I docenti si interrogano oggi, in particolare al triennio, su quale sia una possibile didattica innovativa della letteratura, quali strategie possano favorire nei propri alunni la motivazione e un rapporto personale con testi e autori, spesso avvertiti invece come distanti e senza legami con la realtà attuale. Perché questo disamore degli alunni per tanti autori classici? E quale ruolo ha oggi lo studio di certe pagine, certi autori, rispetto ai percorsi tecnici o professionalizzanti? Oppure ancora, quale impatto hanno le innovazioni dell'Esame di Stato sullo studio della letteratura? Che condividiamo o meno le ipotesi dei provocatori libri di Todorov (La letteratura in pericolo, Garzanti, Milano 2008) e Rondoni (Contro la letteratura. Poeti e scrittori. Una strage quotidiana a scuola, Il Saggiatore, Milano 2010, o anche Contro la letteratura. Un'accusa e una proposta, Bompiani, Milano 2016), dobbiamo comunque concordare sul fatto che la letteratura oggi sollevi alcuni nodi problematici. Proviamo a evidenziarli e, magari, offrire qualche pista di lavoro.
Cosa significa essere competenti in letteratura?
Da più di un decennio ci confrontiamo col concetto di competenza, intesa come «una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto» (Raccomandazione del Parlamento Europeo, 2006), oppure come «la comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale» (EQF, 2008). Tuttavia, tale termine non è ancora penetrato consapevolmente nella pratica didattica, soprattutto in ambito umanistico. Infatti, in che senso possiamo parlare di competenze per la letteratura? Se diamo al termine un'accezione prettamente pragmatica e operativa, o se riduciamo il nostro insegnamento a diffuse pratiche scolastiche (analisi linguistica, retorica, contestualizzazione), scambiamo degli strumenti per le finalità: infatti, l'abilità raggiunta da tanti nostri alunni nell'utilizzare quegli strumenti non coincide con la competenza letteraria. «Essa mette in atto più schemi di percezione, di pensiero, di valutazione e di azione, che sottendono inferenze, anticipazioni, trasposizioni analogiche, generalizzazioni […], la ricerca di informazioni di diversa natura, il formarsi di una decisione, ecc. […]» (P. Perrenoud, Costruire competenze a partire dalla scuola, Anicia, Roma 2010): non si tratta (soltanto?) di introdurre laboratori attualizzanti sulle rime di Petrarca o stabilire nessi tra rap e poesia, perché la competenza letteraria è competenza civica e sociale, radice e fondamento di una testa ben fatta. Nel secondo biennio e nell’ultimo anno delle scuole superiori, il docente è chiamato ad attivarla attraverso il lavoro interpretativo dei testi, vero cuore del fare letteratura in classe. Per questo è necessario intercettare il bisogno degli alunni e compiere una sorta di marcia di avvicinamento per condurli a incontrare, e magari amare, un certo autore: in questa marcia «la problematizzazione [...], la ricerca delle informazioni, il controllo critico delle proprie scelte, la pianificazione dell’azione e l’organizzazione del lavoro, la comunicazione dei risultati» (M. Castoldi, Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Carocci, Roma 2011) possono essere azioni di competenza preziose, perché favoriscono la personalizzazione dello studio, la mossa soggettiva dell'alunno, la sua individuale consapevolezza. Per progettare secondo tale prospettiva è necessario fare un percorso a ritroso, in cui le conoscenze siano il punto di partenza, non d'arrivo, e perciò estremamente valorizzate: perché propongo proprio questo autore e non un altro? Come posso favorire lo sviluppo di quella competenza attraverso un certo contenuto specifico? Sicuramente tale impostazione costringe noi docenti ad abbandonare un uso passivo del libro di testo e a re-interrogarci non solo su metodi e contenuti, ma soprattutto sul senso di quel che proponiamo in aula; infine, ci stimola a rivisitare i contenuti con maggiore creatività e libertà, attraverso una ragionata e personale opera di selezione.
Quale didattica per la letteratura?
La didattica tradizionale, trasmissiva e cattedratica, mostra oggi le sue debolezze; d'altra parte l'irrompere della tecnologia si riduce talora a movimentare solo formalmente la lezione, senza produrre vero apprendimento. Quindi, che fare? Il dato di realtà imprescindibile sono i nostri adolescenti, permeati sì di multimedialità, ma con una grande nostalgia di verità, che li rende inflessibili davanti agli adulti e a proposte che non siano vere e significative. I cambiamenti didattici necessari non sono meramente strumentali, ma riguardano il coinvolgimento personale, qui e ora, dei ragazzi. In generale, sono perciò indispensabili modalità di insegnamento-apprendimento attive, dialogate, aperte al rischio e all'imprevisto, in un lavoro collaborativo di confronto e di ricerca. Nello specifico della letteratura, questo significa aprirsi alla manipolazione testuale, alla destrutturazione, all'indagine e alla co-costruzione di significati, rendendo l'aula un vero laboratorio. Tutto ciò implica anche un ripensamento dei tempi, che ovviamente si dilatano, costringendoci ad abbandonare l'enciclopedismo imperante, nonché a rivedere l'impostazione storicistica tradizionale: contesti, biografie, date, rendono gli autori verosimili agli occhi dei nostri studenti, ma come renderli vivi? È davvero indispensabile far studiare in sequenza il susseguirsi di epoche e di scrittori e indugiare così tanto su periodizzazioni astratte e sui numerosi -ismi? Perché non prenderci del tempo in più per gustare il messaggio di un testo, o magari per farlo dialogare con quello di un'altra epoca? Sulla scia di tali domande, necessariamente dovremo porci un'ultima questione: esiste ancora un canone rigido cui attenerci? Cosa ci salva dal soggettivismo, ma ci permette anche di operare selezioni consapevoli? Esse sono ormai indispensabili, soprattutto nel quinto anno. La letteratura italiana del De Sanctis traeva origine da un neonato sentimento patriottico, che gli intellettuali dovevano insegnare e diffondere nel popolo. Ma oggi, al di là di diffusi rigurgiti nazionalistici, la commistione di lingue e generi, gli intrecci e le contaminazioni, costituiscono le caratteristiche del mondo (non solo letterario) contemporaneo. Ovviamente, a scuola, non possiamo offrire corsi di letteratura comparata, ma possiamo introdurre più confronti diacronici e internazionali, per moduli o generi, che permetterebbero sia di approfondire la specificità della nostra storia letteraria, sia di cogliere un elemento fondante del vissuto dei nostri alunni, cioè la mondialità. Allora, per esempio, perché non decidere di approfondire la letteratura francese del Settecento, invece di affannarsi a presentare autori italiani coevi, ma sicuramente di minore spessore ed interesse?
Educazione letteraria e/o educazione linguistica
La scissione fra lingua e letteratura rispecchia, in fondo, quella fra l'italiano del primo e secondo biennio, e poi del quinto anno: nel primo, gli alunni imparano le strutture essenziali dei testi descrittivi, espositivi, narrativi, espressivi, valutativo-interpretativi, argomentativi, regolativi, nonché le modalità e tecniche relative alla competenza testuale: riassumere, titolare, parafrasare, relazionare, strutturare ipertesti ecc. (Linee guida); nei successivi tre anni, invece, i risultati di apprendimento attesi sono i seguenti: «[gli alunni] consolidano le competenze in esito al primo biennio; [...] una più puntuale attenzione ai linguaggi della scienza e della tecnologia [...]. Nel quinto anno, in particolare, sono sviluppate le competenze comunicative in situazioni professionali [...]» (Ibid., Istituti tecnici). In realtà, dal terzo anno in avanti, la storia della letteratura si sovrappone a tutto il resto, con verifiche sulle biografie degli autori, sul contesto storico, su determinate pagine del manuale o su un testo letto; quindi, le scritture richieste hanno confini ben definiti e spesso pretendono soltanto una sistemazione organica di argomenti di studio. Anche l'esercizio nella comunicazione orale è ridotto, poiché le interrogazioni vertono su argomenti letterari o questioni specifiche, chiedono un lessico settoriale e un periodare sostanzialmente espositivo. Quindi, come fare?
Innanzitutto, rileviamo un vizio di fondo. Si pensa che l'educazione linguistica e la comunicazione orale siano di esclusiva pertinenza del docente di italiano. In realtà, ogni disciplina e ogni docente contribuiscono allo sviluppo della capacità comunicativa dei nostri alunni e dovremmo finalmente tutti averne consapevolezza. In secondo luogo, nello specifico dell’ambito letterario, è necessario potenziare la dimensione argomentativa, non soltanto come laboratorio di debate o scritture dedicate, ma anche come struttura didattica tout court: in tal modo, la lezione di letteratura educherebbe realmente alla complessità del pensiero e l'esercizio comunicativo orale sarebbe quotidiano e sostanziale. Ma c'è un terzo aspetto interessante. Introdurre i nostri alunni nel mondo letterario implica un vero scarto rispetto al loro vissuto linguistico, non solo per l'ampiezza lessicale, ma per la temporalità di quel lessico, che valica i secoli e permane immutabile, mentre la loro scrittura ha la fugacità e la sintesi dell'attimo. Nonostante il loro vocabolario sia spesso limitato, su schermi e display, i nostri ragazzi registrano tantissime parole, spesso però senza esprimere sinceramente la propria interiorità. Il testo letterario, invece, vive del valore unico ed eterno della parola, scelta con cura, amata, donata. Non si tratta di opporre le pagine cartacee ai supporti elettronici o all'e-book, ma di offrire esperienze linguistiche significative: utilizzare testi di più autori per creare, per esempio, laboratori lessicali, tematici o semantici, in cui la parola sia masticata e rielaborata.
Letteratura ed Esame di Stato
Nel documento di lavoro stilato dalla commissione di linguisti (gruppo di lavoro nominato con DM n. 499/2017), incaricati di preparare le Linee guida della nuova prova scritta, troviamo due termini centrali: comprensione e argomentazione. La prima è intesa in senso ampio, come capacità di interagire con un testo letterario inserendolo nel proprio orizzonte formativo ed esistenziale; la seconda è intesa, soprattutto, come capacità di formulare ipotesi interpretative utilizzando tutte le conoscenze acquisite nel percorso sia scolastico sia personale. Oltre a comprendere e argomentare, il candidato deve anche saper collocare il testo in un panorama discorsivo più ampio, attraverso il confronto con altri testi e autori. Tutto questo è vera competenza letteraria, a cui è necessario preparare gli alunni durante gli ultimi tre anni, con meno analisi astratte, formali e retoriche, ma più letture di diverse tipologie testuali, più moduli di scrittura diversificata, più argomentazione e lavoro interpretativo. Possiamo quindi dire che le nuove indicazioni favoriscano un potenziamento dell'educazione letteraria, considerando anche il fatto che le tracce della tipologia A sono diventate due e spaziano dalla letteratura postunitaria al mondo contemporaneo. Tuttavia, questo ampliamento della gamma dei contenuti approfondisce il nodo critico dello studio del lungo Novecento nell'ultimo anno e, quindi, rende ancora più impellente la necessità di ripensare la nostra didattica.
Inoltre, alla richiesta di flessibilità del pensiero, di capacità nello stabilire legami e confronti, di coniugare vissuto scolastico ed esperienza personale, si volge anche il nuovo modello di orale. Infatti, al di là delle problematiche sorte in merito alla conduzione del colloquio, è interessante la richiesta di una trattazione argomentativa, critica e personale dei nodi concettuali proposti dalla commissione in un'ottica interdisciplinare. Questo conferma la necessità di attuare una didattica che superi un’impostazione esclusivamente contenutistica, per riscoprire i nuclei concettuali fondanti di ogni disciplina, che contribuiscono a educare alla complessità del pensiero; in tale orizzonte, l'educazione linguistica, soprattutto argomentativa, deve tornare a essere centrale e diventare obiettivo di apprendimento per i docenti di qualsiasi ambito.
Tante e importanti sono dunque le questioni in ballo, ma non credo proprio si debba parlare di crisi della letteratura. C'è forse una crisi di scopi e di significati, in noi. Per questo credo che i nodi sopra esposti possano essere una grande occasione. L'occasione di riscoprire quella specifica e irriducibile vocazione della letteratura: portare il fuoco. Ripartiamo da qui.