Il bellissimo albo illustrato Un nuovo orizzonte (in originale A tea cup, di Rebecca Young e Matt Ottley, Terre di mezzo editore) racconta la storia di un ragazzo costretto a lasciare la propria casa e a cercarne una nuova. Sale così su una barca con uno zaino, un libro, una bottiglia e una coperta; attraversa giorni di sole e tempeste, con la memoria salda su quello che lascia e con il cuore lanciato verso il futuro. Un albo che parla della crescita, dell’attesa, del desiderio di conoscere nuovi luoghi, della paura dell’ignoto e della nostalgia del passato.
Tutti noi insegnanti ci sentiamo così all’inizio dell’anno, a maggior ragione se ci troviamo di fronte a classi nuove e a un nuovo ciclo. Da dove partire? Io ho, da tempo, deciso di mettere la lettura e la scrittura al centro della mia didattica, avendo in mente questa sorta di climax: leggere, comprendere, raccontare, crescere. I traguardi di competenza sono sempre di più la mia bussola:
● Interagisce in modo efficace in diverse situazioni comunicative, attraverso modalità dialogiche sempre rispettose delle idee degli altri;
● Legge testi letterari di vario tipo (narrativi, poetici, teatrali) e comincia a costruirne un’interpretazione collaborando con compagni e insegnanti;
● Scrive correttamente testi di tipo diverso (narrativo, descrittivo, espositivo, regolativo, argomentativo) adeguati a situazione, argomento, scopo, destinatario;
● Comprende e usa in modo appropriato le parole del vocabolario di base.
(Indicazioni Nazionali per il curricolo della Scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, 2012)
Ma per arrivare a questa consapevolezza sono stati necessari molto tempo e un cambio di prospettiva. Ho sempre letto tantissimo, ma nella mia formazione come insegnante ci sono stati tre grandi assenti: la pedagogia, la didattica delle discipline e la riflessione sul mio agire in classe. L’esperienza, la passione e gli incontri fatti in questi anni mi hanno dato una mano: mi sono resa conto che avrei dovuto cambiare punto di vista e strutturare la mia programmazione partendo dal modo in cui i miei studenti apprendono. Gli aspetti essenziali che caratterizzano l’adolescenza emergono da cambiamenti naturali e del tutto normali che si verificano a livello cerebrale: è un’età caratterizzata da ricerca di novità, esplorazione creativa, maggior intensità delle emozioni, maggior coinvolgimento sociale (Daniel J. Siegel, La mente adolescente, Raffaello Cortina Editore). La sfida è accogliere queste caratteristiche e usarle come risorse, non come limite, in un ordine di scuola in cui l’entusiasmo e l’apprendimento per la scoperta, tipici della scuola primaria, cominciano a venir meno. A questa età inizia a farsi spazio il pensiero astratto, il desiderio di confronto con i pari, la necessità di avere un adulto autorevole con cui scontrarsi. La scuola media non è una scuola superiore semplificata, ma proprio qualcosa di diverso, chiaramente delineato dalle Indicazioni nazionali. Per questo credo che i docenti di italiano della scuola secondaria debbano avere il coraggio di tornare indietro, anzi, meglio, di andare avanti, e mettere la lettura e la scrittura al centro della loro azione di docenti. Così, il primo pregiudizio che ho scelto di far cadere (ed è stata una liberazione) è stato il pensare di essere un insegnante di serie B se avessi letto in classe libri per ragazzi, se fossi partita dagli apprendimenti di base, se avessi insegnato loro a scomporre e ricomporre un testo, prendendoci tutto il tempo necessario. La mia idea del docente perfetto era, allora, quella dell’esperto che lascia tutti a bocca aperta spiegando letteratura.
Come educare alla lettura?
Non esiste un imperativo biologico che ci spinga a leggere: se non mangiamo moriamo, se non beviamo, o dormiamo idem. Se non leggiamo stiamo bene ugualmente, al punto che l’acquisizione di massa della lettura si è realizzata in tempi recenti, solo 100 anni fa metà degli italiani non sapeva né leggere né scrivere (Genovesi, Storia della scuola in Italia dal Settecento a oggi, Laterza; Marcello Dei, La scuola in Italia, Il Mulino). Dobbiamo sempre tenerlo a mente: lettura e scrittura sono sovrastrutture create dall’uomo e si devono apprendere, attraverso la routine, la fatica e il piacere, ascoltando letture ad alta voce, potendo disporre di un gran numero di testi e conversando su quanto letto e scritto. A queste attività dedico un tempo costante e una didattica che, sul modello della bottega, permette agli studenti di provare, di sporcarsi le mani, di fare, rifare e disfare.
Dal Writing and Reading Workshop: Il laboratorio di lettura
In linea con i principi del Reading and Writing workshop, tre sono le azioni su cui verte il laboratorio di lettura nella mia classe: la lettura ad alta voce, la lettura individuale e l’immersione. Il mio mantra è: “Riportiamo i libri ai ragazzi, riportiamo i ragazzi nei libri”.
Ogni anno scelgo due/tre romanzi da leggere alla mia classe ad alta voce: devono essere romanzi brevi, ben scritti, che li coinvolgano: non sono prioritari il tema o l’insegnamento che si può ricavare. Anzi: io cerco libri che raccontino, che narrino, che abbiano il coraggio di raccontare la complessità, come i libri di Murail, Richter, Pitzorno, Krujer, Dahl, Saroyan. Leggo circa un quarto d’ora al giorno, poi in alcuni punti mi fermo e suggerisco loro strategie sia per comprendere come è fatto il testo, sia per indagare cosa il testo suggerisce loro. La prima strategia è sempre la discussione in classe, il cuore della nostra comunità ermeneutica.
Il racconto e l’ascolto di storie sono necessari per permetterci di diventare lettori di letteratura: oltre ai romanzi utilizzo moltissimo gli albi illustrati, in cui immagini e parole dialogano, e che permettono interpretazioni più aperte.
Leggere ad alta voce è fondamentale per aiutare i ragazzi a diventare lettori: la lettura dell’insegnante li avvicina a una prima interpretazione del testo, li abitua all’ascolto, li aiuta a comprendere più facilmente come è fatto un testo, a familiarizzare con le parole.
Altro momento importante è la lettura individuale: i ragazzi scelgono dalla biblioteca di classe tra romanzi, riviste, graphic novel, fumetti, racconti, classici per ragazzi e leggono nei momenti di lettura individuale in classe (e poi a casa). Per scegliere i libri, gli studenti ricorrono alle mie consulenze di educatore alla lettura: mi siedo di fianco a loro e parliamo di libri, di cosa piace loro, di cosa li ha colpiti, di autori e personaggi, oppure ascoltano le presentazioni dei libri fatti da me o dai compagni. La scoperta e la condivisione di un libro da parte di un compagno diventa presto patrimonio di tutti. Abbiamo una bacheca in cui è possibile scrivere qualunque cosa, purché l’intenzione sia di suggerire un libro: copertine, post-it con consigli, brani, poesie sul libro, immagini simbolo… Non chiedo loro di realizzare schede libro, ma insegno a presentarli alla classe avendo ben chiaro a chi si rivolgono, che obiettivo vogliono raggiungere e con quali strategie (ad esempio l’attenzione per l’incipit e un finale in crescendo o la prossemica e il tono della voce). Durante l’immersione, invece, leggiamo racconti legati a un genere letterario: cerchiamo quindi di individuare le caratteristiche del genere, di soffermarci sulle tecniche narrative e su come il nostro autore costruisce il testo. La raccolta dei dati della nostra ricerca diventa poi lo schema da considerare per scrivere rispettando le caratteristiche del genere affrontato.
Ma la comprensione che fine fa?
Quello che so per certo è che voglio che i miei studenti diventino lettori e imparino a parlare e scrivere di libri in modo competente: per far questo lo strumento principale è la discussione in classe o in piccolo gruppo. Le domande devono aprire a varie interpretazioni e permettere la discussione: per esempio non chiedo mai “Chi è il protagonista della storia”, ma “Da cosa capisci che c’è un protagonista? Perché?”. Far precedere ogni domanda da “Come sai che” li aiuta a cercare risposte, a guardare con maggiore attenzione nel testo. Si tratta di chiedere per indagare, per scoprire insieme, non per interrogare: chiedere “Cosa si dice di questo personaggio?” è molto diverso da “Perché Simone è arrabbiato?” Costruiamo insieme la conoscenza, prendendoci tutto il tempo necessario. Insegnare è imparare a fare domande agli studenti, domande che servano a metterli in ricerca: parlare insieme agli altri porta spesso a un’interpretazione più complessa, che risiede nella consapevolezza di voler trovare insieme ad altre persone la soluzione a un problema che consideriamo troppo difficile e complesso per risolverlo autonomamente (Aidan Chambers, Il lettore infinito, Equilibri editore, p.126).
Dopo una prima discussione ci focalizziamo su diversi aspetti del testo, anche a seconda della maturazione dei ragazzi come lettori, ma sempre considerando un elemento per volta.
Tre anni, tre livelli di comprensione
Al primo livello c’è la capacità di raccontare la storia per come si è sviluppata. L’obiettivo che perseguo per tutta la prima media sono il riassunto e la parafrasi, attraverso varie strategie: la visualizzazione, lo storyboard, la nominalizzazione, l’analisi dei connettivi, l’identificazione degli elementi necessari e di quelli accessori in un testo, lo schema delle 5 W (quando si sviluppa la storia, dove, in che modo, chi compie le azioni e perché) o la tabella prima/in seguito/infine.
Dopo la comprensione c’è un secondo livello, l’analisi dei personaggi, dell’ambiente, del tempo, del narratore: ci sono varie tecniche ermeneutiche che propongo ai ragazzi (per esempio lo schema occhi/mano/cuore: ciò che il personaggio vede, sente, pensa) a cui seguono sempre la discussione e la presentazione alla classe, in modo che le scoperte di un gruppo diventino patrimonio di tutti.
Il mio compito come facilitatore è poi quello di fare sintesi e riformulare le conclusioni cui siamo giunti.
All’analisi dei singoli aspetti segue la capacità di trovare connessioni con altri testi, con la loro vita: “A cosa ti fa pensare questo testo?”, “Ha punti di contatto con altri testi che hai incontrato?”, “Ti sei mai trovato a vivere la stessa esperienza del protagonista?”.
L’ultimo livello, quello più complesso, è la comprensione piena del testo e la capacità a questo punto di interpretare, commentare e spiegare, insomma “unire i puntini” del lavoro svolto fin qui. I ragazzi arrivano a questo livello di competenza dopo tre anni di lavoro sui testi e, ovviamente, non tutti allo stesso modo: è il momento della lettera-recensione e del commento letterario. Come vedete, il lavoro sul testo passa da un racconto informale (la discussione in classe) a un racconto formale (il commento scritto o orale). La grande attenzione data alla costruzione di tale abilità richiede tempi più lunghi: nella mia didattica della lettura non trovano spazio le domande a crocette, la comprensione totale e onnicomprensiva sul testo, il ripetere pedissequamente quello che il docente ha spiegato.
Dalla lettura alla scrittura
Scrittura e lettura sono intimamente connesse: siamo abituati a pensare che leggere aiuti a scrivere, in realtà anche la dimestichezza con la scrittura, con la forma e con le tecniche narrative ci può aiutare a comprendere meglio un testo. Dedico almeno due ore alla settimana alla scrittura: i ragazzi scrivono in classe e progettano il loro testo all’interno del genere che stiamo affrontando. Prima cercano gli argomenti, pianificano il testo, poi iniziano a stendere le bozze, cui seguono la revisione, l’editing e la pubblicazione. Al momento della consegna per la correzione, mi presentano anche un altro testo in cui raccontano il loro processo creativo e quelli che ritengono i punti di forza e debolezza del loro progetto di scrittura. Si autovalutano, insomma, e proprio questo tipo di testo su traccia mi permette di capire a quale livello di consapevolezza siano giunti.
Mentre i ragazzi scrivono, io giro tra i banchi e fornisco loro consulenza: a volte si tratta di stimolarli a scrivere, incoraggiarli, altre invece ragioniamo sul testo, su come migliorarlo, sui passaggi che meno li convincono. Le consulenze avvengono anche tra pari e forse queste sono le più efficaci: chiedono parere sulla scorrevolezza del testo, su come dare il titolo, sull’efficacia dell’incipit e del finale ecc.
Per progettare il loro pezzo i ragazzi devono avere ben chiaro a chi si rivolgono, cosa vogliono comunicare e con quali tecniche espressive farlo: buona parte delle tecniche di scrittura che affronto con loro sono applicazione di quanto osservato nei testi scritti al momento dell’immersione.
La revisione è il momento chiave: non si tratta solo di correggere ma di valutare che il pezzo rispetti le caratteristiche del genere e sia scritto in modo corretto, coerente e coeso. Ho da tempo inserito in questa fase delle piccole lezioni di grammatica, che possano immediatamente applicare al testo: ad esempio l’h al posto giusto, l’uso del pronome relativo, mantenere il tempo verbale, usare bene “gli”…
Verso un’evoluzione della didattica
Le Indicazioni sull’esame conclusivo della scuola secondaria di primo grado hanno costituito un bel banco di prova per i docenti di italiano, non solo per la stesura delle prove, ma anche per la progettazione del curricolo di scrittura: sono state infatti uno stimolo a dare più spazio alla scrittura e alla comprensione nella nostra didattica. Grazie alle indicazioni sull’esame conclusivo della scuola secondaria di primo grado, le tracce sono diventate una sorta di motore di innovazione della didattica, l’occasione per parlare di come insegnare a leggere e insegnare a scrivere.
Per quest’anno ho già elaborato a grandi linee la mia programmazione di prima e la trovate in Piano di lavoro classe I: si illustra sinteticamente un percorso che parte dall’accoglienza e progettazione del laboratorio e si snoda attraverso i moduli di lettura e scrittura e quelli soltanto di lettura. La fiaba, la leggenda e il fantasy verranno affrontati solo attraverso la lettura dei testi e le strategie di comprensione, mentre il laboratorio di scrittura verrà applicato per percorsi autobiografici, proprio perché: «i ragazzi sono troppo egocentrici per produrre buona narrativa. Sono capaci invece di produrre buone poesie, la maggior parte delle quali sono immagini di sé. Ma solo raramente producono opere d’arte più complesse. In realtà il processo di scrittura nei ragazzi è illuminante: prima le poesie, poi il racconto, infine il romanzo. E vengono scritti in modo radicalmente decrescente» (Avi, Il bambino nella letteratura per bambini, Milano 1997). Programmare è fondamentale nel nostro lavoro, anche se so per certo che molte cose potrebbero cambiare dopo aver conosciuto i ragazzi, perché non può esistere programmazione senza analisi dei bisogni concreti di quella classe. Ho sperimentato che mettere i ragazzi, la lettura e la scrittura al centro è faticoso, perché impone di costruire, progettare, definire, osservare, cercare. Ma proprio qui sta il bello: nel tornare ad essere protagonista della mia azione didattica, ricercatrice e sperimentatrice. Perché prima dei ragazzi, a leggere tanti libri e a scrivere sono proprio io.