Basta sfogliare qualche manuale del quinto anno per rendersi conto che non c'è pieno accordo sulla selezione e sulla rilevanza degli autori del secondo Novecento.
Per questa epoca, infatti, il concetto di "canone" risulta estremamente problematico sia per la prossimità temporale del periodo sia per il suo peculiare carattere storico-culturale. Le Indicazioni nazionali per gli istituti tecnici e professionali non fanno alcun nome, mentre per i licei segnalano un gruppo di quattro "autori significativi" (Gadda, Fenoglio, Calvino, Primo Levi) e un altro, possibile e aperto, a integrazione del primo ("per esempio Pavese, Pasolini, Morante, Meneghello…"). Spetta al docente, quindi, tratteggiare una linea di ricerca funzionale alla realtà scolastica in cui opera, e che tocchi alcuni problemi della contemporaneità, senza peraltro trascurare qualche previsione in vista delle tracce dell'esame di stato.
In questo articolo proponiamo una rosa di quattro prosatori e di otto libri pensata per il secondo periodo della classe quinta di un istituto tecnico. Si tratta di un piccolo canone che intende rispondere alle seguenti istanze didattiche:
- offrire uno scorcio panoramico sulle differenti ricerche stilistiche sperimentate nel periodo;
- presentare l'autore attraverso testi dal forte carattere autobiografico;
- mettere in luce momenti problematici della cultura e della storia italiana del Novecento, verificando con documenti di natura letteraria alcuni temi affrontati nello studio della storia come il fascismo, la resistenza, il boom economico, la società dei consumi, l'urbanizzazione, l'inquinamento, la mafia e la migrazione.
Per quanto riguarda la lista di letture, che ospita due libri per ogni autore, al romanzo si è preferito il testo breve (racconto, novella o articolo), sia perché quest'ultimo permette di elaborare un'analisi testuale su uno scritto compiuto e organico, sia per non sovraccaricare con letture troppo gravose studenti impegnati nel rush finale che precede la maturità. Gli autori proposti sono Leonardo Sciascia, Primo Levi, Italo Calvino e Pier Paolo Pasolini.
La "sicilitudine" negli scritti di Sciascia
A differenza di Levi, Calvino e Pasolini, Leonardo Sciascia non viene espressamente menzionato nelle Indicazioni nazionali, tuttavia lo proponiamo perché, da un lato, prosegue la fondamentale linea siciliana Verga-Pirandello prolungandola fino a Camilleri, un autore contemporaneo molto popolare, dall'altro, è lo scrittore che più ha dissezionato quel fenomeno, sempre di scottante attualità, che è la malavita organizzata, condividendo con Levi, Calvino e Pasolini un atteggiamento razionale e critico verso la realtà politica e sociale.
Sciascia, infatti, accanto alla produzione letteraria, svolse attività giornalistica e politica, in dialogo critico e costruttivo con le strutture e i poteri dello stato, contrapponendo sempre il valore della legalità e della cittadinanza alla criminalità organizzata e all'indifferenza omertosa. Impegno civile dichiarato in modo esplicito sin dall'inizio di quella che poi considerò la sua prima opera, Le parrocchie di Regalpetra, in cui metteva nero su bianco una vera e propria professione di fede: "credo nella ragione umana, e nella libertà e nella giustizia che dalla ragione scaturiscono".
Di Sciascia proponiamo la raccolta di racconti Il mare colore del vino e l'ultimo suo libro, il breve romanzo giallo Una storia semplice, perché indagano, in forma concisa ed esemplare, la "sicilitudine" e i grandi problemi che continuano a tormentare l'isola come la mafia e il fenomeno della migrazione (allora fu soltanto emigrazione di italiani, oggi è anche immigrazione di africani e mediorientali).
La lezione che lo studente può apprendere da Una storia semplice è che la realtà – la Storia - non è mai semplice. Chi la banalizza, infatti, o è un uomo più preoccupato di non perdere la sua poltrona piuttosto che di ricercare la verità oppure è un colluso, un colpevole che la verità intende occultare.
Se l'obiettivo di Sciascia è la verità, la sua arma è l'ironia. Lo scrittore è al contempo dentro e fuori dalla società siciliana: vi è nato, ha nel sangue la sicilianità, ma per rappresentarla con verità deve saperla vedere come per la prima volta, da viaggiatore straniero che la osservi secondo un'ottica diversa e che scriva il suo diario di viaggio sotto l'urgenza dei fatti e delle cose in cui inciampa. È per questo che in tante sue narrazioni, come quelle contenute ne Il mare colore del vino, ad alzare il velo di ipocrisie e reticenze è un personaggio forestiero, un continentale, estraneo alla mentalità rinunciataria e conformistica radicatasi in larghi strati della popolazione isolana.
Assillo per la verità, sguardo straniato e ironia sono elementi di un atteggiamento verso la realtà, tradotti nella scrittura in fatti di stile, che Sciascia eredita dai suoi due grandi predecessori siciliani Verga e Pirandello.
Primo Levi: il ruolo insostituibile del lavoro
Primo Levi è stato tra i testimoni più lucidi, analitici e insieme capaci di trasporre sul piano letterario – traendo forza espressiva dal testamento dei padri della letteratura italiana - l'esperienza di per sé inenarrabile del lager nazista. Ma la sua attività letteraria, pur legata indissolubilmente a questa tragedia, non si risolve in essa perché Levi, di formazione e professione tecnico-scientifica, nella sua cospicua opera si è interrogato più in generale sul rapporto dell'uomo con la tecnica e sul ruolo insostituibile del lavoro come pratica trasformatrice di sé.
E proprio sul valore del lavoro sono incentrate le letture che proponiamo: innanzitutto, alcuni capitoli centrali del suo libro più celebre, Se questo è un uomo, capitoli dedicati proprio al lavoro inumano, bestiale del campo di concentramento e al mestiere di chimico, condotto all'interno di un laboratorio collegato al lager, che gli permise – è lo stesso Levi a dirlo – di sopravvivere alla devastazione fisica e mentale.
Al romanzo di Auschwitz affianchiamo, integrandolo, la raccolta di racconti Il sistema periodico, in cui Levi compone una personalissima tavola dei "periodi" della sua vita, associando ogni fase esistenziale a un particolare elemento chimico, emblema di un tipo di rapporto che l'uomo intesse col mondo naturale e umano. Il libro, oltre a dar conto delle difficoltà e delle soddisfazioni legate alla dimensione professionale, permette di seguire la vita di un italiano ebreo attraverso gli anni terribili del totalitarismo, quelli difficili e poveri del secondo dopoguerra e, infine, quelli successivi caratterizzati da un più diffuso benessere.
Le sperimentazioni narrative di Italo Calvino
Italo Calvino è tra gli scrittori italiani più tradotti nel mondo e, in virtù della sua lingua chiara e precisa, tra i più accessibili per gli stranieri che vogliano conoscere la letteratura italiana in lingua originale (per esempio gli studenti L2).
Il primo Calvino – sia come narratore sia come teorico (quello della prefazione a Il sentiero dei nidi di ragno) - può essere considerato un illustre esempio di narrativa neorealistica del secondo dopoguerra. Ma, a differenza dei piemontesi Fenoglio e Pavese, forse ancor più rappresentativi di quella stagione letteraria, perché in essa hanno portato a compimento ed esaurito la loro attività artistica, lo scrittore ligure nella sua più lunga e prolifica carriera ha trattato situazioni e temi legati alla successiva società dei consumi e ha sperimentato molte altre forme, generi e stili letterari, divenendo uno dei massimi esponenti del Postmoderno italiano. Per questi motivi Calvino è probabilmente l'autore che più di altri può offrire un panorama (anche per contrasto, ovvero tenendo conto delle opzioni respinte dall'autore all'interno del dibattito letterario e politico) sui percorsi elaborati nel secondo Novecento.
Per rappresentare Calvino, quindi, suggeriamo le prime esperienze neorealiste - ma già tendenti al fantastico - dei racconti di Ultimo viene il corvo e le favole moderne e tragicomiche di Marcovaldo.
Il primo libro, scritto negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, è particolarmente interessante da proporre in classe, perché oltre a ripercorrere gli anni di formazione dello scrittore e della giovane Repubblica italiana, offre un primo saggio della ricerca letteraria (tematica, stilistica e narrativa) dell'autore, che contiene già in nuce molte delle sperimentazioni narrative degli anni seguenti.
Il secondo, lungi dall'essere solo un "libro per ragazzi", racconta con leggerezza e ironia la perdita di naturalezza dell'uomo moderno costretto a vivere nelle metropoli tecnologiche e inquinate. Un testo che per i contenuti può essere proposto a studenti particolarmente appassionati di tematiche ambientali e per la forma, breve e semplice, ad alunni che frequentano poco la lettura. (In una classe di lettori forti si può puntare invece sul più geometrico Le città invisibili o sul saggio letterario Lezioni americane).
L'attualità di Pasolini
Infine, è indubitabile il fascino – e il turbamento – che evoca ancora oggi, tra artisti di tutto il mondo ma anche tra i nostri giovani studenti, la figura unica, geniale e complessa di Pier Paolo Pasolini. Sono tanti gli interrogativi che avviluppano la personalità, l'opera, la vita e la morte di questo poliedrico artista. Intellettuale militante, sempre pronto a entrare in dialogo con l'opinione pubblica e, in particolare, con le giovani generazioni, non disdegnò i mezzi di comunicazione di massa quali i giornali, la televisione e il cinema, portando la discussione sempre a un alto livello culturale, mantenendo una compostezza aggraziata anche nel momento del furore politico, senza nascondersi dietro un linguaggio inutilmente complicato e senza i facili spettacolarismi a cui oggi siamo abituati.
Pertanto, visto che abbiamo già proposto sei libri di narrativa, nel caso di Pasolini si è privilegiata la dimensione di intellettuale impegnato, che si è espressa negli ultimi due anni di vita dell'artista attraverso la forma dell'articolo degli Scritti corsari e del breve trattato ad uso dei giovani Gennariello (in Lettere luterane). Questi scritti politici e pedagogici, ancora attualissimi, affrontano questioni storiche e antropologiche come il fascismo e la rivoluzione culturale legata al boom economico, e discutono con profondità e indipendenza di giudizio temi delicati come il divorzio, la sessualità e l'interruzione di gravidanza. Inoltre, dal punto di vista della storia della letteratura, esplicitano le motivazioni profonde che hanno spinto Pasolini a raccontare - nei romanzi più famosi ma anche nei film – le storie dei ragazzi della periferia romana, tipi umani simpatici e allo stesso tempo abnormi, altamente rappresentativi del mutamento antropologico che investiva l'Italia di quegli anni, trasformando irrimediabilmente la tradizionale civiltà contadina in una moderna, conformistica società dei consumi.
Qualche conclusione
Possiamo dire che l'insegnamento comune che Levi, Calvino, Pasolini e Sciascia ci hanno lasciato è - per usare le parole che il poeta di Casarsa indirizzava ai "giovani infelici" - che "la vita consiste prima di tutto nell'imperterrito esercizio della ragione". Questo significa che il compito e il dovere dell'intellettuale - ma anche quello di ogni singolo cittadino - è il rifiuto, la critica e la lotta contro ogni forma di fascismo e di criminalità organizzata, contro la violenza nei confronti di minoranze, e la sensibilità per i temi di cittadinanza e ambiente.
Ma la ragione da sola non basta. Questi grandi scrittori ci hanno fatto capire che oltre all'"ideologia" (intesa come il cosmo di valori che guida l'azione), ci vuole la "passione", il lavoro, l'impegno politico (nel senso originario del termine), ci vuole amore per il mondo che abitiamo e per le cose che in esso facciamo.