Laboratorio di storytelling autobiografico. Secondo incontro

Qual è la tua storia? Raccontamela a voce!

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SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO

Il secondo incontro del laboratorio di storytelling, sempre della durata di 3 ore, è totalmente dedicato alla narrazione orale. La sessione è suddivisa in due momenti, vediamo quali.

di Valeria Bruni e Renato Pegoraro

Il secondo incontro del nostro laboratorio di storytelling autobiografico è interamente dedicato alla narrazione orale e si articola in due momenti:

  • lo storytelling circle;
  • il giornale di bordo.

Il primo momento prevede la narrazione orale di una esperienza personale e l’ascolto delle esperienze degli altri compagni; il secondo consiste nell’attuare una autovalutazione della propria esperienza, dell’apporto dato a quella degli altri e del contributo ricevuto dai compagni.

Lo storytelling circle

Lo storytelling circle consiste nel mettersi seduti in cerchio per raccontarsi.
Questa modalità funziona se vi è la partecipazione attiva di tutti i componenti del gruppo, ma è naturale che all’inizio non sia proprio così e che a prendere la parola siano i ragazzi più spigliati. Sarà l’insegnante ad aver cura di garantire a tutti uno spazio di intervento, magari stimolando gli alunni più timidi e impacciati, ma sempre senza forzare nessuno.
Se è vero che “la parola muove, ma l’esempio trascina”, per aiutare i ragazzi l’insegnante potrebbe rompere il ghiaccio e raccontare per primo qualcosa di sé. Questo aiuta a creare un clima di comunicazione e di relazione, alleggerendo un po’ il ruolo di tutti. Se è l’adulto, per primo, a raccontarsi, agli alunni apparirà plausibile che in quel momento si possa “abitare” qualcosa di diverso dalla solita lezione scolastica: uno spazio più libero, senza valutazione, esente da giudizi e commenti.

Prima di entrare nel vivo delle narrazioni, è bene stabilire con i ragazzi le regole del laboratorio, poche, semplici e soprattutto condivise:

  • ascoltare con attenzione e partecipazione i compagni;
  • non interrompere chi sta parlando, ma attendere che finisca prima di intervenire;
  • non esprimere giudizi su quanto ascoltato, neanche con sguardi e atteggiamenti; il nostro corpo, infatti, senza che ce ne rendiamo conto, trasmette giudizi e messaggi di interesse o disinteresse, che vengono avvertiti chiaramente da chi sta parlando, e che possono creare disagio;
  • raccontare qualcosa che sia realmente accaduto, di cui si è stati protagonisti o testimoni.

Scegliere il tema

L’insegnante, in base alla situazione della classe, sceglie un tema per la narrazione, lo comunica e lo “esplora” insieme ai ragazzi. Per “tema” intendiamo un contesto significativo per un adolescente, capace di suscitare in lui ricordi ed emozioni e di attivare la sua partecipazione. È importante che il docente sia molto attento nel percepire eventuali situazioni di disagio degli alunni legate alla scelta del tema, e che non forzi nessuno a esprimersi.

Il tema può essere semplicemente enunciato, oppure l’insegnante può introdurlo attraverso uno stimolo inerente al tema stesso: la lettura di un testo narrativo o di una poesia, l’ascolto di un brano musicale o di una canzone, un oggetto, la visione di un’immagine, di uno spezzone di un film, di un breve video...
I prodotti multimediali, data la loro versatilità, possono essere molto coinvolgenti ed efficaci nel suscitare ricordi e riflessioni.
Una volta che il tema della narrazione è stato esplicitato, l’insegnante cerca di esplorarlo con i ragazzi in tutte le sue possibili declinazioni, quindi chiede loro di pensare a un episodio o a un momento della loro vita legato alla tematica scelta e lascia alla classe qualche minuto di silenzio. Ciascuno deve avere il tempo di scegliere il ricordo, ricostruirlo e organizzarlo in una narrazione orale. Questo momento non deve essere affrettato perché prevede un impegno significativo, soprattutto da parte di chi ha deciso di raccontare una storia per la prima volta.

Trascorso il tempo stabilito, i ragazzi, a turno, raccontano e i compagni ascoltano, senza fare domande o commenti. Ciascuno decide liberamente quando intervenire: è consigliabile non rispettare l’ordine con cui si è seduti nel cerchio, per non forzare nessuno a parlare, e a chi afferma di non aver nulla di interessante da raccontare sull’argomento si può sempre rispondere di aspettare il prossimo tema.

Alcuni possibili temi

All’inizio è consigliabile scegliere temi semplici e chiedere di raccontare senza dilungarsi troppo. In questo modo anche i più timidi si sentiranno pronti a partecipare a una narrazione di pochi minuti e il clima si farà immediatamente più disteso.
Successivamente, sempre in base alle esigenze della classe, l’insegnante potrà proporre temi più specifici. Naturalmente, non dovremo chiedere ai ragazzi racconti o riflessioni intime, ma solo ricordi di fatti e avvenimenti. Saranno loro, se e quando lo vorranno e se ne meriteremo la fiducia, a portare il proprio racconto verso un piano esistenziale. Non dobbiamo realizzare un’indagine psicologica, ma sviluppare la loro capacità di parlare ed esprimersi, aprendosi con fiducia agli altri. La buona riuscita di questa fase è nelle mani dell’insegnante e della sua sensibilità.
Si può partire chiedendo ai ragazzi di completare una frase “Ricordo quella volta che…” oppure “Che rabbia quella volta che…” con un episodio che loro ricordano in modo particolare e che suscita un sentimento preciso; oppure di raccontare un incontro interessante, un episodio avventuroso, un’esperienza in cui hanno avuto paura, un momento di felicità.
L’esercizio può essere riproposto più volte cambiando il tema, in base alla partecipazione dei ragazzi e alla loro motivazione, ma anche al tempo che si ha a disposizione. Via via, si possono proporre temi sempre più specifici come:
Ricordo quella volta che…

  • mi sono sentito messo da parte
  • ho provato un sentimento di gelosia
  • mi sono sentito speciale
  • mi sono vergognato del mio comportamento
  • ho capito di aver sbagliato
  • ho preso in giro qualcuno

I temi possono riguardare diversi ambiti: famiglia, casa, gioco, sport, amici, avventure, animali, viaggi, scuola, vacanze, letture…

La narrazione

La narrazione deve essere in prima persona: questo consente una maggiore partecipazione degli ascoltatori che sentono l’autenticità del racconto e vivono l’esperienza come reale. Solitamente, passato il primo momento di imbarazzo, i ragazzi si abbandonano al desiderio di raccontare, trasformandosi in tanti piccoli storyteller.
Se la classe è composta da ragazzi molto timidi, possiamo proporre una narrazione a coppie che aiuta a far sì che tutti partecipino. I ragazzi si dispongono a coppie e ciascuno, a turno, racconta al compagno l’episodio relativo al tema proposto, poi ci si mette nuovamente in cerchio e ciascuno racconta la storia del compagno, in prima persona, come se fosse la sua. Questo “scambio di storie” consente ai ragazzi più timidi di avere il giusto distacco dalla propria vicenda, di vincere la vergogna di parlare di sé e di ascoltare la propria storia dall’esterno. Inoltre, rafforza la relazione con il compagno a cui si affida, con molta fiducia, una parte di sé stessi.

Il giornale di bordo

Terminata l’esperienza dello storytelling circle, si propone ai ragazzi la costruzione di un giornale di bordo collettivo, una sorta di memoria del gruppo, in cui ognuno, in una pagina, non di più, descrive e valuta la propria esperienza. Possiamo fornire ai ragazzi uno schema-guida come quello in allegato, modificandolo eventualmente in base alle esigenze della classe. (Scheda 1)
La finalità di questa proposta è quella di spingere i ragazzi a riflettere “a caldo” sul percorso svolto, facendoglielo ricostruire attraverso l’autovalutazione di alcuni aspetti: la gestione delle proprie emozioni, l’apporto che hanno dato al gruppo e il gruppo ha dato loro, le proprie abilità narrative e di ascolto, i punti di forza e le criticità dell’esperienza.

Il ruolo dell’insegnante

Questo incontro, incentrato sulla narrazione orale, si basa essenzialmente sul linguaggio verbale: esso è lo strumento che il ragazzo utilizza per comunicare i suoi pensieri e i suoi ricordi, trasformandoli in un processo narrativo e sociale.
Il linguaggio non verbale, tuttavia, accompagna e puntualizza il discorso, attraverso la postura, la mimica facciale, i gesti e può fornire al docente molte informazioni importanti.
Sapendo che al racconto autobiografico in sé stesso, sia orale sia scritto, non è opportuno dare voti o giudizi, l’insegnante può analizzare e valutare qualitativamente il percorso svolto, al fine di orientare il ragazzo a riconoscere le sue potenzialità e imparare ad autovalutarsi.
Con la collaborazione dei ragazzi, possiamo decidere di effettuare una registrazione video o audio dell’incontro. La registrazione può essere vista una prima volta solo dall’insegnante, al fine di raccogliere informazioni sui comportamenti dei ragazzi e compilare una griglia di osservazione delle competenze chiave (Scheda 2) messe in atto in quel determinato contesto; successivamente la registrazione potrà essere rivista anche con gli alunni per discuterne con loro. Durante la discussione, è importante usare un linguaggio il più possibile descrittivo dei loro comportamenti, senza dare giudizi o valutazioni sulle persone e focalizzando l’attenzione sui comportamenti positivi manifestatisi durante l’incontro.

 

Valeria Bruni: insegnante di Lettere nella scuola secondaria di primo grado, è autrice di testi scolastici e conduce laboratori creativi nelle scuole.

Renato Pegoraro: illustratore, è autore di testi scolastici e collabora con Valeria Bruni nei laboratori creativi.