Se un insegnante di Lettere dovesse indicare la spina nel fianco più dolorosa del suo lavoro, molto probabilmente la sua scelta ricadrebbe sulla grammatica.
Un disagio comune e diffuso
È infatti esperienza comune che alla fatica richiesta (tanto a chi insegna quanto a chi apprende) non corrispondono risultati adeguati, e poche cose come la grammatica, o almeno un certo modo – diffuso – di proporla, generano negli alunni noia e rifiuto verso qualcosa che invece potrebbe essere di grande stimolo e utilità se presentato come una risorsa per esercitare curiosità, intuizione, capacità di osservare i fenomeni e interpretarli.
Da che cosa nasce questo stato di cose? Fondamentalmente, dal fatto che nei diversi cicli dell’istruzione si tende a riproporre lo studio della lingua sempre nello stesso modo, negando alla grammatica molte delle sue potenzialità migliori e riducendola a una serie di regole (spesso prive di fondamento scientifico: “superstizioni grammaticali” le chiamava Adriano Colombo, riferimento fondamentale per le questioni legate all’insegnamento della grammatica, recentemente scomparso) da imparare supinamente e da mettere in pratica in esercizi spesso banali e poco o per nulla motivanti. Inoltre, a tanti sforzi non si accompagnano risultati adeguati in termini di padronanza della lingua sul piano ortografico, morfosintattico e lessicale, né miglioramento dell’espressione scritta e orale: da ciò la comprensibile frustrazione che accomuna alunni e insegnanti.
Grammatica e lingua
La conoscenza della “grammatica”, cioè il sistema della lingua e il suo funzionamento, dovrebbe portare a conoscerne meglio i meccanismi e a riflettere sui fenomeni. Nella pratica però la grammatica si riduce spesso a un insieme di regole da imparare senza che se ne capisca bene lo scopo, posto che la conoscenza teorica – o la sua applicazione in esercizi “addomesticati” per saggiare le singole parti del discorso o aspetti puntuali come la punteggiatura, il lessico, i vari tipi di complemento o proposizione – risulta il più delle volte fine a sé stessa e non viene finalizzata a capire davvero come funziona la lingua, cosa che invece risulterebbe molto più appassionante.
Che fare?
Bisognerebbe innanzitutto distinguere l’approccio più adeguato allo studio della lingua in relazione all’età degli alunni. Notoriamente, ci sono conoscenze che se non vengono acquisite molto presto sono poi difficili da recuperare: il caso classico è l’ortografia, alla quale ampio spazio sarebbe da dedicare nella fase iniziale, quando quello che serve ai bambini è avere regole chiare da apprendere e seguire rigorosamente senza necessariamente avere un approccio critico. Ovviamente, anche l’ortografia può essere presentata spiegandone la ratio in maniera tale da aiutare a capire il perché di certi fenomeni (per esempio, il “qual” senza apostrofo o il “po’” con l’apostrofo, oppure le particolarità nella formazione di certi plurali): ma questo aspetto risulta più proficuo in un secondo tempo, quando l’età ha dotato i ragazzi di strumenti cognitivi più avanzati (la scuola media o il primo biennio della scuola superiore).
Gli aspetti della grammatica più funzionali per riflettere sulla lingua e allenare al ragionamento, che sono soprattutto quelli legati all’analisi logica e del periodo, possono affiancare un più generale lavoro sull’ordine mentale, il rigore nell’esaminare e comprendere i rapporti logici, la capacità di mettere in ordine di importanza i cui benefici si ripercuotono su tutte le discipline di studio. Tra l’altro, l’attenzione alla struttura della frase e alla gerarchia dell’informazione che emerge chiaramente quando si distingue tra proposizione reggente e subordinata risulta di grande aiuto agli alunni nel comprendere i testi e nel decodificare le consegne e le indicazioni di lavoro: non è affatto raro sentire un insegnante di matematica constatare che un ragazzo ha fatto male un compito perché non ha capito la richiesta. Una particolare attenzione a questa valenza formativa della grammatica, per il suo contributo allo sviluppo di ragionamento e metodo, andrebbe riservata tra scuola media e primo biennio della scuola secondaria di secondo grado, quando i ragazzi devono dotarsi soprattutto degli strumenti con cui avvicinarsi consapevolmente ai contenuti complessi dell’ultimo triennio.
Le attività da proporre
Quanto alle attività da proporre, dovrebbero essere quanto più possibile mirate alla produzione (scritta e orale) e non solo alla semplice verifica di conoscenze minute e parcellizzate attraverso esercizi di fine capitolo. L’esercizio efficace è quello che lavora su segmenti ampi, che richiede riflessione e rielaborazione oppure produzione autonoma, che nello stesso momento chiama in causa conoscenze di lingua riferibili ad ambiti diversi.
Un altro modo per rendere più comprensibile il senso e l’utilità di studiare i meccanismi con cui funziona la lingua è uscire dalla prospettiva di una “ora di grammatica”, per spostarsi verso l’idea di alcune questioni centrali da affrontare sui tempi lunghi (meglio ancora se in prospettiva pluridisciplinare).
Da un certo momento in avanti, inoltre, lo studio della grammatica dovrebbe essere riflessione sulla lingua e strumento ulteriore per affinare le competenze di comprensione e analisi dei testi: per esempio, che la parte centrale di Non chiederci la parola di Eugenio Montale, quella che inizia con “Ah l'uomo che se ne va sicuro”, sia priva di una proposizione principale mette ulteriormente in rilievo il vacillare delle certezze su cui tutta la poesia insiste.
È evidente che questo vale per tutto il percorso di studi, ma in particolare nel triennio conclusivo può essere prezioso per meglio comprendere anche i fenomeni legati allo stile degli autori e quelli determinati dalla “lingua in movimento” che specie negli autori più recenti (e prima o poi si spera che arriveremo a uno studio ampio anche del secondo Novecento) può scardinare parecchie certezze acquisite attraverso lo studio normativo della lingua. In questo caso, la grammatica cede il posto alla storia della lingua: che è un modo estremamente efficace sia per far capire meglio le caratteristiche dell’italiano letterario sia per riflettere sulle vicende storiche e culturali del nostro paese. Allo studio della letteratura sarebbe quindi da affiancare qualche nozione di linguistica e storia della lingua, raccordata a temi come il Dante del De vulgari eloquentia, Petrarca e Bembo, l’Accademia della Crusca (ieri e oggi, con il suo sito e la sua presenza anche nei social networks), Manzoni, per arrivare alla “nuova questione della lingua” con Calvino, Pasolini e perché no alla Storia linguistica dell’Italia Unita di Tullio De Mauro. La parte applicativa potrebbe prevedere frequenti esercizi che, partendo dal testo letterario (ma non solo), portino gli alunni a distinguere i caratteri dello stile e ad arricchire il loro lessico anche con i termini impegnativi richiesti da temi e contesti complessi.
Inutile poi sottolineare l’utilità del lavoro su capoversi, punteggiatura e connettivi (logici e testuali) per mettere a punto le competenze argomentative messe in evidenza e richieste, nel loro valore di cittadinanza consapevole, dal nuovo esame di Stato.
Il problema della formazione
Che attualmente il modello di grammatica più familiare agli insegnanti sia quello normativo si spiega con il tipo di formazione data dall’università, che solo in tempi recenti ha avuto una qualche attenzione per la linguistica e la didattica: ma molti insegnanti ancora in servizio non hanno fatto nemmeno un esame di linguistica o di storia della lingua, e non possono quindi muoversi con la necessaria sicurezza né per i contenuti né per i diversi approcci possibili (la scuola richiede sì le certezze della grammatica normativa, ma quella descrittiva apre gli occhi sul mondo reale, e quella generativa o valenziale aiuta a capire meglio i meccanismi del ragionamento).
Sarebbero auspicabili quindi iniziative massicce di formazione e aggiornamento, sul tipo di quelle che hanno accompagnato il nuovo esame di Stato entrato in vigore nel 2019, per offrire agli insegnanti sia conoscenze teoriche che occasioni di confronto e di scambio sul piano delle metodologie e delle risorse didattiche.
Il Quadro Comune Europeo di Riferimento
Infine, come ricorda Giuseppe Patota nel suo contributo che compare su questo stesso numero, molti spunti interessanti ed efficaci possono derivare dalla didattica dell’italiano come lingua non materna: quando si insegna una lingua straniera ci si rifà al Quadro Comune Europeo di Riferimento, che ragiona in termini di competenze e non di contenuti grammaticali; questo approccio è ben noto anche ai ragazzi, che studiano le lingue straniere partendo dalla competenza comunicativa e avvicinandosi alla grammatica solo in modo funzionale a questa.
Ed è proprio partendo dalle competenze che si riesce a far capire il senso di certi contenuti grammaticali: per fare solo un esempio, parlare di sé o descrivere la propria famiglia (il livello di base, A1) è qualcosa che si può fare ricorrendo semplicemente all’indicativo; quando invece si vuole parlare di progetti, aspirazioni e sogni si capisce concretamente la necessità del congiuntivo e del condizionale.
Qualche riferimento essenziale
Qui di seguito alcune indicazioni per approfondire a livello teorico oppure trovare spunti per attività didattiche, senza alcuna pretesa di esaustività.
- Monica Berretta, Linguistica ed educazione linguistica, Einaudi, Torino 1978; è un testo datato ma ancora utile, specie le pp. 3-45 (Linguistica ed educazione linguistica).
- Vittorio Coletti, Grammatica dell’italiano adulto, il Mulino, Bologna 2015: presenta un panorama di come la lingua italiana è cresciuta e cambiata diventando “adulta”, al riparo da rigidità normative e con l’intento piuttosto di far comprendere meglio le regole partendo dalle ragioni che portano alla loro infrazione.
- Adriano Colombo, A me mi. Dubbi, errori, correzioni nell’italiano scritto, Franco Angeli, Milano 2011 (con grande attenzione anche a correzione e valutazione dello scritto).
- Adriano Colombo-Giorgio Graffi, Capire la grammatica. Il contributo della linguistica, Carocci, Roma 2017.
- Adriano Colombo, Superstizioni grammaticali, in Italiano a scuola, 1 (2019), pp. 91-104
- Maria G. Lo Duca, Esperimenti grammaticali, Riflessioni e proposte sull’insegnamento della grammatica dell’italiano, Carocci, Roma 2011.
- Daniela Notarbartolo, Competenze testuali per la scuola, Carocci, Roma 2014 (orientato alla scrittura, spiega come usare la grammatica per migliorarla).
- Massimo Palermo, Linguistica testuale dell’italiano, il Mulino, Bologna 2013.
- Lorenzo Renzi, Come cambia la lingua. L’italiano in movimento, il Mulino, Bologna 2017; illustra le dinamiche in base alle quali la lingua si modifica e spiega il ruolo fondamentale dei parlanti per decretare la sopravvivenza della regola o il suo superamento a opera di una nuova norma fino a poco prima ritenuta un errore
- Francesco Sabatini, Lezione di italiano, Grammatica, storia, buon uso, Mondadori, Milano 2016; forte accento sulla lingua come strumento cognitivo e patrimonio culturale.
- Luca Serianni, L’ora di italiano, Laterza, Roma-Bari 2010; specie il cap. 6 La grammatica, pp. 61-75 e L’arricchimento lessicale, 76-83.
- Luca Serianni, Giuseppe Benedetti, Scritti sui banchi. L’italiano a scuola tra alunni e insegnanti, Carocci, Roma 2009.
- Salvatore Claudio Sgroi, Per una grammatica “laica”. Esercizi di analisi linguistica dalla parte del parlante, Utet Università 2010.
- Dei già citati Adriano Colombo e Daniela Notarbartolo segnalo inoltre i siti web, ricchissimi di materiali e indicazioni bibliografiche.
Due risorse utili e facilmente consultabili online sono:
- il sito dell’Accademia della Crusca, che offre approfondimenti di vario genere su temi linguistici e un servizio di consulenza al quale sottoporre quesiti e nel cui archivio reperire le risposte ai dubbi più ricorrenti.
- la sezione dedicata alla lingua del portale Treccani che raccoglie contributi di carattere linguistico aggiornati e rigorosi, lontani però da uno specialismo eccessivo e utili quindi per chiarire le idee anche a chi non ha esperienza nel settore.
Sull’apporto che la linguistica contemporanea può dare alla didattica delle lingue, antiche e moderne, si è focalizzata la rivista elettronica del Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari dell’Università di Padova “Grammatica e Didattica”, uscita con periodicità non fissa dal 2007 (ultimo numero uscito nel 2013).
Un contributo fondamentale è stato ed è tuttora offerto dalle associazioni che, mettendo insieme l’esperienza di linguisti e insegnanti, favoriscono il confronto e l’approfondimento sui temi della lingua. Ricordiamo in particolare le seguenti, che organizzano convegni e attività di formazione e hanno anche siti attivi e aggiornati:
- ASLI scuola, la sezione scuola dell’Associazione per la Storia della Lingua Italiana: sul portale ASLI scuola si trovano informazioni sulle attività e materiali di vario tipo; dal 2019 l’associazione pubblica inoltre la rivista ad accesso aperto “Italiano a scuola”, che ospita contributi sia scientifici sia più orientati alla didattica.
- GISCEL, di cui fondamentali sono ancora le Dieci tesi per l’educazione linguistica democratica (reperibili in Rete GISCEL).
In Rete sono reperibili anche i numeri della rivista “Italiano&Oltre”, pubblicata dal 1986 al 2004, sulla quale sono comparsi numerosi contributi che offrono tuttora significativi spunti di riflessione e possono essere anche oggi utilmente spesi, con minimi adattamenti, nella didattica.
- LEND (Lingua e Nuova Didattica) è un’associazione che si dedica alla didattica della lingua italiana e delle lingue straniere in un’ottica interculturale.
In Rete è disponibile anche la rivista dell’associazione, accessibile però solo agli iscritti.