Educare alla prima prova dell’Esame di stato

mano con penna rosa

Produrre un testo scritto a partire dagli studenti

IDEE PER INSEGNARE - SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO

Oggi giorno non è raro imbattersi nella riluttanza o perfino nella seria incapacità degli studenti quando si parla di produrre un testo scritto. I motivi sono molteplici e possono andare dalla povertà lessicale a quella intellettuale, per arrivare fino all’apparente povertà umana. Nelle righe che seguono vorrei condividere le modalità con cui ho tentato di affrontare, almeno in parte, sia la riluttanza sia le oggettive difficoltà dei miei studenti.

Nicola Terenzi

Premessa

Come insegnante di un istituto tecnico, mi trovo di fronte a studenti che considerano la scrittura una brutta esperienza o addirittura una partita persa; nel tempo ho intuito che poteva esserci una sfida da accettare: trovare una modalità per rendere interessante e utile la scrittura agli occhi dei ragazzi, un’utilità immediatamente tangibile, senza perdere di vista il fatto che presto o tardi avrebbero dovuto confrontarsi con la Prima prova dell’Esame di stato.

Esistono principalmente due strade attraverso le quali è possibile insegnare: l’addestramento o l’educazione.
 Addestrare i miei studenti alla Prima prova fin dalla classe terza significava lavorare sulle simulazioni d’esame, passando al vaglio tutte le tipologie, rivedendo seriamente gli errori e suggerendo le strategie per consentire loro di svolgere una buona prova quando sarebbe stato il momento. Inizialmente, ho seguito questa strada; quasi subito però ho riscontrato la sua fallibilità dal momento che i risultati positivi tardavano a venire. Questo metodo non spronava a imparare, i ragazzi non percepivano l’importanza di apprendere e di cimentarsi in quelle strategie. Per forza di cose quindi ho dovuto interrompere e ripartire da zero chiedendomi cosa potesse significare nel concreto “educare gli studenti” alla Prima prova dell’Esame di stato. Quel che è emerso dalle mie riflessioni e dai miei tentativi è un percorso articolato in tre passaggi, dalla classe terza alla quinta.

  • Nel terzo anno l’obiettivo è duplice: far acquisire ai ragazzi le competenze adeguate per potersi esprimere correttamente in forma scritta; allo stesso tempo insistere nel tentativo di far recuperare loro una “simpatia” nei confronti della composizione scritta.
  • Al quarto anno invece tutta la classe partecipa in qualità di redazione a una rivista on line che ho fondato appositamente. Non si tratta di un giornalino scolastico, ma di una rivista aperta a ogni tipo di lettore. Tutti i mesi si elegge il capo redattore e si progetta il numero della rivista che verrà pubblicato entro un paio di settimane.
  • Il quinto anno invece è totalmente dedicato alle simulazioni della Prima prova in modo che gli studenti abbiano l’opportunità di applicare quel che hanno imparato cimentandosi in una verifica che ha una forma precisa: quella dell’Esame di maturità.

Esemplificherò ora il lavoro relativo agli elaborati scritti nella classe terza.

1. Tre premesse

Il percorso prende spunto da tre suggestioni iniziali.

  1. Secondo la mia personale esperienza, maturata in questi anni di tentativi, il tempo dedicato alla composizione dei testi deve essere di sei ore (tre blocchi da due ore nell’arco della settimana). Durante l’Esame di stato gli studenti avranno a disposizione questo tempo per il processo di redazione e non vedo perché si debba negli anni precedenti ridurlo a due, con il risultato che non tutti all’Esame di stato arrivano a saper gestire sei ore di tempo: occorre insegnarglielo. È possibile però, con qualche accorgimento, adattare questo percorso e ridurre il tempo necessario alle quattro ore di italiano settimanali. 
  2. Osservando nello specifico le tipologie della Prima prova dell’Esame di stato, mi sono accorto che è particolarmente faticoso insegnare ai ragazzi a gestire la Tipologia B: dovranno aver a che fare con dei documenti da leggere, capire, interpretare, collazionare e usare per comporre il loro scritto. Sono operazioni che richiedono un accompagnamento. 
  3. Ho sperimentato che uno studente scrive meglio quando sa di cosa parlare. Non solo, uno studente scrive ancor meglio se quel che sa gli interessa davvero. Nel preparare le tracce può capitare di non incontrare la sensibilità, l’interesse o le conoscenze di tutti e così spesso succede che qualcuno sia spacciato in partenza. Ho deciso così di far scegliere l’argomento di cui parlare ai miei ragazzi, sempre nell’ottica di avviarli ad una “simpatia” per la scrittura. 

2. Sono gli studenti a scegliere la traccia

Almeno una settimana prima, comunico alla classe la data in cui cominceranno a lavorare sui loro scritti suggerendo di guardarsi attorno, prestare attenzione ai telegiornali, tenere occhi e orecchie aperte sulle lezioni che sentono alla mattina, riflettere sulle cose che accadono a loro o che scoprono di sé. Questo perché durante le prime due ore di lavoro mi diranno su cosa vorranno scrivere.

Ogni argomento che scelgono è adatto allo svolgimento dello scritto? Ho sperimentato che è così. Certo, ci vuole un minimo di pazienza per aggiustare argomenti poco validi o troppo spinosi, ma la mia esperienza mi porta a credere che quasi ogni argomento valga un buon compito. Inoltre, sono convinto che gli studenti di un Istituto tecnico abbiano gli strumenti necessari per sentirsi a loro agio nell’attualità per via delle materie che studiano, quali Economia politica, Economia aziendale, Matematica finanziaria e Diritto. Questo mi sembra un punto di forza non indifferente su cui mi sento di spronarli e incoraggiarli durante la scelta di una traccia.

Nel giorno fissato per iniziare il lavoro – il primo blocco da due ore – ogni studente comunica l’argomento che desidera approfondire. Con ordine mi devono spiegare e argomentare il motivo della loro scelta e quale potrebbe essere il punto di interesse per un ipotetico lettore. Una volta individuato l’argomento devono consegnarmi una bozza di titolo al termine delle due ore.

Il tempo che rimane possono impiegarlo per avvantaggiarsi nel lavoro che lascerò per casa: documentarsi. I ragazzi devono cioè trovare delle fonti autorevoli sugli argomenti che hanno scelto. Tutto ciò viene preceduto da una lezione sui motori di ricerca, le keywords e su come riconoscere una fonte internet buona da una cattiva. Anche se internet è solo una delle opzioni: ci sono gli adulti! Possono chiedere ai miei colleghi, ai genitori, intervistare un cugino universitario... Poi ovviamente ci sono i telegiornali, i quotidiani, le riviste specializzate e c’è anche internet.

Non è importante come gli studenti reperiscono le fonti, quel che conta è che il giorno dopo arrivino in classe con almeno quattro documenti cartacei che hanno selezionato per poter proseguire il lavoro. In questo modo tento di ricreare una caratteristica della Prima prova dell’Esame di stato: aver a che fare con dei testi esterni da capire e da usare per il proprio componimento.

3. Lo studio dei componenti e la composizione della brutta copia

Nel secondo momento, la prima delle due ore si usa per lo studio dei documenti che i ragazzi hanno selezionato. Do sempre l’indicazione di prendere appunti durante la lettura, per poterne fruire nel lavoro successivo.

Terminato lo studio e presi due o tre appunti, gli studenti possono usare la seconda ora per imbastire la brutta copia. In questo passaggio io sono disponibile a fare un mestiere simile al correttore di bozze: verificare con loro la coerenza, sbloccare una situazione di stallo, chiarire certi dubbi grammaticali. Quel che non riescono a fare a scuola possono ultimarlo a casa ed è una concessione che non faccio a cuor leggero. Con quest’ultimo passaggio non posso dire quindi che i miei studenti facciano delle vere e proprie verifiche in classe di composizione scritta, anche se nei fatti le valuto come tali. Certamente temevo che ciò potesse inficiare la prova, falsare la valutazione, ma con mia sorpresa ho dovuto constatare che mi sbagliavo. Dobbiamo ricordare che i ragazzi stanno lavorando su qualcosa che interessa loro, quindi non hanno il problema di farsi aiutare completamente. A quel punto del percorso, avvertono già come proprio quel lavoro, e ci tengono a farlo autonomamente.

4. La bella copia

Il terzo passaggio riguarda esclusivamente la copiatura dell’elaborato. Due ore per copiare, o meglio, per consegnarmi un elaborato formalmente impeccabile. Ogni virgola, ogni apostrofo, ogni accento, tutto deve essere al suo posto. Avendo avuto non venti minuti ma due ore per copiare, una «a» senz’acca, una «e» senza accento acquisiscono un peso più certo o comunque ben lontano dall’”errore di copiatura”.

Non chiedo ai ragazzi di essere precisi perché sono un pignolo, ma perché io credo fermamente che il loro lavoro abbia un valore; il loro pensiero è dignitoso, meritevole; perciò deve essere consegnato in una forma che sia ordinata, perfino bella, per rispetto anzitutto verso sé stessi e verso il proprio lavoro.

5. La correzione e l’auto-correzione

Per dare una dignità al mio lavoro di correzione dei loro testi, ho voluto provare a vedere se soffermarsi sugli errori e sui punti di forza potesse essere utile a far diventare gli studenti più bravi. Ho quindi cominciato a correggere in questo modo:

  • Con un evidenziatore marco l’errore e lo numero in corrispondenza a bordo pagina, mentre con la penna rossa faccio emergere ciò che nel loro scritto già c’è di buono: segnalo per esempio una struttura solida, la coerenza dei nessi logici, quando vengono usate le fonti in modo intelligente, un bel passaggio.
  • Il numero dell’errore corrisponde al numero dell’esercizio che troveranno sulla loro personale verifica di grammatica. Invece di appuntare a margine del foglio i commenti sui loro errori, scrivo una verifica personale in Word che posso modulare a seconda del livello dello studente. Per esempio a qualcuno chiedo di ragionare sull’errore senza dire quale sia e di correggerlo, ad altri chiedo una definizione, ad altri darò delle frasi a riempimento. La verifica di grammatica sui loro temi è composta da ogni genere di errore grammaticale, morfosintattico e lessicale. Ne scelgo un massimo di 10-13 e riprendendo le frasi o gli errori dal loro elaborato, segnalo un problema dando loro alcune indicazioni per correggerlo.
  • Quando consegno loro gli elaborati corretti, i ragazzi hanno un’ora di tempo per compilare la verifica e sistemare gli errori che hanno fatto. In questo modo possono recuperare parte del voto.

6. La valutazione

Per impostare la griglia di valutazione mi sono dovuto chiedere su quali aspetti mi interessa insistere in ogni classe. Per esempio nella griglia che segue, destinata a una classe terza, avevo la necessità di insistere di più sulla “forma”, tanto da assegnarle la stessa percentuale di voto dedicato alla “correttezza”. Mettendo al corrente gli studenti, è possibile via via operare qualche piccola modifica alle percentuali e modulare la valutazione a seconda del lavoro che l’insegnante sta svolgendo con la classe.

  • Correttezza: questo punto vale il 30% del voto complessivo ed è diviso in tre indicatori: il livello grammaticale, quello logico e le parole usate. In tutti e tre gli indicatori i voti vanno dall’1 al 10.
  • Qualità dei contenuti informativi: vale il 40% del voto ed è il cuore, per così dire, dello scritto. Esso è formato sì dalla qualità dei contenuti, ma anche dalla personalizzazione, cioè tiene conto di quanto lo studente, basandosi su delle fonti, è riuscito a far proprie quelle informazioni tanto da usarle al servizio del proprio discorso.
  • Forma: i ragazzi hanno due ore per copiare in bella. Nell’elaborato che mi stanno consegnando non devono esserci cancellature (ordine); la grafia deve essere ordinata e non frettolosa (calligrafia); il foglio dev’essere protocollo, intestato, piegato a metà e senza macchie o spiegazzature (cura).

Se nella verifica sui loro errori gli studenti dimostreranno di aver saputo ragionare adeguatamente e autocorreggersi, potranno aumentare il 30% del voto relativo alla correttezza.

Conclusione

Grazie a questo metodo gli studenti di terza imparano a scrivere (chi più chi meno), a strutturare un testo complesso in modo sufficientemente corretto tenendo conto delle fonti e di un argomento dato. Io credo che acquisendo queste competenze, anche se all’esame non potranno scegliere loro l’argomento o non potranno completare lo scritto a casa, riusciranno a svolgere positivamente la Prima prova. Inoltre, più in generale, grazie a questo metodo, nel corso dei tre anni vedo i ragazzi crescere, porsi domande sempre più inerenti all’attualità e soprattutto vedo con stupore che il momento della scrittura viene usato come uno spazio dove «finalmente posso dire la mia su ciò che mi preme».

 

Nicola Terenzi è insegnante di Italiano e Storia nella scuola secondaria di secondo grado. Dal 2007 insegna presso un Istituto Tecnico Economico.