Mele e funghi d’artista
Se si è interessati ai frutti, il posto giusto in cui recarsi è il Museo della Frutta “Francesco Garnier Valletti” di Torino. Qui si trovano esposti 1100 frutti artificiali plastici (così chiamati dallo stesso autore) della fine dell’Ottocento, la maggior parte dei quali appartengono alla collezione pomologica originale. Sono riprodotte 295 varietà di mele, 501 di pere, 98 di pesche, 70 di susine, 56 di albicocche, e poi fichi, uva, patate, rape, barbabietole, carote, pastinaca, melograno, fragole, ciliegie, arance, mandarini e limoni. Sono varietà antiche, molte delle quali ormai scomparse dai nostri mercati, con sapori e consistenze che non soddisferebbero un palato degli anni Duemila. Il percorso didattico enfatizza il confronto fra passato e presente dell’agronomia, spiegando cosa abbia portato ad abbandonare la coltivazione di molte varietà, e l’evoluzione della ricerca applicata all’agricoltura.
Come per le cere delle botteghe fiorentine (che non hanno lasciato indizi sulle miscele usate, se non l’elenco delle materie acquistate, conservato negli archivi della Specola), la ricetta di queste riproduzioni è rimasta in parte segreta. Garnier Valletti, artigiano e scienziato eccentrico, produceva le sue opere in serie per i musei naturalistici e per le scuole, riuscendo a restituire a ciascun frutto anche il suo peso. Non usava solo cere: nelle sue composizioni si possono trovare polveri di marmo e molti altri materiali, che servivano a rendere l’opera la più verosimile possibile.
Per gli appassionati di funghi è invece d’obbligo una visita al Gabinetto di Storia Naturale del Museo FirST di Firenze. Oltre alle bellissime tavole botaniche di Egisto Tortori, qui è conservata la collezione micologica in cera di Luigi Calamai: 250 preparati, creati con l’intento di aiutare le persone a distinguere le specie di funghi a quel tempo conosciute. E sempre di Calamai sono i modelli ceroplastici botanici conservati nel Museo Botanico dell’Università di Pisa.