Quando decisi di approfondire lo studio del modello Senza Zaino rimasi colpita dalla straordinaria “normalità” insita nel modello; non uno dei tanti “progetti” che vanno di moda negli ultimi anni, ma una scuola concreta, reale, senza troppa retorica, essenziale, costruita su strategie e contesti attuabili e capace di pensarsi e definirsi sui reali bisogni dei bambini. L’origine stessa di questo modello lascia presagire le intenzioni fortemente fattive e concrete che, basandosi sugli insegnamenti di grandi pedagogisti come Dewey, Freinet, Bruner e Montessori, cerca di andare oltre il singolo approccio nel tentativo di costruire una "Scuola Comunità" basata su tre pilastri fondamentali: ospitalità, comunità e responsabilità. Prima di entrare nel vivo del modello, trovo doverosa una piccola parentesi storica.
Il modello è assai ricco e complesso, e difficilmente è descrivibile nei suoi tanti aspetti. Può essere utile però forse incominciare a descriverlo a partire da alcuni assunti che erroneamente possono esservi associati, sfatando alcune concezioni errate e focalizzando l’attenzione su alcuni nodi centrali che in questi anni di ricerca e confronto con colleghi, genitori e semplici curiosi mi sono ritrovata ad affrontare, nel tentativo di darvi un’idea reale degli architravi del modello:
- Lo spazio come luogo di ospitalità e di ben-essere.
Troppo spesso sento persone ricondurre il Senza Zaino ai tavoloni quadrati e alle palline da tennis che vengono applicate sotto alle gambe delle sedie, sicuramente elementi interessanti del modello, ma riduttivi se estrapolati dalla filosofia complessa che li sostiene. Il modello delle scuole Senza Zaino porta avanti con forza l’idea che lo spazio veicola le azioni, pertanto la prima grande rivoluzione del modello sta nel ripensare gli spazi come elementi attivi e reali protagonisti degli apprendimenti; si tratta di superare l’idea degli spazi asettici, con la sola funzione di stipare un numero adeguato di alunni, senza alcuna identità, luoghi di transito e non di sosta, in un’ottica di spazio accudente e accogliente: l’agorà per le discussioni e le assemblee, le isole per il lavoro cooperativo, le palline da tennis sotto le sedie per rendere “poco disturbanti” gli spostamenti necessari in uno spazio dinamico, la cattedra che lascia il posto a una sedia con le rotelle per permettere all’insegnante di svolgere il compito di facilitatore e accompagnatore, gli spazi-laboratorio dove poter sperimentare, in piccolo gruppo o anche individualmente, l’utilizzo dei sensi per le esplorazioni, le ipotesi, la creatività attraverso l’utilizzo di strumenti tattili e digitali. Ma in un’idea di curricolo globale non è solo l’aula a subire modifiche sostanziali, i corridoi e gli spazi esterni attrezzati adeguatamente diventano luoghi di sosta, lettura, attività di gruppo e di apprendimento.
- La centralità di una didattica responsabile e partecipata.
Anche in questo caso bisogna sfatare un falso mito: didattica attiva, basata sulle esperienze, sull’esplorare insieme, in grado di partire dal “micro” per arrivare al “macro”, capace di ripartire dall’idea di uomo artigiano per attivare una comunità di pratiche utili a una piena interiorizzazione delle competenze. Per essere ancora più espliciti, il modello Senza Zaino non implica necessariamente “niente libri e niente compiti”. La scelta di adottare o meno i testi scolastici rimane insindacabilmente ai docenti, liberi nell’esercizio della propria didattica, così come la scelta di assegnare dei compiti a casa o meno. Certamente a scuola i libri sono gli strumenti indispensabili da utilizzare in un’ottica di contaminazioni e ricerche transdisciplinari, così come le risorse digitali e tattili; per quanto riguarda i “compiti”, essi rappresentano, in un accordo esplicito tra docenti e studenti, un’occasione in cui l’alunno in un contesto altro rispetto a quello scolastico possa confrontarsi con se stesso ed effettuare una mappatura dei traguardi personali; l’esercizio, l’impegno e la responsabilità sono parti integranti del modello.
- Valutare per valorizzare.
Alla base del Senza Zaino c’è il superamento di un modello trasmissivo-valutativo in funzione di un modello responsabilizzante-comunitario; ovvero si passa da una motivazione estrinseca, basata su obiettivi di prestazione e misurazione delle capacità, a una motivazione intrinseca, dove predomina la ricerca di strategie di apprendimento e la disposizione a essere coinvolti perché interessati e partecipi. Come ben potrete immaginare muta completamente l’idea di valutazione; non è più l’obiettivo ad essere al centro, bensì il percorso e le strategie messe in atto per arrivarci. La valutazione degli apprendimenti non viene “cancellata” dal modello, ma viene messa in secondo piano come uno dei tanti strumenti utili per monitorare il percorso, come aiuto e orientamento all’apprendere di ciascuno, finalizzata a un’autovalutazione di tipo formativo e non meramente sommativo.
Se sono riuscita a destare in voi curiosità ed interesse, vi consiglio di approfondire la ricchezza di questo approccio leggendo i testi ufficiali dedicati al modello: www.senzazaino.it