Come cambia il processo di apprendimento grazie alle TIC

Didattica e tecnologie

L’esempio dell’Istituto Leone XIII di Milano

DIDATTICA DIGITALE - SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO

Da alcuni anni nelle classi dell’Istituto Leone XIII di Milano è stata avviata una sperimentazione tecnologica all’avanguardia, che ci siamo fatti raccontare da Francesca Argenti, Elisabetta Biella e Cecilia Scaglioni, docenti del Liceo Classico.

Valeria Zagami

La dotazione hardware, software e di rete

Nelle classi è stato allestito un setting strumentale composto dagli iPad, in dotazione a ciascuno studente e al docente, tutti connessi a internet e in rete tra loro e con la Lim di classe.

Lo schermo condiviso della lavagna interattiva multimediale segnala il collegamento dei singoli studenti all’attività didattica in corso. L’insegnante può inviare file agli studenti e analizzare e verificare lo svolgimento dei compiti assegnati; gli studenti, da parte loro, possono condividere materiali sia con il docente sia con i compagni.

L’utilizzo dell’applicazione AppleTV consente di condividere sulla Lim lo schermo di uno qualsiasi degli iPad di classe, di volta in volta quello del docente o di uno studente, o anche quello di più tablet contemporaneamente.

Gli iPad sono dotati di molteplici applicazioni digitali, che in itinere vengono via via aggiornate eintegrate secondo le esigenze didattiche. Gli studenti le utilizzano in modo autonomo e progressivamente più consapevole, sia per gli appunti durante le ore in classe sia per lo svolgimento dei compiti assegnati.

Un nuovo ambiente di apprendimento

La presenza delle tecnologie costituisce un valore aggiunto, in grado di modificare l’ambiente di apprendimento e di potenziare l’attività che in esso si svolge. Al centro della classe c’è sempre l’insegnante: è l’insegnante che governa i processi e fa da guida e da riferimento per gli allievi, che progressivamente acquisiscono autonomia.

Si tratta di un nuovo modo di fare didattica che genera cambiamento e innovazione. La professoressa Scaglioni sostiene che «l’attuale generazione di studenti ha sviluppato una modalità cognitiva principalmente visiva e cinestesica: i ragazzi imparano guardando e facendo. E se questo può essere fatto insieme in classe, il tempo a scuola diventa più proficuo per l’apprendimento. Da quando ci sono gli iPad, è più facile arricchire la lezione soprattutto grazie alla connessione alla rete. Questo fornisce infatti la possibilità di allargare lo sguardo ogni volta che è utile: per soddisfare una curiosità, per reperire un’informazione in più, per trovare la risposta a un dubbio, per leggere una fonte o un documento, per ascoltare l’intervista al critico letterario o all’esperto di un certo argomento… È un po’ come fare scuola fuori dalla scuola, e per i ragazzi è molto utile. Ne deriva una modalità didattica più vivace e partecipativa, più capace di mantenere vivi l’attenzione e l’interesse, non solo per le discipline scientifiche, ma anche per quelle umanistiche. La lezione frontale tradizionale, in cui l’insegnante parla e lo studente ascolta e prende appunti, se ha funzionato a lungo e ancora funziona in certi contesti e in certi momenti del processo di apprendimento, in altri risulta inadeguata: meglio allora innestare nella tradizione l’innovazione.

Gli iPad consentono di utilizzare anche la versione digitale del libro di testo, che presenta varie potenzialità interattive: gli studenti possono sottolineare, evidenziare, prendere appunti, integrare il testo con le immagini, i link, i documenti via via reperiti e commentati in classe… il tutto sempre in modalità condivisa con i compagni.

Anche lo svolgimento in classe di attività individuali o di gruppo risulta avvantaggiato dalle risorse tecnologiche: il lavoro di ciascuno può essere condiviso in ogni momento visualizzandolo sulla Lim; il docente può seguire dal proprio tablet lo svolgimento del lavoro sui device dei singoli studenti, osservandone così i passaggi e guadagnando la possibilità di valutare in tempo reale se la strategia attivata dagli studenti è corretta o se essi hanno bisogno di essere ulteriormente guidati... Diventa agevole anche il controllo di eventuali distrazioni o deviazioni dal percorso comune di lavoro! Tutto questo è importante per il docente, perché gli permette di avere la situazione sotto controllo».

La spinta alla collaborazione tra i docenti

Francesca Argenti è docente e referente per le tecnologie e la didattica digitale dell’Istituto Leone XIII: «Nel nostro percorso di sperimentazione cerchiamo di salvaguardare in particolare il rispetto del metodo di lavoro degli insegnanti, in modo da dare a ciascuno l’opportunità di integrare strumenti tecnologici utili all’insegnamento della propria disciplina senza rinunciare al proprio stile di insegnamento. Sicuramente l’uso delle tecnologie rappresenta una forte spinta verso modalità socializzanti e stimola gli insegnanti a lavorare molto di più in team, proprio perché lo scambio di idee, di materiali, di soluzioni per il monitoraggio della classe e per la valutazione agevola il lavoro didattico.

Tutto questo è in linea con l’impostazione generale della nostra scuola, che ha sempre valorizzato il confronto tra colleghi, anche creando momenti specifici e dedicati: l’introduzione delle tecnologie ha solo ampliato e reso ancora più significative le occasioni per tale confronto».

Collaborazione e costruzione sociale della conoscenza per un apprendimento più efficace

È opinione diffusa in ambito accademico che le tecnologie dell’informazione e della comunicazione consentano di attivare processi di apprendimento collaborativo che valorizzano la costruzione sociale della conoscenza. «Se l’azione didattica è preordinata e pensata in anticipo dal docente», sostiene la professoressa Biella, «si può fare una piccola rivoluzione nella didattica con i ragazzi: senza smuovere le montagne, ma selezionando nuove modalità semplici e operative, con una effettiva ricaduta sull’apprendimento. Penso all’attivazione, per esempio, di piccoli laboratori ben strutturati e organizzati. I ragazzi apprezzano questa componente pratica ed esperienziale, favorita dalla presenza delle tecnologie, che permette loro di svolgere un’attività concreta.

Recentemente ho proposto un breve laboratorio dedicato al posizionamento delle parole nella frase: il focus era sul confronto tra l’uso nelle lingue antiche e quello nelle lingue moderne. Per lavorare ho utilizzato l’accesso gratuito a Quizlet per attingere a repertori di frasi, l’app Pages per la creazione di documenti su tablet, Keynote per comporre presentazioni, Google Drive come repository in cui archiviare e condividere materiali; oltre a carta, penne e matite colorate!

Per valorizzare l’importanza della posizione di una parola all’interno di una frase, ho fatto ricorso al concetto di congruenza. Per farlo, ho scelto di lavorare con le immagini proponendo esempi concreti di congruenza tratti dalla vita reale. Mostrando la foto di un palazzo storico di pregio, ho ipotizzato l’invito a una cena che vi si sarebbe svolta, in occasione di un evento riservato ed estremamente elegante, in cui avrebbe dato alta prova di sé un rinomato chef… Bene, ho chiesto agli studenti: come vi comportereste in questa situazione? Ho quindi proposto loro di passare in rassegna una serie di immagini raffiguranti diversi comportamenti, e di selezionare via via quelli adeguati alla situazione descritta. Nell’analisi emergeva che i singoli comportamenti non erano giusti o sbagliati di per sé, ma erano invece più o meno adeguati alla situazione specifica. E che, se si fosse scelto un comportamento inadeguato, incongruente, non si sarebbe entrati in relazione con la situazione in cui eravamo calati. A quel punto abbiamo fatto il passaggio alla lingua: se nella costruzione della frase applico un ordine logico che non è quello adeguato alla lingua in oggetto, non la capisco e non entro in sintonia con essa.

Attività come questa hanno un grande valore formativo, perché non viene trattato esclusivamente un aspetto disciplinare – in questo caso di carattere linguistico – ma si affrontano argomenti importanti come il riconoscimento del “posto giusto”, dell’“elemento giusto” in un “luogo significativo”. Si tratta di una competenza che arricchisce l’identità di una persona, il suo profilo umano e sociale…

I ragazzi mostrano di gradire un approccio più dinamico e sfaccettato. Rispetto alla modalità tradizionale di spiegazione-studio-verifica, si attivano meccanismi di comprensione e di apprendimento diversi.»

Aggiunge la professoressa Argenti: «Tali modalità socializzanti una volta innescate in classe si propagano anche al di fuori del tempo scuola: i ragazzi spesso continuano a lavorare sui documenti condivisi online, a discutere e a interrogarsi sui dubbi per chiarirli, a proporre questioni da approfondire. Il docente segue questo processo, lasciando che siano loro a lavorare, ma quando serve interviene per dare indicazioni, eliminare ambiguità, risolvere eventuali difficoltà, e questo senza aspettare l’ora di lezione. Ne derivano percorsi di lavoro che si animano in fieri, arricchendosi del contributo degli studenti, non prevedibile in anticipo dal docente…

Riporto un esempio reale. Un docente di filosofia, per lavorare su un approfondimento non proposto dal libro di testo, anziché distribuire le classiche fotocopie, condivide su Google Drive i testi selezionati e invita gli studenti a usare la funzione “Commento” disponibile nell’applicazione per porre domande o chiedere chiarimenti. I ragazzi iniziano a lavorare e a inserire domande e dubbi; poiché nel frattempo il professore non si collega, qualcuno di loro comincia a provare a rispondere ai compagni, attivando così strategie di apprendimento tra pari. Una volta risolti i dubbi relativi alla comprensione del testo, i ragazzi cominciano a tentare di ipotizzare le domande che il docente potrebbe porre sul testo, e le condividono, formulando anche modelli di risposta, che via via si definiscono con la partecipazione di tutti. Ne nasce un dibattito vivace e un lavoro di grande interesse, perché da una parte è frutto dello studio personale fatto a casa, dall’altra attiva una strategia di collaborazione tra pari che aiuta i ragazzi più fragili, che non riuscirebbero a superare da soli le difficoltà e che normalmente si rassegnerebbero alla propria debolezza in quella materia. Naturalmente il docente periodicamente si collega online al lavoro in corso, legge e sorveglia, incoraggiando a continuare se la strada intrapresa è quella giusta, o correggendo e indirizzando il percorso se necessario. Il docente in questa fase svolge il ruolo di direttore dei lavori, assicurandosi che tutti partecipino alla costruzione di un sapere.

Abbiamo notato che, con questa modalità, partecipano con interventi e domande anche studenti che in classe farebbero invece fatica a farlo: “protetti” dall’ambiente virtuale essi esprimono le loro peculiarità e le loro intelligenze. Ciò che è molto rilevante per noi è che, al momento della verifica al termine di un’attività didattica condotta in questo modo, tutti hanno conseguito la sufficienza: naturalmente l’eccellenza rimane eccellenza, lo era prima e lo è anche adesso, ma coloro che erano in difficoltà hanno recuperato con successo e tutti sono riusciti a raggiungere l’obiettivo.»

Nell’ambito di esperienze come questa, le nuove tecnologie si stanno dunque rivelando strumenti preziosi per gli insegnanti, che si trovano così a disposizione una varietà più ampia di opportunità, sia nuove sia tradizionali, da spendere per rendere sempre più efficace il percorso formativo dei propri studenti.

 

Valeria Zagami: consulente di Pearson Italia e collaboratrice del Miur.