “seguono”, ripetono e rispondono a domande volte a una loro valutazione.
Ognuno di noi vive in un proprio ambiente (fisico, culturale, sociale…) e cerca di attribuirgli un significato personale. Per far questo esplora l’ambiente nei molteplici aspetti, fa uso di numerose risorse, s’inserisce in relazioni già stabilite e ne attiva di nuove con lo scopo di correlarsi efficacemente con l’ambiente stesso, di soddisfare i propri bisogni, di padroneggiarlo.
Quindi, la metafora di “ambiente” designa un contesto in cui l’apprendimento venga attivato, supportato e costruito e in cui ciascuno sia in grado di attribuire al proprio processo di conoscenza un significato, personale ma socialmente e culturalmente mediato.
La condizione prima perché sia possibile generare un apprendimento con queste caratteristiche è che l’ambiente sia ricco di risorse e che a ciascuno sia data la possibilità di attraversarlo in modo non vincolato da una strutturazione didattica rigida: questa è la prima caratteristica di un apprendimento centrato su chi apprende (learner-centred).
Per sintetizzare, dunque, un ambiente d'apprendimento è composto dal soggetto che apprende e dal "luogo" in cui esso agisce, usa strumenti, raccoglie e interpreta informazioni, interagisce con altre persone (Wilson, 1996).
Di “ambienti di apprendimento” (learner centred o problem solving oriented) ne sono stati concepiti e sviluppati numerosi [1] che si differenziano per la focalizzazione concettuale (ad esempio, alcuni rendono operativa la “flessibilità cognitiva”, altri l’“apprendimento situato”), ma che condividono tutti lo stesso insieme di principi epistemologici: l’apprendimento non è un processo trasmissivo, ma una pratica intenzionale, premeditata, attiva, cosciente, costruttiva, che comprende attività reciproche di azione e riflessione (Jonassen e Land, 2012).
Un “corso”, invece presenta risorse limitate a disposizione di coloro che apprendono (uno o più docenti, dei materiali didattici) e un percorso vincolato e determinato dalla pianificazione didattica (apprendimento centrato sui contenuti, content-centred). Il “corso” è un sistema strutturato attorno ai principi di apprendimento della disciplina e predeterminato in sede di progettazione con poche possibilità di cambiamento.
Quindi, l’“ambiente di apprendimento” rappresenta un sistema dinamico, aperto, forse caotico, in cui le persone che apprendono hanno la possibilità di vivere una vera e propria “esperienza di apprendimento”; esso è ricco e ridondante di risorse per poter essere funzionale alle differenti situazioni reali in cui si svilupperà il processo formativo, determinato dai sistemi personali di conoscenza che caratterizzano ciascun allievo. Gli “obiettivi di apprendimento” rappresentano, in questa prospettiva, più la direzione del percorso che la meta da raggiungere. I “contenuti” non sono pre-strutturati e sono presentati da una pluralità di prospettive; non tutti devono essere appresi ma rappresentano una “banca dati” cui attingere al bisogno.
Come funzionano gli “ambienti di apprendimento”?
Organizzare contesti di insegnamento e di apprendimento improntati alla logica degli ambienti di apprendimento significa ritenere che la conoscenza si “costruisce” e non si “trasmette”:
- la costruzione di conoscenza avviene attraverso l’attività ed è “inserita” nell’attività stessa;
- la conoscenza è ancorata nel contesto in cui le attività si sviluppano ed è da questo indirizzata;
- il significato si sviluppa nella mente di chi conosce e nelle sue relazioni con il contesto;
- la costruzione di significato è indotta da un problema, da una domanda e, per questo, richiede lo sviluppo della padronanza di quel problema;
- un problema può essere affrontato da molteplici prospettive;
- la costruzione di conoscenza richiede articolazione, espressione e rappresentazione di cosa si sta apprendendo, del significato che si sta costruendo;
- la costruzione di significato deve essere condivisa con altri. (adattato da: Jonassen et al. 1999 pagg. 2-6).
La natura del processo di costruzione di conoscenza richiede che la persona che vi si impegna abbia la possibilità di agire in un contesto complesso, ricco di opportunità, di stimoli, di risorse: «un luogo dove le persone possono lavorare assieme e supportarsi l’un l’altro mentre usano una varietà di strumenti e di risorse informative nel loro compito di conseguire gli obiettivi di apprendimento e di risolvere problemi»(Wilson, 1996).
Secondo Perkins (1991) in un “ambiente di apprendimento” a chi apprende viene data la possibilità di:
- determinare i propri obiettivi di apprendimento;
- scegliere le attività da svolgere;
- accedere a risorse informative ed a strumenti;
- lavorare con supporto e guida.
In un “ambiente di apprendimento” autentico il formatore è chiamato a svolgere il ruolo di allenatore (coach) e di facilitatore (Perkins, 1991); in esso infatti l’apprendimento è sostenuto, ma non controllato e diretto, in esso «l’apprendimento è stimolato e supportato» (Wilson, 1996).
Gli allievi, dunque, possono determinare i propri obiettivi di apprendimento, scegliere le attività da svolgere, hanno accesso a risorse informative (libri, courseware, video…) e a strumenti (word processor, e-mail, motori di ricerca, ecc.), possono lavorare con un supporto e una guida.
La natura di un “ambiente di apprendimento” implica che, inizialmente, non venga completamente definito ed “impacchettato”: se l’allievo deve godere di una certa libertà di scelta, un certo livello di incertezza e di non-controllo deve essere messo nel conto. Infatti, chi apprende è la persona migliore a decidere cosa sia significativo per lui. Avere un ambiente di apprendimento libero da costrizioni di tempo e di spazio è fondamentale per costruire e condividere conoscenza. (Conceição-Rumble, S., Daley B.J., 1998, pag. 3).
Perché un simile contesto non sia caotico (anche se tale potrebbe apparire all’esterno e a chi studia), è necessario che chi governa il processo sia continuamente presente alle dinamiche, come in un perenne stato di allerta, per evitare che il tutto precipiti nel caos e imploda, perché non ben progettato e supportato.
Compito di chi progetta “ambienti di apprendimento” dovrebbe essere quello di creare le condizioni per attivare e supportare un ciclo di attività cognitive che iniziano con la raccolta, registrazione e analisi di dati, proseguono con la formulazione e la verifica di ipotesi nonché la riflessione sui propri livelli di comprensione e di apprendimento, per concludersi con la costruzione di senso personale delle informazioni, che è la dimostrazione di un apprendimento autentico (Crotty 1994).
[1] Nella prima edizione di Theoretical Foundations of Learning Environments (Jonassen and Land, 2000) si descrivono ambienti di apprendimento centrati sullo studente. Nella seconda edizione (Jonassen e Land 2012) viene dato conto degli sviluppi di questo ultimo decennio in cui sono state elaborato numerose altre prospettive costruttiviste e situate dell’apprendimento. Infatti, in questa seconda edizione viene fornita una visione aggiornata dei fondamenti teoretici che ora comprendono la metacognizione, il model-based reasoning, il cambiamento concettuale, l’argomentazione, la cognizione incorporata (embodied cognition), le comunità di apprendimento, le comunità di pratica.