Pandemia e sindemia: serve un cambiamento di prospettiva

Un cambiamento quanto mai necessario

SCIENZE

Insegnare significa non solo costruire negli studenti le conoscenze disciplinari opportune, ma sempre più risulta importante preparare le nuove generazioni a ragionare in maniera sistemica, in un’ottica di complessità e di globalità. La situazione di emergenza sanitaria che stiamo vivendo sta mettendo in evidenza la molteplicità di fattori che, direttamente o indirettamente, sono coinvolti nell'insorgere e nel gestire tale emergenza. Per questo motivo insegnare, e applicare, il concetto di sindemia risulta un cambiamento di passo fondamentale per un futuro più sostenibile.

di Matilde Mundula

Homo sapiens e le questioni complesse

È noto come la difficoltà di vedere questioni problematiche di ogni sorta, da quelle del singolo fino a quelle globali, nella loro complessità produca effetti che mettono a rischio non solo la sopravvivenza delle persone, ma addirittura della vita sulla Terra come l’abbiamo conosciuta finora.

Sono ormai decenni che ci si confronta con tale ostacolo cognitivo, ma la nostra specie tarda a trasferire fondamenti concettuali ormai stabili – l’idea formale di sviluppo sostenibile, pur con diverse sfumature, esiste da più di 30 anni e quella di sistema ancora prima – in operazioni concrete almeno a livello planetario, tali da mitigare le conseguenze di certe scelte.

Lo stesso, continuo utilizzo dell’espressione “Il mondo che ci circonda”, anziché “Il mondo di cui facciamo parte”, svela la difficoltà di affrontare in modo sistemico le controversie in cui Homo si trova a giocare; ugualmente si può dire del persistente confondere il termine “complicato” con la parola “complesso”, l’una che indica le poche relazioni fra numerosi elementi, l’altra che indica molte relazioni tra numerosi elementi. Tali abitudini nell’esprimersi sono la spia della difficoltà con cui viene operato un approccio connettivo ai problemi, e questa inadeguatezza si sta rilevando anche nel caso della Covid 2019 (Coronavirus Disease 2019).

Esplorando le cause di malattia secondo un approccio che superi la dimensione ospedaliera in tempi di pandemia – un’epidemia che si diffonde con rapidità, attraverso estesi territori o continenti – abbiamo capito che la necessità di contrastare la stessa globalmente va soddisfatta subito, pena non solo la perdita di moltissime vite umane, ma dell’equilibrio sociale di intere comunità, con impatti che, reversibilmente, vanno poi a interessare la salute delle comunità stesse. Questa prima consapevolezza – il legame tra salute degli individui e salute della società – può aiutarci a capire il nuovo concetto di sindemia, una recente prospettiva di approccio alla salute; essa va oltre il legame lineare agente patogeno e stato di malattia, secondo cui a scatenare una patologia infettiva è il solo contatto, da parte di un individuo suscettibile con il microrganismo, favorito da compresenza di altre patologie (comorbidità).

Proposto già negli anni Novanta dall’antropologo medico Merrill Singer, il concetto di sindemia è stato fatto emergere a livello mondiale quando, all’inizio del 2017, The Lancet, importante rivista scientifica inglese di ambito medico, ha inaugurato una nuova delle sue series, dedicandola a esso.

Esplorare il concetto di sindemia

Ciò che distingue un approccio sindemico da un approccio lineare è il prendere in considerazione la compresenza di due o più stati di malattia, cercando di capire perché si presentano insieme, per valutarne le interazioni e riconoscere quanto queste possano determinare una conseguente curvatura negativa nel decorso di entrambi; l’approccio sindemico si occupa inoltre di capire come il raggruppamento di queste malattie non solo incida sul singolo paziente, ma sulle popolazioni, e di quanto certe condizioni di disuguaglianza sociale e di ingiustizia contribuiscano a favorire l’esposizione al rischio, rendendo le persone più suscettibili alla malattia e indebolendo la reazione fisiologica di difesa.

Singer e colleghi, mentre stavano studiando possibili azioni di prevenzione verso la diffusione dell’HIV nei tossicodipendenti, avevano rilevato come il rischio stesso di ammalarsi, così come il presentarsi e il successivo rafforzarsi della malattia in certe popolazioni di pazienti, risentiva di condizioni sociali deprivate, della disapprovazione collettiva nei confronti di questi individui, della mancanza di adatte strutture e servizi sanitari di sostegno ai malati.

Il riscontro del fatto che questi fattori non erano isolati, bensì collegati e rafforzantisi a vicenda, ha fatto emergere una prospettiva importante per la medicina clinica e ha stabilito presupposti cruciali per i necessari e conseguenti interventi di salute pubblica, nonché di welfare.

Sono state intanto descritte sindemie come la sindemia da HIV-malnutrizione-insicurezza alimentare nell'Africa sub-sahariana, o altre sindemie che riguardano malattie non trasmissibili (cioè non infettive) come la VIDDA (violenza, immigrazione, depressione, diabete di tipo 2 e abuso), quest’ultima rilevata per esempio nelle donne che sono emigrate negli Stati Uniti dal Messico, ma che può interessare altre popolazioni migranti in tutto il mondo. Questi dati, accanto ad altri, sottolineano come il contesto di vita possa determinare il presentarsi, il decorso e l’esito di uno stato patologico.

The Global Syndemic

Nel 2019, The Lancet ha pubblicato un report in cui si evidenzia come obesità, denutrizione (un apporto insufficiente di energia e sostanze nutritive per soddisfare esigenze adeguate a mantenere una buona salute) e altre anomalie dietetiche siano la principale causa della cattiva salute a livello planetario.

Accanto a esse, lavora il cambiamento climatico, considerato una pandemia a causa degli impatti sostanziali che produce sulla salute degli ecosistemi, di cui Homo fa parte (non ne è “circondato”) e può esserne ugualmente colpito. Queste tre pandemie – obesità, denutrizione e cambiamento climatico – sono indicate con l’etichetta anglosassone The Global Syndemic e possono interessare la gran parte degli abitanti del Pianeta, a ogni latitudine.

La Covid 2019

Per quanto riguarda il diffondersi della Covid 2019, da tutti definita “pandemia”, il discorso non cambia: possiamo affermare di essere di fronte a una sindemia. Lo dimostra il fatto che i pazienti colpiti da questa malattia, quando presentano decorso difficile, se non fatale, spesso presentano già una serie di patologie croniche non trasmissibili e appartengono, in un numero significativo di casi, a determinati gruppi e settori della società.

Negli Stati Uniti, le donne e i gruppi razziali ed etnici emarginati stanno sopportando il peso maggiore della pandemia attuale, poiché sono spesso esclusi dall’assistenza sanitaria e dalla protezione sociale e tendono a svolgere un lavoro precario; gli stessi gruppi sociali, a causa della crisi economica che si delinea, rischiano di veder peggiorate le loro condizioni economiche e di essere spinti ancora di più nella povertà, quindi di trovarsi in condizioni ancora più difficili, fino a soffrire la fame ed essere privi di alloggio, dunque con più probabilità di contrarre il virus e più probabilità di morire per esso. Si calcola, per esempio, che a causa di questa pandemia, circa 22 milioni di persone in Africa sub-sahariana e 16 milioni nel Sud dell’Asia siano già state spinte verso la povertà e che circa mezzo miliardo di persone potranno esserlo nel mondo a fine crisi.

Accanto a questi dati, vi sono quelli riferiti alle possibili cause del manifestarsi del nuovo virus SARS-CoV-2, profondamente correlato alla distruzione degli ecosistemi e all'aumento del consumo di carne della fauna selvatica.

Entrambe le prospettive congiurano per determinare la situazione attuale, che sta generando gravissimi oneri sociali ed economici, per limitare i quali non è evidentemente sufficiente un approccio ristretto ai problemi di gestione ospedaliera, ma un framework che veda coinvolte anche discipline non mediche.

Peraltro, la stessa definizione di salute lo richiederebbe: “La salute” – secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – “è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di infermità”.

L’approccio One Health e il Green Deal: prospettive istituzionali verso un nuovo approccio a problemi complessi
Possiamo fare questa riflessione:

• se l’approccio One Health proposto nel 2017 dall’OMS si proietta già in una dimensione di interazione disciplinare mirata ad affrontare la sicurezza alimentare, il controllo delle zoonosi (malattie che possono diffondersi tra animali ed esseri umani) e la lotta alla resistenza agli antibiotici;
• se il Green Deal dell’Europa ha come obiettivi la prima legge sul clima per un’Unione Europea climaticamente neutra, nonché la strategia Farm to Fork per la realizzazione di sistemi alimentari sostenibili e la biodiversità ecc., dunque è strutturato intorno a un’idea di collaborazione fra diversi campi di ricerca;

allora le indagini nel campo della salute non possono tardare a rivoluzionare allo stesso modo il proprio approccio a problemi complessi.

Referenze iconografiche: Fotomay / Shutterstock, nicostock. Shutterstock, Liya Graphics. Shutterstock

 

Matilde Mundula, laureata nel 1982 in Scienze Naturali presso l’Università di Torino, è insegnante a tempo indeterminato nella scuola Secondaria di secondo grado. Nel 2016 è divenuta dottore di ricerca presso Scuola di Dottorato in Scienze Umane e Sociali (indirizzo Scienze dell’Educazione) dell’Università di Torino, con una tesi sull’Educazione allo Sviluppo Sostenibile. Ha frequentato il Corso di Perfezionamento “Qualità della Scuola e della Formazione” presso l’Università di Padova, da anni è membro attivo della comunità educativa locale.

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