Robotica educativa: un’esperienza in Lombardia

Robotica

Un mezzo innovativo per sviluppare abilità e conoscenze

DIDATTICA E INNOVAZIONE

Quando si parla di robotica educativa molti insegnanti si mostrano scettici e dubbiosi, pensano che possa essere un’attività al di sopra delle loro capacità e, dopotutto, nemmeno poi così utile ai fini scolastici. Vediamo l'esperienza fatta in una scuola primaria in un paese della provincia di Monza e Brianza.

di Olivia Zanetta

Ultimamente stiamo assistendo sempre di più a un proliferare di corsi di coding [1] e robotica educativa per bambini e adolescenti: un dato che evidenzia come non solo molti genitori lo ritengano un’importante esperienza di cui la scuola si dovrebbe occupare.
Quello che, come docenti, abbiamo sperimentato in una scuola primaria di paese nella provincia di Monza e Brianza, negli ultimi due anni, si è dimostrato assai interessante. La nostra è una piccola scuola di paese, ci sono tredici classi e una trentina di insegnanti fra titolari, di sostegno, di religione… Siamo partiti con un piccolo progetto di robotica educativa nell’a.s. 2015-16. Con il contributo economico dei genitori siamo riusciti ad acquistare alcuni kit Lego Mindstorm EV3, il necessario per far lavorare quattro gruppi di bambini alla volta. Avevamo già alcuni pc su cui abbiamo installato, senza troppe difficoltà, il software necessario. Gli insegnanti coinvolti hanno fatto una breve autoformazione utilizzando alcuni testi scritti sia in italiano sia in inglese e hanno preparato, durante l’estate, le lezioni di robotica che sarebbero servite a settembre. Le classi interessate erano in totale sette (tre seconde, due quarte e due quinte). A partire da settembre 2015, il progetto ha preso il via fra l’entusiasmo degli alunni e un po’ di timore da parte nostra. Di volta in volta, secondo orari prestabiliti, metà classe si recava in aula computer con l’insegnante “robotico” mentre l’altra metà restava in classe con la collega per attività di diverso tipo, a seconda dell’età.

Per entrare maggiormente nel merito del percorso, possiamo dire che la lezione-tipo era così strutturata:

  • una fase di brainstorming e di riflessione collettiva sulla natura dei robot che ci circondano e sui loro utilizzi. Questa parte è importante anche per discutere le problematiche relative all’uso massivo che si fa dei robot nella società attuale e su sviluppi possibili del loro impiego in quella che verrà. Spesso le riflessioni collettive sono state innescate da domande-stimolo: “Che cosa vorresti che facesse un robot? Cosa non vorresti mai che facesse un robot?”;
  • una fase in cui avveniva la lettura della “missione”, ovvero l’assegnazione del compito che i vari gruppi dovevano svolgere. Questo lavoro generalmente era presentato sotto forma di scheda;
  • una fase di costruzione del robot di cui si fornivano le istruzioni;
  • una fase in cui avveniva la programmazione attraverso il pc, seguita dalle varie prove con i robot e infine la presentazione del lavoro svolto ai compagni per un totale di due ore di laboratorio.

I ragazzi nel laboratorio erano divisi in quattro gruppi di 3/4 componenti ciascuno. A ognuno era assegnato un compito ben preciso, seguendo le indicazioni dell’apprendimento cooperativo. Avevamo quindi un Cercatore, che cercava i pezzi all’interno della scatola, un Montatore che assemblava i pezzi, un Programmatore che si occupava del software ed eventualmente un Supervisore. Nel kit erano compresi tutta una serie di sensori (infrarossi, di tocco, giroscopio…) che venivano scoperti nelle loro funzionalità pian piano, con il passare delle lezioni.

Nella nostra esperienza il percorso di robotica educativa ha mostrato da subito un enorme potenziale, innanzitutto perché ha entusiasmato i bambini e quindi si è dimostrato un mezzo efficace per sviluppare abilità e conoscenze che altrimenti sarebbe assai più difficile sollecitare: facciamo riferimento, ad esempio, a concetti come il rapporto tra la velocità e lo spazio percorso, oppure la costruzione di diagrammi di flusso.
Inoltre ci siamo ben presto resi conto che davvero la robotica permette di sviluppare quelle competenze trasversali che l’Europa ci chiede da tempo: il problem solving, la capacità di collaborare, di progettare in gruppo, di imparare attraverso l’esperienza (learn by doing).
Anche noi come docenti abbiamo beneficiato molto da questo percorso, lavorando con gli alunni a “compiti complessi”: per esempio, quando chiediamo agli alunni di esporre ai compagni e spiegare il lavoro svolto, abbiamo l’opportunità di valutare al tempo stesso la loro competenza linguistica, organizzativa, collaborativa. Quando chiediamo loro di programmare un determinato robot stiamo chiedendo di esercitare capacità di previsione, di apprendere per prove ed errori, oltre alla capacità di risolvere problemi matematici e geometrici che di volta in volta si presentano.

Quando si valutano le potenzialità educative della robotica si parla quindi correttamente di “metodo delle 4C” ovvero:

  1. Costruire con le mani e con un programma;
  2. Connettere le conoscenze con un qualcosa di reale;
  3. Contemplare ovvero osservare per verificare e se necessario ricostruire;
  4. Continuare, cioè legare le conoscenze pregresse e utilizzarle per apprendimenti successivi.

Un vantaggio non secondario è che con questo tipo di progetto vengono sviluppate le così dette Soft Skills [2], ad esempio la capacità di ascoltare l’altro, coinvolgere chi è più intimorito, rispettare il proprio ruolo e quello altrui. Oggi queste abilità sono più che mai importanti per stimolare una scuola che sappia essere inclusiva, valorizzando tutti e ciascuno.
Lungo la sperimentazione ci siamo accorti che un punto di attenzione, nel progettare le lezioni, è senz’altro trovare il giusto equilibrio fra la sfida e le competenze che gli alunni possiedono, affinché la sfida sia accettabile ma non impossibile né banale, e le competenze da mettere in atto non siano troppo elevate né troppo basilari: in questo la nostra esperienza pedagogica è molto importante, mentre non è rilevante la nostra competenza robotica perché gli alunni risultano spesso più bravi di noi!

Quello che ci ha sorpreso piacevolmente in questo laboratorio è stato il grande coinvolgimento mostrato da quei bambini che solitamente sono in difficoltà nelle materie curricolari e che invece in questo contesto motivante e percepito come “reale” hanno dimostrato notevoli capacità informatiche, di costruzione o organizzative. La robotica ha certamente rafforzato la loro autostima rendendoli orgogliosi del loro operato.
L’esperienza di robotica educativa proseguirà nella nostra scuola coinvolgendo quasi tutte le classi: alcune parteciperanno anche al “Festival della Robotica” organizzata dalla rete Amico Robot di Milano in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano-Bicocca.
Noi insegnanti, nel frattempo, stiamo continuando la nostra formazione frequentando corsi di aggiornamento presso l’università Bicocca e la Scuola di Robotica di Genova.

In conclusione crediamo che la robotica educativa sia un percorso valido che appassiona tutti, propone compiti autentici, in linea con la scuola delle competenze che il ministero ci sollecita ad attuare, e realizza anche per gli adulti quell’obiettivo auspicato nei documenti europei relativi all’educazione che è l’apprendimento permanente.

Note

[1] Coding: per coding si intende il linguaggio della programmazione informatica: ne è esempio l’uso del programma Scratch molto usato nelle scuole per insegnare il linguaggio/codice della programmazione e anche per trasmettere le procedure per la programmazione di robot.

[2] Soft Skills: con il termine soft skills si fa riferimento alle "competenze trasversali", ad esempio alle abilità organizzative personali e le abilità sociali quali l'atteggiamento propositivo, la capacità di coinvolgere gli altri, la leadership, l’efficacia relazionale, le abilità persuasive, l’efficacia comunicativa e altro.

 

Olivia Zanetta insegna da molti anni nell'Istituto Comprensivo Don Milani di Vimercate e nel tempo si è occupata con passione di didattica della lingua inglese, svolgendo corsi all'estero, e di educazione con le tecnologie; tra i suoi ambiti di interesse vi sono la didattica multimediale e i social media. Madre di tre adolescenti, riesce a coltivare anche il suo interesse per la letteratura contemporanea e la botanica ed è allenatrice di minibasket.