I frattali tra estetica e matematica
STORIE DI SCIENZA
Affascinanti oggetti matematici che ripresentano, a scale più piccole, la stessa struttura che hanno a scale più grandi: sono i frattali, scoperti dal matematico Mandelbrot e oggi utilizzati in moltissimi campi, dalla cosmologia alla medicina.
Centro di ricerca Thomas Watson dell’IBM, Stato di New York, 1979. Un matematico polacco educato in Francia, conclusa una dura giornata di lavoro, se ne va a casa. Sul tavolo lascia un foglio con sopra una macchia nera a forma di cuore con annesso un certo numero di regioni più piccole dai confini non troppo netti e, qui e lì, qualche puntino d’inchiostro.
È la rappresentazione grafica delle soluzioni di un problema al quale stava lavorando da anni. Benoit B. Mandelbrot, questo il nome del matematico, lascia un biglietto per il collega che lo precederà l’indomani mattina: «Occhio, queste macchie non sono dovute alla stampante, che funziona benissimo: c’è qualcosa da scoprire nell’insieme che stiamo studiando»
L’insieme di Mandelbrot
Nei giorni successivi, zoomando su quei punti d’inchiostro, Mandelbrot scopre che il contorno delle regioni nere ha una struttura di infinita complessità che riproduce in miniatura la medesima sequenza delle regioni più grandi. Ogni volta, cioè, che si ingrandisce l’immagine e si esplorano parti sempre più piccole, si trovano infinite repliche delle strutture macroscopiche dell’insieme. Nella figura di apertura potete vedere ingrandimenti successivi della macchia d’inchiostro stampata sul foglio quella sera del 1979: essa, nel suo complesso, viene detta insieme di Mandelbrot e la zona ingrandita in figura è chiamata Valle dei cavallucci marini.
Si tratta forse dell’esempio più famoso di oggetto frattale, una parola che Mandelbrot aveva già inventato per descrivere regioni composte di linee spezzate (dal latino fractus), dall’andamento apparentemente irregolare. Se fate un giro sul Web (per esempio su Wikipedia) potete esplorare in modo interattivo l’insieme di Mandelbrot a scale sempre più piccole e sperimentare, per usare le parole dello stesso studioso, un’esperienza di tipo estetico prima ancora che matematico.