Una cultura inclusiva, patrimonio della progettazione di ogni scuola, suggerisce un approccio educativo all’area dello svantaggio non clinico e indica strategie e metodologie di intervento personalizzate. La scuola che intende valorizzare i talenti dei ragazzi deve tenere conto nella valutazione non solo dei risultati raggiunti, ma considera come significativi i processi di costruzione e realizzazione degli apprendimenti.
Questo riveste una particolare importanza se riferito a ragazzi con bisogno educativo speciale (ovvero i DSA clinicamente certificati e i BES): essi in ragione delle loro specifiche difficoltà in merito alle strategie di lettura, alla comprensione, ai processi inferenziali hanno esiti d’apprendimento che richiedono per essere apprezzati modalità strategiche di raccolta (verifica) e di valutazione personalizzate.
Le prove d’esame: un appuntamento difficile per tutti
Gli esami, per tutti i ragazzi, sono un vero e proprio rito di passaggio, un territorio di complessità relazionale (sono di fronte a più insegnanti, che in alcuni casi non conoscono) con livelli di coinvolgimento emotivo e d’ansia prestazionale raramente affrontati. Sono un appuntamento istituzionale e formale di valutazione della corrispondenza con le attese previste dal sistema d’istruzione, caricato di aspettative personali ed ambientali inevitabili.
Districarsi nelle prove d’esame scritte e nel colloquio orale, secondo le dimensioni del saper fare (abilità) e del saper essere (competenza), è per tutti gli allievi una delle esperienze sociali più importanti ed impegnative. Basti pensare che anche solo il setting, la scena di svolgimento delle prove, ha caratteristiche mai affrontate prima e quindi esposte a forte problematicità personale.
Nel caso del Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA) la non adeguata lettura decifratoria, insieme ai relativi processi di automatizzazione compromessi (lentezza ed accuratezza), rischiano di condizionare, se non adeguatamente integrati e compensati, la valutazione positiva del percorso scolastico (della fine sia del primo sia del secondo ciclo d’istruzione).
Personalizzare i percorsi d’apprendimento, incontrando la diversa espressività con cui ogni alunno con svantaggio elabora le informazioni, come nel caso di una difficoltà settoriale e specifica di una abilità scolastica (DSA), significa per la scuola realizzare condizioni didattiche e strategiche per cui ciascuno vede apprezzate e riconosciute le potenzialità, le abilità in vista dell’esercizio di competenza.
Dalla normativa emerge chiaramente la necessità di una progettazione inclusiva degli interventi scolastici, compresi gli impegni di fine ciclo di studi come gli esami.
L’importanza del PDP
Nel fornire indicazioni operative in materia di modalità di svolgimento e di valutazione delle prove di esame, la norma fa riferimento ai candidati disabili certificati (legge 104/1992) e con DSA certificati (legge 170/2010), per i quali «possono essere utilizzati specifici strumenti compensativi (…) o attivate misure dispensative qualora già previsti».
Per gli alunni invece con BES che non rientrano nelle tutele di legge «non sono previste misure dispensative (…) né strumenti compensativi».
Proprio per questa ragione riveste una particolare importanza e richiede la necessaria cura la progettazione dei Piani Didattici Personalizzati (PDP): questa deve far corrispondere alle difficoltà specifiche dell’alunno obiettivi formativi personalizzati e percorsi flessibili (ritmi d’apprendimento), sostenuti anche con supporti strumentali compensativi efficaci, dispensando da modalità di raccolta e verifica degli apprendimenti direttamente condizionati dal disturbo.
È il consiglio di classe che fornisce alla commissione d’esame opportune considerazioni pedagogico-didattiche e note formative utili e precise per consentire agli studenti con bisogno speciale di affrontare serenamente l’impegno dell’esame finale, secondo le situazioni soggettive di ciascuno.
Per questi alunni la commissione d'esame, considerati gli elementi forniti dal consiglio di classe, deve tenere in considerazione le specifiche situazioni soggettive adeguatamente certificate e, in particolare, le modalità didattiche e le forme di valutazione già in uso nel corso d’anno scolastico, nell'ambito dei percorsi didattici individualizzati e personalizzati, ritenuti funzionali allo svolgimento dell'esame, senza che venga pregiudicata la validità delle prove.
La prima prova scritta
Nello svolgimento della prova scritta d’italiano, i candidati con DSA possono utilizzare tempi più lunghi di quelli ordinari per la produzione e utilizzare gli strumenti compensativi previsti dal piano didattico personalizzato, a patto che siano già stati impiegati per le verifiche in corso d'anno.
Nella valutazione delle prove scritte le sottocommissioni d’esame adottano criteri valutativi, coerenti con le competenze acquisite dallo studente con DSA sulla scorta del PDP. Va ricordato come in ogni caso, l'utilizzo di strumenti compensativi non pregiudica la validità delle prove scritte. L’accuratezza della lettura nel Disturbo Specifico dell’Apprendimento migliora progressivamente e tende a raggiungere prestazioni nella norma, mentre la velocità della stessa, nonostante tenda a crescere anche nel DSA, rimane distante da quella di un buon lettore.
La lettura e la scrittura sono attività molto faticose perché non vengono automatizzate. Gli insegnanti devono tenere presente come le difficoltà di lettura condizionano le fasi di monitoraggio e revisione necessarie nella costruzione del testo scritto di lingua italiana.
La lettura stentata e lenta, con presenza eventuale di errori, la carenza del magazzino lessicale, le difficoltà nella memoria di lavoro e le conseguenti ricadute nella comprensione/ricordo del testo letto, può assorbire moltissime energie nell’allievo, disturbando i processi della realizzazione.
Se l’abilità di scrittura nel percorso formativo-scolastico può rivelare una possibile e sensibile riduzione del numero di errori, anche grazie a una maggiore capacità di autocorrezione, in situazione di carico cognitivo ed emotivo, in attività compositive importanti, come per esempio in situazioni d’esame, gli errori e le imprecisioni possono ripresentarsi.
L’uso del dizionario digitale diminuisce il carico di fatica rispetto all’uso del vocabolario cartaceo, lasciando agli studenti margini di energia per una razionalità ideativa più pronta.
La commissione può adottare criteri e griglie valutative curvate soprattutto sul contenuto piuttosto che sulla forma discorsiva realizzata nella produzione.
La griglia personalizzata di correzione della prova scritta di lingua italiana (predisposta in sede d’esame conclusivo, sia di primo che secondo ciclo) deve apprezzare in particolare gli elementi della ideazione e pianificazione del contenuto, del rispetto dei vincoli della consegna, insieme (per l’esame di Stato) all’espressione di giudizi critici personali e all’ampiezza e puntualità delle conoscenze e dei riferimenti culturali.
Il peso delle componenti linguistico-ortografiche e sintattiche della produzione scritta, nella valutazione globale, deve essere coerente con il quadro diagnostico e con le difficoltà registrate solitamente nel percorso scolastico dell’alunno.
In maniera molto più stringente, in caso di disturbo disgrafico e disortografico è da dispensare la valutazione della correttezza della scrittura (errori ortografici).
Il colloquio orale
Riguardo alla prova orale d’esame di fine ciclo d’istruzione di secondo grado, tenendo presente le «situazioni soggettive, le modalità didattiche e le forme di valutazione individuate» (comma 10, OM n. 205/2019) nel PDP, l’alunno deve essere messo nelle condizioni di mostrare autenticamente la maturità personale (anche interessi personali) insieme alla modalità e alla padronanza dei contenuti (formali e informali) che lo hanno impegnato ed appassionato.
La capacità di argomentare, di risolvere problemi, di riflettere criticamente (con la possibilità di mostrare in maniera competente i legami tra le discipline) e una buona capacità espressiva e narrativa, richiedono un profilo e un’organizzazione d’impegno in cui il colloquio, sia nella sua dimensione multidisciplinare che pluridisciplinare (primo e secondo ciclo d’istruzione), si realizzi secondo un modello di costruzione autentica.
Nello scorso anno, nell’esame di stato, l’OM n. 205/2019 aveva previsto inizialmente che il colloquio prendesse l’avvio con le “buste”. La nota ministeriale del 6 maggio 2019, introducendo una «specificazione che allinea gli studenti con DSA agli studenti disabili», non aveva più applicato questa procedura. Per DSA certificati e disabili certificati, almeno nelle procedure dell’esame di Stato dello scorso anno scolastico, non è stato più previsto il sorteggio delle buste, demandando alla commissione la «predisposizione di materiali coerenti con il PDP» da cui prendere l’avvio per il colloquio. Inoltre, la vicenda delle “buste” dalle prime comunicazioni del nuovo responsabile del dicastero del Miur sembrerebbe non essere più riproposta nel prossimo impegno orale dell’esame di stato (a.s. 2019/2020).
Il lavoro disciplinare, la trama didattica e laboratoriale della scuola, della classe d’appartenenza, dovrebbero avere allenato inclusivamente e impegnato tutti i ragazzi, con sensibilità istituzionale specifica per gli studenti con Disturbo Specifico e con Bisogno Educativo Speciale, in occasioni d’apprendimento reali in cui le conoscenze e le suggestioni delle materie siano state esercitate in compiti complessi, reali, autentici, dove solo può esprimersi la padronanza di qualcosa. Ancora una volta, deve essere lo scenario descritto nel PDP a guidare la commissione nella organizzazione del momento importante e delicato d’esame, apprezzando il profilo del percorso scolastico realizzato, le esperienze di cittadinanza attiva, gli interessi speciali riguardo alcuni ambiti delle conoscenze disciplinari affrontati con i compagni, nel più vasto ambito della progettazione di classe e d’istituto.
Quanto detto conferma due responsabilità pedagogiche essenziali della scuola italiana, da un lato che la “differenza” attivata in relazione a una condizione di svantaggio non diventi mai una differenziazione connotata negativamente; dall’altro la necessità da parte dei docenti di realizzare un piano metodologico-didattico e strumentale di risorse (PDP) capace di valorizzare e considerare le differenze personali di accesso alle conoscenze e alla realizzazione autentica degli apprendimenti.
Non c'è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali tra disuguali
(Don Milani)