Tutto col gioco, niente per gioco

Le potenzialità didattiche della ludolinguistica

IDEE PER INSEGNARE

Della ludolinguistica è difficile fornire una definizione esaustiva; lo Zingarelli 1998 – che la registra per la prima volta – la definisce «branca della linguistica che si occupa di giochi di parole», senza però delimitarne più chiaramente i contorni, soprattutto nella zona sfumata in cui questa si incontra e si confonde con l’enigmistica. Generalmente, la differenza sostanziale fra ludolinguistica ed enigmistica viene indicata nell'ambiguità, nel mistero: fondante nella seconda e assente nella prima.

di Giulia Addazi

Della ludolinguistica è difficile fornire una definizione esaustiva; lo Zingarelli 1998 – che la registra per la prima volta – la definisce «branca della linguistica che si occupa di giochi di parole», senza però delimitarne più chiaramente i contorni, soprattutto nella zona sfumata in cui questa si incontra e si confonde con l’enigmistica. Generalmente, la differenza sostanziale fra ludolinguistica ed enigmistica viene indicata nell'ambiguità, nel mistero: fondante nella seconda e assente nella prima, i cui giochi, proprio perché non presuppongono alcuna risoluzione, vengono definiti “in chiaro”. Gli strumenti della ludolinguistica sono infatti l’acrostico, l’eteroletteralismo, il lipogramma, il palindromo, il tautogramma[1]; giochi che non richiedono alcun tipo di impegno risolutivo. Metodi propri dell’enigmistica sono invece l’anagramma, il cambio, l’indovinello, il rebus, la sciarada, la zeppa[2]; in tutti questi è presupposto un autore e un solutore, delle regole condivise e una sfida da vincere, un mistero da svelare.

La ludolinguistica ha dato grande prova di sé soprattutto in campo poetico[3], ma, mentre alla produzione lirica è dedicato un discreto numero di contributi[4], le sue eventuali applicazioni didattiche sono ancora scarsamente studiate. Peraltro, anche le potenzialità dell’enigmistica nell'apprendimento sono ancora da indagare, benché essa abbia alle spalle una considerevole trattatistica storica, semiotica e linguistica[5].

Nell'ambito dell’insegnamento, le esperienze di ludolinguistica sono state maggiormente approfondite nella didattica delle L2[6], nella quale si è sperimentato anche l’utilizzo di giochi tipici dell’enigmistica – in una versione estremamente semplificata –, ma sempre privilegiando inferenze di tipo lessicale e collocando l’attività in un momento successivo alla spiegazione, come occasione di verifica delle conoscenze. Su parlanti madrelingua invece la sperimentazione di questi metodi è ancora poco diffusa: i rari tentativi in questa direzione[7] sono maggiormente interessati allo sviluppo della creatività linguistica, e si pongono, anche in questi casi, in un momento successivo rispetto a quello della lezione frontale.

Prendendo il meglio di queste rare esperienze e cercando di superarne i limiti, si propone qui di rielaborare alcuni moduli dell’enigmistica classica– che finora non è stata ancora applicata a una finalità didattica –, adattandoli alla destinazione delle classi di scuola secondaria di primo grado e del primo biennio del secondo grado, per creare giochi con obiettivi linguistici molteplici, quindi non solo lessicali. Con questa metodologia e partendo dal principio fondante che ogni parlante nativo possiede naturalmente la propria lingua ben prima della sua teorizzazione normativa, è possibile porsi questi obiettivi:

  1. proporre un insegnamento, nella dimensione del gioco, piacevole sia per gli studenti sia per i docenti;
  2. mantenere un’attenzione sempre viva grazie all'incentivo della sfida enigmistica, personale e di gruppo;
  3. veicolare contenuti linguistici, non solamente lessicologici;
  4. far acquisire i contenuti linguistici attraverso un procedimento automaieutico, in modo maggiormente interiorizzato e più stabile;
  5. esercitare e allenare capacità logiche primarie.

I giochi vanno sempre costruiti con una particolare attenzione: devono presentare al loro interno tutti gli elementi con cui lo studente possa rintracciare, logicamente, il filo che conduce alla soluzione.

Primo esempio: gli omografi

Per esempio, nel seguente gioco basato sugli omografi e finalizzato alla disambiguazione semantica grazie agli accenti, una lettura attenta del contesto è la prima applicazione necessaria.

C’erano una volta tre giovani xxxxxxxx (prìncipi). Di questi, due avevano nobili e solidi xxxxxxxx (princìpi) mentre il terzo era gretto e meschino: non aveva rispetto yy () per le cose, yy () per le persone, yy () per kk (se) stesso. Il vecchio re, padre dei tre xxxxxxxx (prìncipi),yy (ne) soffriva moltissimo e ogni giorno diceva tra kk () e kk (): «kk (Se) solo riuscissi a rendere i suoi xxxxxxxx (princìpi) retti e giusti come quelli degli altri miei due figli!».

Infatti “princìpi” potrebbe non essere immediatamente disponibile nel vocabolario di uno studente della scuola secondaria di primo grado, ma il contesto, se attentamente analizzato, ci dirà che la parola composta da otto lettere (prescindendo dall'accento) risponde alla semplice domanda: “chi sono i figli del re?”.

Secondo esempio: la zeppa

Un altro esperimento interessante, che sottolinea ancora una volta come la competenza linguistica spesso esuli dall'informazione normativa, è il seguente gioco, in enigmistica zeppa, il gioco in cui, inserendo una lettera in una parola, se ne crea una nuova.

    Tu proverai sì come sa di xxxx (sale)
    lo pane altrui, e come è duro calle
    lo scendere e 'l salir per l'altrui xyxxx. (scale)

    (Dante, Paradiso XVII, vv. 58-60)

Nonostante la difficoltà linguistica rappresentata da un passo dantesco, leggendo con attenzione l'ultimo verso, ci si rende presto conto che la parola misteriosa costituisce, logicamente, il complemento oggetto di “scendere” e “salir”. Sia “scendere” che “salire” hanno un unico possibile uso transitivo; in questo uso ciò che più comunemente si sale o si scende sono le scale.

Terzo esempio: la frase doppia

Tra i giochi enigmistici applicabili è certamente interessante, poiché agisce contemporaneamente su più capacità, la frase doppia. Evoluzione della sciarada (il gioco per cui una parola è scomponibile in altre parole), la frase doppia è una frase che può essere segmentata in due differenti modi (per esempio: La strofa ti dico/L’astro fatidico). Fornendo come testo esposto[8] del gioco una stringa di lettere maiuscole scritte senza spazi, si chiederà di segmentare le parole nei vari modi possibili, poi di abbinarle sfruttando la punteggiatura affinché le frasi risultanti siano sintatticamente compiute (anche se semanticamente carenti o ambigue) e, infine, di immaginare un contesto in cui la frase potrebbe essere effettivamente realizzata.

In questo modo si va ad agire innanzitutto su una capacità primaria (quella di segmentazione); in seconda battuta su una capacità complessa, cioè quella di abbinamento su base sintattica, in cui – ci preme farlo presente – l’uso della punteggiatura viene a configurarsi come alleato, e non come ostacolo, ai fini della risoluzione, poiché spesso necessario al raggiungimento di una potenzialità semantica; infine, si sollecita la creatività per immaginare contesti possibili.

Nell'esempio SULCOMODINOLACERAUNGENEREDISTANZE, alcune possibili segmentazioni sono:

  1. Sul comodino la cera unge nere distanze;
  2. Sul comodino là c’era un genere di stanze;
  3. Sul comò Dino lacera un genere di stanze;
  4. Sul comò di Nola c’era un genere di stanze;

ma non sarebbe accettabile, per esempio, la segmentazione: *Sul comodino là c’era unge nere distanze.

Quarto esempio: il cruciverba

L’ultimo strumento cui ci piace accennare, per la sua poliedricità che permette di agire in molteplici ambiti, è il cruciverba. Un gioco classico e molto conosciuto, di immediata disponibilità per gli studenti e a cui possono accompagnarsi definizioni di vario tipo:

  1. definizioni sinonimiche e lessicografiche (es.: Arrabbiato, preso dall'ira à IRATO);
  2. definizioni metalinguistiche (es.: È il soggetto di tutte le mie azioni à IO);
  3. definizioni filler, divise a loro volta in filler di coniugazione verbale e filler sinonimici (es.: Se … la caramella la mamma si arrabbierebbe molto (scartare) à SCARTASSI; es.: Quelle donne erano tutte … del movimento femminista (sinonimo di sostenitrici) à FAUTRICI);
  4. richieste di grammatica pura (es.: 3a persona singolare del passato remoto di torcere à TORSE);
  5. logica (es.: Se essi non avessero un capo… à SSI; in questo caso è una logica cruciverbistica fondata su convenzioni metalinguistiche, che fanno però perno sulla capacità di pensiero divergente, cioè sulla capacità di guardare a un problema da un punto di vista non ordinario);
  6. logica e grammatica (es.: Diminutivo di secondo che fa anche la guardia à SECONDINO; es.: La preposizione che sale à SU).

Non bisogna mai dimenticare che il cruciverba, proprio per la sua struttura, costituisce un auto-aiuto alla risoluzione: per questo consigliamo di inserire le parole-soluzione più complesse e meno immediate al centro, in modo che incrocino con più parole possibili. Così facendo, alla fine del gioco, se anche lo studente non avesse saputo trovare la soluzione, questa emergerà autonomamente dallo schema.

Per concludere, a prescindere da come si voglia chiamarlo (ludolinguistica? enigmodidattica? giocologia?), questo tipo di giochi non dovrebbe avere finalità valutative, ma piuttosto potrebbe costituire un valido supporto nella didattica, integrando e potenziando la spesso inerte lezione di grammatica tradizionale. Infatti, per lo più lo studente percepisce la grammatica come un insieme di regole imposte e che non riesce a comprendere, perché non conosce i motivi profondi che hanno portato la lingua a determinate scelte; questi giochi si pongono come uno strumento investigativo che consente allo studente di scoprire da sé – e capire a fondo – le ragioni di certe regole, i processi per cui si sono sviluppate alcune tendenze, quei meccanismi spesso sottaciuti dalle grammatiche.

[1] Per una trattazione approfondita di questi giochi si rimanda a Giuseppe Aldo Rossi, Dizionario Enciclopedico di Enigmistica e Ludolinguistica, Zanichelli, Bologna 2002.

[2] Per i giochi enigmistici invece sarà più efficace Stefano Bartezzaghi, Lezioni di enigmistica, Einaudi, Torino 2009.

[3] L’esperienza più importante è quella dell'OuLiPo, fondata a Parigi nel 1960 da Raymond Queneau e François Le Lionnais con lo scopo «di sostituire alle vecchie regole lessicali, grammaticali, sintattiche, prosodiche, etc. nuove contraintes (restrizioni) di natura meccanica, artificiale, matematica in modo da contribuire in maniera nuova all'attività letteraria, sfruttando le nascoste “potenzialità” della lingua» (G.A. Rossi, Dizionario Enciclopedico di Enigmistica e Ludolinguistica, voce "OuLiPo").

[4] Principalmente: G.A. Rossi, Dizionario Enciclopedico di Enigmistica e Ludolinguistica e Giuseppe Varaldo, Introduzione alla ludolinguistica, in “I Quaderni della Sibilla”, 22 (2003).

[5] Fondamentali sono i contributi di Stefano Bartezzaghi, a cui si possono aggiungere Giuseppe Aldo Rossi, Enigmistica. Il gioco degli enigmi dagli albori ai giorni nostri, Hoepli, Milano 2001 e Francesca Cocco, L’italiano dei cruciverba, Carocci, Roma 2012.

[6] Imprescindibile su questo tema è Anthony Mollica, Ludolinguistica e Glottodidattica, Guerra, Perugia 2010.

[7] Il riferimento è principalmente a Ersilia Zamponi, I Draghi locopei, Einaudi, Torino 1986.

[8] In enigmistica di dice “esposto”il testo palese e “implicito”la soluzione, ciò che deve essere scoperto.

 

Giulia Addazi è studentessa di Letteratura e lingua, studi italiani ed europei, Università di Roma “La Sapienza”.