Le dolenti note, i dolci sospiri. Una drammatizzazione del V canto dell’Inferno

William Blake, La Divina Commedia, Inferno, Il vortice degli amanti, penna e acquerello, Birmingham, City Muesum and Art Gallery

IDEE PER INSEGNARE - SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO

Il canto di Paolo e Francesca è emotivamente coinvolgente, ricco di personaggi e dialoghi intensi, segnato dal forte contrasto di luci e ombre. È un testo eminentemente drammatico dunque, che invita alla recitazione o alla lettura collettiva e che affronta l'argomento che da sempre accende l'interesse dei giovani (e dei meno giovani) studenti: l’amore.

Stefano Pattini

Se nei canti precedenti i nostri alunni non saranno riusciti a sentirsi coinvolti di fronte a Dante che adora Virgilio come suo maestro e autore, ora però non potranno di certo annoiarsi nell’ascoltare, anzi, nel recitare in prima persona una storia di passione, baci rubati, tradimenti, delitti e nel sentire parlare di un legame che dura, nel bene e nel male, per l’eternità.
Per facilitare la comprensione e il godimento estetico di pagine tanto ricche di cultura e umanità, può essere pedagogicamente efficace proporre alla classe una drammatizzazione del testo, con un impegno in termini di tempo e di lavoro che varierà in funzione delle esigenze didattiche. Qui raccontiamo l’esperienza di una lettura ad alta voce in cinque lezioni, un breve laboratorio in cui l’insegnante ha preparato il copione e diretto le “prove” e gli studenti hanno avuto il compito di impegnarsi nella lettura in classe e di prepararsi a casa confrontando il testo dantesco con la parafrasi del manuale.

Ragazzi provano sul palco durante una lezione di recitazione

La drammatizzazione nella didattica per competenze

La pratica teatrale a scuola è uno spazio educativo in cui mettere in gioco capacità apprese in classe e talenti coltivati in ambito extrascolastico, rendendoli efficaci, significativi, vivi. In altri termini, è un modo per trasformare conoscenze e abilità in competenze, perché esplorate e messe alla prova in una situazione sociale concreta.
Ora, anche limitandoci alla piccola esperienza di una lettura corale di Dante in una classe della nostra scuola, possiamo constatare l’ampiezza delle competenze linguistico-letterarie e trasversali attivate in un lavoro di questo genere.

Comunicazione contro distrazione

La recitazione invita ad ascoltare l’altro, a leggere i suoi atti comunicativi verbali e non verbali e, ancora prima, a percepire e rispettare la sua presenza viva. Essa può costituire un’efficace palestra contro la distrazione e la disattenzione, instillando l’abitudine a una presenza concentrata e attenta in contesti di lavoro individuale e collettivo. Occuparsi di questo atteggiamento, favorirne la crescita, non è affatto di secondaria importanza in un mondo in cui si è perennemente distratti e divertiti da popup commerciali, messaggini incalzanti e musica assordante.
Quando si fa teatro l’azione vocale di un attore non può mescolarsi in maniera confusa con quella degli altri attori. Battute e gesti non possono accavallarsi a caso, ma devono essere azioni che rispondono, come re-azioni, ad altre azioni: devono seguire un ordine logico-temporale. Un lavoro di questo tipo fa riflettere sulla differenza tra agitazione dispersiva e azione intenzionata, chiara e precisa, che riesce ad esprimere e a comunicare un contenuto; ciò potrebbe contribuire alla formazione di un habitus di ordine e chiarezza con cui affrontare i problemi della scuola e della vita; nello specifico, può migliorare gli atti verbali che formano un testo orale o scritto.

Metacomunicazione

La comunicazione, in un laboratorio teatrale, diviene essa stessa oggetto di studio e riflessione. Si configura un ambiente di apprendimento in cui si fa educazione linguistica e si sviluppano competenze di metacognizione.
In primo luogo, la recitazione aiuta a sviluppare l’uso di un registro linguistico e di un tono della voce consoni al particolare contesto comunicativo. Si esercita poi un’attitudine alla riflessione critica sull’intenzione e il senso profondo del messaggio, attitudine importante anche e, soprattutto, per la sua portata esistenziale e sociale. Ciò significa, in particolare, riflettere sulla differenza tra senso letterale e senso traslato e sulle potenzialità conoscitive di figure retoriche come l’ironia e la metafora. Facciamo esperienza, nelle nostre voci, sui nostri corpi, che le forme non sono solo ornamenti e decorazioni, ma parlano, significano con una pregnanza straordinaria, che non sarebbe possibile con altre parole, in altri modi espressivi. Le figure retoriche, allora, si dimostrano essere, nella pratica concreta e vissuta, non “retoriche” ma figure di verità e cioè di smascheramento delle reali intenzioni soggiacenti ai discorsi, di svelamento del senso più profondo nascosto nel testo.

Cooperazione

Come il teatro non può sussistere senza una collettività dentro e fuori dalla scena, così il lavoro svolto in classe non conduce da nessuna parte se non c’è collaborazione tra i compagni. I ragazzi sentono che la riuscita della propria azione dipende anche dall’azione dell’altro: qui le virtù collaborative sono più efficaci di quelle agonali. Si forma un gruppo di sodali (trasversale rispetto alle divisioni preesistenti nella classe), che insieme si divertono, vivono piccole frustrazioni e successi, si mettono in gioco e imparano gli uni dagli altri (apprendimento tra pari). Inoltre, ad alcuni ragazzi con problemi di socialità o emotività, il laboratorio teatrale offre la possibilità di inserirsi in un gruppo, lavorare a contatto con gli altri, mettere alla prova la propria timidezza e introversione.

Creatività

Il lavoro teatrale può essere una grande occasione anche per coloro che nelle progettazioni disciplinari non trovano uno stimolo per lo sviluppo di capacità e inclinazioni personali; la recitazione rappresenta un terreno fertile per l’attualizzazione delle proprie potenzialità, offrendo agli alunni più estroversi e meno bibliofili la possibilità di dimostrare di valere, di essere bravi e capaci in un’attività, troppo spesso liquidata come mero svago e divertimento, in realtà altamente educativa. D’altra parte, questa esperienza serve anche al docente, perché getta nuova luce sulle possibilità di motivazione e intervento nella quotidiana attività di apprendimento di quel particolare studente o, più in generale, della classe.
In questo tipo di attività non si tratta di eseguire un compito assegnato, realizzare un’azione prefissata prima e dall’alto. Nel limitatissimo tempo a disposizione, spingendo il giovane lettore a ragionare su cosa stia facendo o provando il personaggio in quel momento e contesto, gli offriamo la possibilità di dare una personale interpretazione del personaggio. E in questo modo non stiamo facendo altro che studiare (nel senso alto del termine) la letteratura: il ragazzo non solo sta leggendo, comprendendo e interpretando il testo, ma lo sta anche, letteralmente, incarnando e vivendo!

 

Stefano Pattini: laureato in Storia del teatro greco e latino, ha lavorato per alcuni anni in campo teatrale. Attualmente è insegnante di scuola secondaria di Milano.