La riscoperta delle artiste
Qual è il motivo per cui, sfogliando un testo di storia dell’arte, il punto di vista più comune è quello di raccontare le opere e la vita di autori di genere maschile? La storia dell’arte è davvero fatta di soli uomini, o nel corso del tempo è stata attuata una sorta di selezione che ha indirizzato il modo di pensare l’arte e confinato tutto l’universo femminile in un ruolo più marginale di muse e modelle?
Partendo da questo spunto, si svolge un filo d’Arianna che ci porta in un mondo completamente diverso: una “scoperta” che dovrebbe al più presto aggiornare i testi e riformulare il concetto stesso di storia dell’arte. Diverse mostre1 a Roma e Milano, ad esempio, stanno facendo emergere figure di artiste il cui nome è stato dimenticato ma che hanno arricchito il nostro patrimonio visuale e hanno avuto un ruolo fondamentale nella storia dell’emancipazione femminile. Sarà interessante capire il contributo che ognuna di queste artiste ha dato alla storia dell’arte quando saranno realizzati studi più approfonditi: potrebbero essere svelati pregiudizi, antichi e più recenti, che spesso ci fanno vedere il mondo secondo un unico punto di vista, togliendo spazio all’immaginazione delle infinite possibilità di realizzazione personale che ogni ragazzo e ragazza ha in sé.
Si tratta di restituire alla nostra cultura e al mondo artistico una parte della propria storia - che poi è storia dell’umanità - per troppo tempo nascosta o ignorata perché ritenuta poco importante.
Che cosa abbiamo smarrito lungo la strada? Storie di donne ma anche di uomini che le hanno sostenute ed incoraggiate: è molto più frequente che la storia ci racconti di donne che hanno affiancato ed appoggiato uomini artisti, come se questo fosse un fatto naturale.
Modificare il punto di vista significa guardare alla storia dell’arte in modo maggiormente organico e, nel contesto scolastico, prendere spunto da queste esperienze femminili per proporre attività didattiche a partire dall’opera delle artiste, accogliendo allo stesso tempo le proposte dell’Agenda 2030 dell’Onu, con particolare riferimento agli Obiettivi 4 e 5: fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti; raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze.
Artiste tra antichità e Medioevo
Attraverso le fonti attualmente disponibili per l’arte greca e romana antica2, rintracciamo innanzitutto Tamiri, o Timarete, pittrice ateniese, probabilmente vissuta nel V secolo a.C. Timarete viene citata da Plinio il Vecchio in Historie mundi, come colei che ha disprezzato i doveri femminili per praticare l’arte del padre, il pittore Micone. Non abbiamo altre notizie biografiche, tuttavia sappiamo che dipingeva con la cera e la tempera e creava ritratti e nature morte su pannelli di legno. Era particolarmente nota per un pannello che raffigurava la dea Artemide, conservato ad Efeso, città dedita al culto di questa divinità. La stele di marmo della tomba di Timarete è conservata al British Museum.
Nell’immagine di copertina, Timarete viene ritratta mentre dipinge nel libro De mulieribus claris (Delle donne celebri) di Giovanni Boccaccio, opera del 1361-62.
I codici miniati sono documenti utilissimi per identificare e focalizzare l’attenzione su artiste altrimenti dimenticate e di cui si sarebbero perse le tracce. Esse ricompaiono grazie all’opera di alcuni miniatori e miniatrici che hanno deciso di tramandarne la memoria su quelle pagine decorate mirabilmente3. Si, miniatrici, perché - curioso immaginarlo - nei secoli XI e XII diverse donne per seguire il loro talento preferivano andare in convento piuttosto che sposarsi e dedicare la vita alla famiglia. In alcuni casi è lì, in monastero, che hanno scoperto la loro vocazione artistica.
Ed ecco comparire l’autoritratto firmato di Guda, monaca tedesca vissuta nel XII secolo, e l’opera di Herrad von Landsberg, badessa dell’abbazia di Hohenburg in Alsazia, nata nel 1130 circa. Il suo libro Hortus Deliciarum è una vera e propria enciclopedia, scritta principalmente in latino ed illustrata. Il manoscritto originale era composto da 648 pagine su 324 fogli di pergamena. Decorato da 336 illustrazioni simboliche di angeli, profeti e apostoli che alludono ad argomenti legati a teologia, filosofia, letteratura e storia ma anche di esperienze della stessa Herrad, incluso il suo ritratto e quello delle consorelle. Non si tratta di un caso isolato, solo tra i più noti. Ce lo conferma un nuovo approccio all’archeologia4 che ha scoperto ad esempio che nell’antico monastero tedesco femminile di Dalheim le monache erano anche miniaturiste5.
Herrad von Landsberg, donna colta e in una posizione di potere, ha dedicato la sua vita a far prosperare l’abbazia e a promuovere e rinnovare la vita spirituale e intellettuale del suo tempo. In un secolo in cui le classi sociali più elevate prevedevano una forma di istruzione anche per le figlie femmine e l’educazione era affidata alle religiose, badesse come von Landsberg hanno permesso la formazione delle giovani donne della nobiltà. In questo modo si sono diffuse anche le abilità artistiche espresse in manufatti, tessuti ornamentali, stole, stendardi e arazzi che hanno creato i presupposti per la pittura rinascimentale al femminile.
Il Rinascimento riguarda anche le donne
Un altro punto di vista è possibile anche in tema di Rinascimento e Barocco. Abbiamo imparato ad apprezzare l’abilità, l’autonomia e l’intraprendenza di Artemisia Gentileschi, ad oggi ormai riconosciuta, raccontata ed apprezzata artista. Tuttavia, qualche anno prima di lei, in ambiente bolognese, si affermava Lavinia Fontana. Nata nel 1552 e figlia di pittore, come Artemisia. Entrambe impararono il mestiere dal padre, così come Timarete del resto, altrimenti sarebbe stato complicato, anzi impossibile, per una donna svolgere il mestiere artistico. L’ambiente culturale ricco e aperto consentì alla Fontana di apprendere non solo la tecnica ma di educarsi e di formarsi delle opinioni. Un’originalità di pensiero e capacità di esecuzione tecnica eccellente che il padre seppe riconoscere e proteggere, affiancandole un marito che le fece praticamente da agente presso la nobiltà prima e il papa poi, per cui venne addirittura definita “la Pontificia Pittrice”. Lavinia Fontana era ben inserita nel suo mondo, madre di undici figli, aprì una bottega a Bologna e divenne membro dell’Accademia di San Luca. Riuscì ad essere imprenditrice di se stessa in un mondo che apparentemente non lasciava spazio alle donne e alla loro realizzazione al di fuori della vita matrimoniale. Tra i suoi dipinti, temi mitologici come Marte e Venere e Minerva nell’atto di vestirsi, in cui superò, prima donna, il divieto di dipingere nudi. Abilissima ritrattista, capace di rappresentare materiali e tessuti con grande verosimiglianza, spesso rappresentò bambini, cani e gatti arricchendo di quotidianità e sensibilità l’elegante rappresentazione della nobiltà committente del Seicento6.
Ottocento e Novecento, i secoli del riconoscimento
La quotidianità e la vita domestica, insieme alla natura e al paesaggio, sono tra i temi più trattati da Berthe Morisot (1841-1895). Insieme alle sorelle, fin da bambina, frequentò lezioni di disegno e pittura. Il suo talento, riconosciuto come quello di un’artista professionista già in età giovanile, fu segnalato ai genitori, che la supportarono7. Berthe frequentò i salotti di Parigi, dal 1864 espose al Salon, allora la più grande manifestazione artistica di Francia, e nel 1868 conobbe Manet entrando quindi nel circolo della pittura impressionista e partecipando nel 1874 alla prima mostra del gruppo all’Atelier Nadar. Anche Berthe dovette superare pregiudizi e diffidenze, a volte dagli stessi suoi colleghi. Ci fu chi l’appoggiò e chi la denigrò, e lei stessa a volte perse fiducia nelle proprie capacità. Rimane innegabile però che anche Morisot è stata a pieno titolo pittrice impressionista, capace di cogliere quell’impressione della luce sulla retina che tanta innovazione ha portato nel mondo dell’arte di fine secolo. Le sue opere richiamano argomenti privati, soggetti familiari e intimi, come La culla, del 1872, in cui la rapida pennellata e le luminose giustapposizioni cromatiche descrivono con estrema freschezza l’intensità dello sguardo della madre che volge tutta la sua attenzione alla piccola nella culla.
La strada aperta nei secoli precedenti e ampliata dai cambiamenti del XX secolo consentì a molte donne di affermare la loro identità, anche come artiste. Niki de Saint Phalle, nata nel 1930, scoprì le sue qualità di creatrice solo dopo un pesante ricovero in una clinica psichiatrica, tanto che lei stessa disse «sul lungo termine, il mio crollo psicologico fu un bene, poiché lasciai quella clinica come artista». La violenza distruttiva che contraddistingue le prime opere in cui spara a tele e maschere di gesso, verso la fine degli anni cinquanta, diventò poi nascita di figure polimorfe e femminili, le Nanas, colorate, gioiose e dalle forme generose, dee primigenie che a volte si muovono con meccanismi nascosti ideati dal suo secondo marito, anche lui artista e primo collaboratore.
Usando cartapesta, ceramica, vetri e specchi, poliestere e cemento, de Saint Phalle seppe creare mondi magici che si realizzarono completamente nel visionario Giardino dei tarocchi di Pescia Fiorentina (Grosseto), in Toscana. Le ventidue sculture di grandi dimensioni si collocano nel giardino in un reciproco e suggestivo dialogo tra arte, architettura e natura.
NOTE
1. Women in comics; Le signore dell’arte. Storie di donne tra ‘500 e ‘600; Prima, Donna. Margaret Bourke White
2. Don Vincenzo Requeno, Saggi sul ristabilimento dell'antica arte de' greci e romani pittori, tomo 1, capitolo VIII, Parma, ed. Stamperia reale, 1787, p. 36.
3. Donne che dipingono nelle miniature medievali
4. Che cos’ è la gender archaeology?
5. Non solo monaci, tra gli amanuensi anche le donne
6. Scopri Lavinia Fontana, donna e pittrice alla corte dei papi
7. Sue Roe, Impressionisti. Biografia di un gruppo, Laterza 2016